Attorno al fuoco, separati da tutti gli altri, un po’ isolati quasi, c’erano sempre loro sette.
Erano le punte di diamante del manipolo gardanita, lo guidavano con un carisma mai visto tra quei monti e quelle vallate, specie il figlio del vecchio Logan il Rosso, Erik si chiamava. Era un uomo ben visto e ben voluto da tutti coloro che aveva attorno. Qualcuno diceva che, nonostante non avesse la mole enorme del padre o la sua forza bruta senza eguali, presto lo avrebbe superato per fama e imprese, impossessandosi lui stesso del titolo di Rosso, come a voler mostrare al genitore che ora era lui l’astro più brillante del Clan MacDussel. Un ragazzo che, nonostante la corporatura nella media per un gardanita, e quindi di molto superiore a quella degli altri uomini del Sud, si distingueva per coraggio, carisma, spirito di sacrificio e forza d’animo. Oltre che in perizia d’arme, ovviamente.
Eppure quella sera era lì, innanzi al fuoco, non festeggiando assieme a tutti gli altri, ma per rotolarsi a terra con un altro U-Halwyrer…Alan.
Era un po’ che tra i due pareva non correre buon sangue. Come se qualcosa si fosse incrinato nel loro rapporto, almeno questo era quello che dicevano alcuni militi che più di altri si erano trovati a contatto con entrambi. Più volte, nella tenda del comando, si erano presi a male parole per scelte tattiche da prendere.
Erik voleva sempre utilizzare la strada più breve, più decisa, più rapida. Alan era un cacciatore, amava seguire il nemico per giorni, settimane se serviva e colpirlo nel momento opportuno, quando poteva annientarlo. Spesso erano gli altri a porsi tra i due. David era un buon amico di entrambi. Era stato giovane e impetuoso come loro. Poi l’età e la presa di coscienza di ciò che stava accadendo anche grazie alle loro azioni, lo aveva portato a cambiare. L’ira che sempre lo pervadeva aveva lasciato il posto ad una calma quasi impassibile. La sua testa calda si era raffreddata e riempita di umorismo, forse grazie ai lunghi anni passati con la sorella…o forse grazie a Lorna, una brava ragazza di polso fermo che gli aveva fatto mettere la testa a posto.
Quando accadeva che “i suoi ragazzi” come li chiamava lui, si attaccavano per le più disparate ragioni, spesso per la tattica da usare in battaglia, li prendeva in disparte e spiegava i motivi di una mossa piuttosto che di un’altra. Evidenziava i pregi nel piano dell’altro e i difetti in quelli del suo interlocutore. Magari riusciva a trovare una via di mezzo e mediare la faccenda.
Certo, stavolta proprio non ne aveva voglia.
Era stanco e forse anche un po’ alticcio. Maledetto Floki… Era un asso nel riempire a tradimento calici e boccali. Era chiara la sua origine di oste.
Avevano seguito i carri pesantemente scortati dei rifornimenti diretti, attraverso il Passo di Palaniemi, nei pressi del villaggio natale di Yara, Kaloon, e da lì, passando per sentieri impervi e inadatti persino ad essere percorsi a dorso d’asino, avevano superato la colonna con i vessilli orridi dell’aquila quadricefala.
Appena giunti in prossimità di una strettoia, fecero franare un intero costone di roccia preparato in giorni e giorni di lavoro dai robusti barbari loro alleati e stormarono giù verso i carri.
Il risultato?
Un battaglione di feccia alla fame e una moltitudine di rivoltosi che stavano tracannando birra e vino in quantità, ingozzandosi di leccornie, rispetto a ciò che erano soliti trovare frugando tra neve e sterpaglie e festeggiando per un’ulteriore vittoria.
Ma non davanti al fuoco degli U-Halwyrer.
Il figlio di Logan ed Alan Marlour si stavano azzuffando a terra come due bambini alla fine di un gioco terminato male.
“Ammettilo che abbiamo aspettato un giorno di troppo! Dovevamo farlo prima!!”
Disse il Rosso mentre cercava di girare attorno al collo dell’avversario le sue braccia gonfie di muscoli tesi allo spasmo.
“Certo… coff… e gli facevamo franare addosso ch… coff… cosa? Il tuo ego? Coff…”
Erik stava per avere la meglio, ma Alan era di certo uno degli uomini più scaltri nel raggio di svariate decine di miglia e aveva sempre a portata di mano un trucco, una scappatoia, un piano di riserva.
Lesto si frugò in una delle sue tasche, estrasse un pizzico di quella che sembrava essere una polvere verdognola e la lanciò verso il volto dell’altro.
In meno che non si dica, questi allentò la morsa, iniziò a tossire e quasi finì carponi.
“CHE CAZZO È!? SPUT!!! L’HAI PRESA SPUT!! DA QUEL TROLL DELLE COFF NEVI LA SETTIMANA SCORSA?”
“Già” Disse massaggiandosi la gola il suo amico-nemico “Unghie e peli di troll delle nevi e una generosa aggiunta di pepe forte. Che te ne pare?” disse mentre sferrava un possente calcio in pieno costato all’altro.
“BASTARDO! COFF”
Un altro calcio. Un altro ancora. Adesso Erik iniziava a sputare sangue assieme a resti della cena. Ophelia ebbe un sussulto quando vide il terreno sporcarsi di rosso e provò a lanciare uno sguardo a suo fratello. Questi stava quasi appisolato, appoggiato a Floki in posizione anch’egli non perfettamente ortogonale al terreno. Forse Yara avrebbe potuto dire la sua, con le sue battute glaciali, spesso riusciva a spegnere ogni situazione sul nascere, ma…no, perché lei stava ridendo, divertita dalla scena o forse passata anche lei sotto le grinfie dell’oste del gruppo… Altro che cerusico!! Incosciente!! Lo sguardo si posò su Nathan, che sul primo momento fece finta di nulla.
Intanto un altro calcio venne vibrato.
“DILLO MAC DUSSEL CHE AVEVO RAGIONE IO!!!”
“SPUT!!! CERTO AVEVI RAGIONE TU QUANDO HAI DETTO CHE COFF SEI UNA FEMMINUCCIA PAUROSA E PRONTA A CONOSCERE L’AMORE DI UN VERO UOMO!!! COFF COFF!!! TU BRUTTO….”
Un ulteriore calcio gli soffocò le altre parole che voleva dirgli. Un altro sguardo di Ophelia a Nathan.
Incrocio di sguardi…comunicazione non verbale…
“Vai e dividili!”
“Ma sei scema?”
“Fallo! Qua non c’è nessun altro in grado!”
“MA SEI SCEMA?”
“MUOVITI! MALEDETTO ORECCHIE A PUNTA!!!”
“Uff”
L’uomo col sangue da elfo si alzò contro voglia, molto lentamente, sperando che nel frattempo la zuffa finisse. Sentì il freddo sul collo. Sicuramente Ophelia stava continuando a guardarlo.
“Ragazzi, basta su…. Smettetela…” Dimenando leggermente le braccia, a mò di maestro di scuola.
Primo tentativo poco convinto. Altro freddo alla nuca.
“RAGAZZI BASTA!!! SIETE DEI BAMBINI!!!”
Secondo tentativo. Già meglio ma manca l’azione fisica. Freddo diffuso sulle spalle.
“ALLORA SONO COSTRETTO A PORTARVI A PIÚ MITI CONSIGLI!!”
Con un salto aggraziato si lanciò da una panca e colpì sul fianco Alan. Rotolarono per alcuni metri e si fermarono sui sassi che delimitavano il grande fuoco da campo. Purtroppo in questa zuffa, tutto il contenuto della tasca di Alan venne riversato addosso a tutti e tre. Per due giorni e due notti, Alan, Erik e Nathan non poterono che nutrirsi di acqua e quel poco di pane che riuscivano a trattenere dai conati di vomito.
David, prima di congedarsi per una ronda andò a far loro visita. Li osservò dall’ingresso della tenda da campo, tutti e tre in fila, sulle brande.
Rimase in silenzio per un po’, con lo sguardo quasi divertito.
“Parla David. Sentiamo cos’hai da dire” Tuonò Erik.
“Proprio un bel piano, si. Complimentoni!”
Mentre scappava a gambe levate, gli arrivarono a poche spanne, nell’ordine, due asce, uno spadone, uno spadone da donna, una faretra di frecce avvelenate, un vaso da notte pieno, due corsetti da donne in carne reperiti chissà dove, quattro candelabri singoli e un palo di sostegno della tenda stessa, che collassò all’istante.
“Un altro bel piano… Non c’è che dire!” Disse montando a cavallo e partendo per la sua missione.