Il soffio leggero e tiepido increspò leggermente il liquido ambrato che fumava dentro la tazza di finissima porcellana bianca impreziosita da piccole roselline dorate. L’odore di gelsomino e fiori d’arancio strappò un sorriso a Katrinalea Goska, seduta tranquillamente a gambe incrociate su un’ampia poltrona foderata di damascato rosso intenso, anch’essa caratterizzata da un motivo di grandi rose intrecciate.
– Ah, immaginavo che ti sarebbe piaciuto, cara! È una miscela raffinatissima, sai? Me la faccio mandare direttamente da Gelbha! Certo, saranno pure la gente più frivola di tutta Whanel, ma di tè se ne intendono, eccome!
La voce di Estrella Longini, che in quell’occasione era almeno una quinta più alta del solito, esplose in una risatina vezzosa e allegra sotto la maschera fatta di fettine sottili di cetriolo e un impasto cremoso e denso di chissà quali piante benefiche.
– Ehhh, ma anche tu te ne intendi! E comunque te l’avrò detto un milione di volte, hai una pelle così giovane e vellutata che quella roba che ti sei messa in faccia non ti serve di certo!
Estrella si schernì, ridacchiando. – Ohhh, ma che adulatrice! Ma vedi, cara, sotto la maschera fa un tale caldo, e la pelle non respira! Se voglio mantenerla fresca e giovane, bisogna che in privato mi prenda un po’ cura di lei! Giusto, cara?
Katrinalea annuì con convizione. – Giusto, giusto! In effetti, anche io ogni tanto bisogna la nutra un po’… sai, la polvere delle baruffe con i non morti, il vento in faccia mentre cavalchi… son tutte cose che a lungo andare te la screpolano…
Estrella si leccò le labbra dopo l’ultimo sorso di tè. – A proposito di tempo libero, cara… che ne dici di iniziare?
Katrinalea annuì, svuotando la tazza velocemente. – Sì, sì, dai, ne ho proprio voglia! Allora, tu chi hai portato, stavolta?
Estrella contò sulle dita, riflettendo. – Uhm… dunque, ho con me Anarkand… Guastardo…
– Ah, benissimo, sono perfetti…
– …e Syrus.
Katrinalea alzò un sopracciglio, perplessa. – Syrus? No, dai Estrella, lo sai che quello non sta un attimo fermo!
La ragazza fece spallucce, come a scusarsi. – Mi dispiace cara ma, sai, gli altri si sono dati tutti per malati e non avevo tempo di minacciarli di morte…
Con un leggero sospiro, Katrinalea sorrise. – E vabbeh, dai, non fa nulla… dopotutto, anche io ho portato Georghjie, Bran e… Alexander!
Estrella sbottò a ridere di gusto, tenendosi la pancia. – Ma no, Katrinalea! Lo sai che poi lui è contento! Avevamo detto di non portarlo mai! E va bene, sì, vediamo che cosa scappa fuori! Però con lui i punti valgono metà, va bene?
– E con Syrus valgono doppio!
– Ci sto!
Katrinalea rimase comodamente seduta mentre Estrella suonava un campanello tuonando con voce imperiosa “TUTTI FUORI, ADESSO!” e estraeva da un cassetto una scatola dorata con dipinta sopra una rosa bianca con sei lunghe spine. Dalla porta fecero un dignitoso ingresso i tre sathoriani e i tre alemariti di cui le due donne avevano parlato poc’anzi e tutti si stavano reggendo il bordo dei pantaloni. Estrella continuò con la sua ridda di comandi con un ruggito degno del suo grado di colonnello.
– TUTTI AL MURO!
I sei, contriti, si schierarono con il viso rivolto ad una parete sgombra, a qualche passo da essa, girati di spalle rispetto alle due donne. – ASSUMETE LA POSIZIONE!
Lentamente, poi, guardandosi l’un l’altro con puro cordoglio, lasciarono andare i pantaloni, che si accasciarono a terra con un leggero fruscio. Poi chinarono la schiena lasciando scivolare le mani lungo le cosce e lì rimasero, mordendosi le labbra, in silenzio, leggermente tremanti.
– E PIANTATELA DI TREMARE! CHE POI CI TOCCA BESTEMMIARE PER IL PUNTEGGIO!
Poi, con voce scandalosamente dolce rispetto al tono usato fino a un secondo prima, Estrella passò con estrema cortesia la scatola aperta a Katrinalea. – Oggi quali preferisci, cara, le rosse o le bianche?
– Mmmmhh… prenderò le rosse, grazie! Cominci tu?
– Ohhh, che gentile, ma certo cara! Grazie! Si fa un girone alla Barbara? O si comincia con un Tre Samurai Zoppi?
– Vada per il primo!
– E alloraaaaahh… pronti con il primo fulmine!
La freccetta di Estrella partì rapidissima dalla sua mano delicata e si conficcò in meno di un istante sulle ampie chiappe – non era un colpo troppo difficile, insomma – peluriose di Bran, il quale cacciò un gridolino che nulla aveva a che vedere con la sua stazza di grande guerriero. Immediatamente dopo fu la volta di Guastardo, che si sentì penetrare una coscia dal bolide di Katrinalea e non poté trattenere un guaito.
– Noooo… la gamba buona…
– Hai sentito, cara? Gamba buona! Doppi punti! Bel colpo!
Poi Estrella respirò profondamente, mirando con attenzione… e PEM! Il magro sederino di Alexander venne trafitto dalla punta metallica. Il paladino, però, si limitò a stringere i denti aspirando aria e gonfiando il petto.
– Sì, me lo meritavo… E’ giusto così…
Estrella e Katrinalea sbuffarono all’unisono. – AAAAAAHHHH, uffa, cara… te lo dicevo che lui non dà soddisfazione…
– Hai proprio ragione… non lo porterò mai più…
Syrus approfittò dell’occasione per sghignazzare fra sé e sé, deridendo la brutta figura di Alexander.
– TU STA’ ZITTO! – Il dardo di Katrinalea colpì precisamente lo snodo della ipsilon del deretano di Syrus che si lasciò sfuggire un gemito che non era proprio di dolore. Estrella si imbufalì.
– Ma guarda se questo deve sempre rovinare tutto… NON SEI QUI PER DIVERTIRTI, CAPITO?
Poi rivolse uno sguardo affettuoso a Katrinalea, quasi accarezzandola con lo sguardo.
– Siamo noi che dobbiamo divertirci, giusto Kati?
Probabilmente il nomigliolo amorevole uscito dalle labbra di Estrella fu troppo per Kohorta Baba, che si svegliò ululando e fece appena in tempo a rotolare giù dal letto e vomitare dentro gli stivali di Ullian, l’unica cosa che assomigliava a un contenitore che si era ritrovata sottomano. Velik Baba si svegliò, mettendosi a sedere sul letto, e alzò un sopracciglio, stupefatto.
– Non hai digerito bene, mia cara?
– MIA CARA STO PAR DI £$%&$ NON T’AZZARDARE MAI PIU’ A CHIAMARMI CARA O KATI O TI FACCIO INGOIARE TUTTO QUEL CETRIOLO MARCIO CHE TI RITROVI IN FACCIA!!!!! TE E I TUOI CULETTI SATHORIANI!!!!!
Ullian pensò bene di non fare altre domande.