Fantasmagoria

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I giorni trascorrevano stancamente.
La coppia abbastanza improbabile formata da Dame Isabeau Blanchfort e l’Hidalgo Iker Jorge de Savas, unici reduci della battaglia rimasti in loco, ormai combatteva contro la noia, dopo l’iniziale esaltazione ed eccitazione dell’esplorazione dell’isola, non avendo altro da studiare o da affrontare.
Sicuramente gli uomini della Nassa, aspettando l’assalto come alcune carte avevano provato, non avevano lasciato nulla di importante che avrebbero potuto trasportare via. Quindi il tempo veniva passato con lunghe passeggiate e tentativi di distillare qualcosa di decente da parte dell’uomo e ripetute pulizie delle proprie armi a polvo nigra da parte della donna.
Ogni tanto, l’Hidalgo si rintanava in qualche angolo e metteva mano a carta e inchiostro, scribacchiava qualcosa e poi rapido accartocciava il foglio e lo gettava nel fuoco.
La donna, incuriosita da tali gesti, si avvicino alla postazione quando l’uomo di mezza età si allontanò per una delle sue camminate e, frugando tra le ceneri, trovò una delle ultime scritte che recitava più o meno così:

Caro Ivan,
se ti dicessi da dove ti sto scrivendo, penso cadresti dalla sedia.
Mi sono unito all’impresa de Los Hermanos e sono arrivato nel forte principale della Nassa presso Fantasmagoria.
Già…. Che cosa folle, eh?
Ho partecipato in prima persona all’assedio per la sua conquista e alla difesa dello stesso il dì seguente.
Ho visto il Murena tentare un empio rito terminato male. E spero sinceramente di aver fatto la mia per far sì che andasse male.
Ho visto un essere con sangue draconico scagliarsi contro di noi e ho pure schivato uno dei suoi colpi micidiali.
Ho visto l’Arconte Makarov in preda a non so quale orrido maleficio, scagliarsi contro Don Esteban. O almeno lo avrebbe fatto, se noi tutti non fossimo intervenuti.
Vedessi lo scempio che quell’uomo ha compiuto da solo… Secondo me

Beh, lo stile non era un granchè, alcune parti erano leggibili a malapena sia a causa della pessima grafia dell’uomo, sia per colpa dei residui dell’attività del fuoco. Quando sentì i passi di ritorno, lesta rimise il foglio dove lo aveva trovato, ricoprendolo con la cenere e scrollandosi le mani giusto un istante prima che rientrasse.

“Dame Isabeau, ben trovata. Avete già terminato la pulizia giornaliera delle vostre armi?”
“Giornaliera? Mattutina, ormai. Due volte al giorno per far passare il tempo. Sono convinta che alla fine la le canne saranno così consumate che dovrò aumentare il calibro delle palle di piombo…”
“Beh, guardate il lato positivo: farete più male ai vostri nemici…”
“Mah… Ne perderei in precisione. Mi madre lo diceva sempre: “Mon chéri, per le armi a polvo nigra è molto meglio un ago che punge, piuttosto che uno spiedo che fa solo paura!” se ci pensate bene non aveva tutti i torti…”
“Senza dubbio una donna molto determinata.”
“Anche troppo, Hidalgo Iker. Fu lei che tanto insistette per farmi sposare. Che errore clamoroso!
Un perdigiorno incapace e alcolizzato. Tuttora, a distanza di anni, se ci penso… Alejandro si chiamava. Ed era pure Hidalgo della vostra terra…”
“Oddio… Vostra… Non sono proprio originario di Erigas io. A dire il vero, se avessi cercato attinenza col mio passato, sarei potuto essere anche io Hidalgo Alejandro… Il mio vero nome è Aleksandr Von Khratos…”
“Ah… E perché avete cambiato nome? E come siete diventato nobile, addirittura?”
“La storia è molto lunga. Ma il tempo libero non ci manca, quindi potrei anche raccontarvi di quella volta che mio padre…”
“Hidalgo Iker” Una mano pesante che bussava alla porta li interruppe “non vorrei distogliervi dalle vostre incombenze, ma avevate detto che avreste gradito essere informato qualora il meccanismo col timone fosse stato attivato e quindi…”
“Si, arriviamo subito” disse scambiando uno sguardo di complicità verso Dame Isabeau e porgendo la mano in modo insistente per poi quasi strattonarla fuori dalla stanza
“Ma verament…”
L’uomo fece strada, aprì la porta alla donna e si ritrovarono in quello stesso giardino in cui troneggiava solitario un albero che nei giorni dell’assalto offrì la poca ombra disponibile in tutto il maniero.
La aiutò a discendere rapidamente la via che portava al bastione contenente il timone. Non capiva come si potesse andare in giro in posti da scoprire ed esplorare con quel genere di calzature valdemarite, con quei tacchi!
Comunque, arrivarono alla parte della cinta muraria in cui era fissato lo strano marchingegno.
Lì Don Miguel mirava e squadrava il manufatto ancora una volta.

“Mai mirato una cosa così…”
“Ma veramente Don Miguel, qualche sera fa, quando siete venuto, lo avete visto, studiato ed eravate arrivato alla conclusione che…”
“Silencio Iker! Fammi finire! Non ho mai visto una cosa così da sobrio…”
“Pardòn, Don Miguel, io non credo che voi al momento…” provò la ragazza valdemarita, ma si bloccò subito. Non era in confidenza con Don Miguel. O almeno non come pareva esserlo Iker, che quindi lasciò parlare.
“La bottiglia mezza vuota che impugnate direbbe il contrario sulla vostra sobrietà…”
“…”
“…”
“…”
Scambio di sguardi, dall’imbarazzato della donna, all’interrogativo dell’uomo di mezza età, all’etilico del Nautarca.
“Se giro todo a dritta?”
Rapido il Nautarca afferrò la ruota con la mano manca, mentre con la dritta continuava a bere dalla bottiglia, e la ruotò rapido in senso orario.
Un terremoto sembrò abbattersi sull’isola e le nubi si spostarono con velocità insolita.
In breve compresero.
Le nuvole in cielo, con totale assenza del più misero filo di brezza marina, erano rimaste stazionarie. Era stato tutto il resto a muoversi.
“MACHECCAZ…..” Iniziò Hidalgo Iker, poi bloccandosi per la presenza della giovane valdemarita.
“MIERDA!!!”disse Dame Isabeau con la bocca spalancata.
Iker la guardò stranito, sicuramente era l’ultima cosa che avrebbe pensato poter uscire da quella bocca.
“Como volevasi dimostrar… Soy bravo a guidare todo, navi, carri, islas…. TODO!”
“Don Miguel, siete veramente il miglior uomo di mare che conosca!”
“Vorresti conoscerme in modo mejor?” disse il Nautarca con il suo tipico movimento di avvicinamento alle rappresentanti del gentil sesso.
“Ma magari non togliete le mani della ruota, cazzo, volete che ci andiamo a schiantare?”
“Iker sei geloso? E modera il linguaggio… Non mi pare el caso de scaldarsi…. Non tu, almeno…” disse continuando a guardare Dame Isabeau.
“STIAMO NAVIGANDO CON UN’ISOLA!!”
“Y alora? Pensi che potremo farci male se andiamo addosso a qualcosa?”
“Don Miguel, magari l’Hidalgo Iker vuole dire che ci sono diverse navi ancorate nelle vicinanze e magari qualcuna di queste sta anche calando in mare delle scialuppe dirette qua. Potremmo causare danni…”
“Vedi Iker? Questa bellissima dama ha ragione. Ha posto un interrogativo muy importante.
Stiamo colpendo e trascinando alcune navi con esta isla. La risposta, ovviamente, è SÌ. Infatti, smetterò subito di usare esto coso.”
Dicendo questo, si chinò sulla parte bassa del meccanismo e lo spense.
“Iker, vai ad avvisare tutti che hai acceso il macchinario muy perigloso e constata i danni che hai fatto.”
“IO?!?”
“Si, tu. Tu mio fidato Intrepido. Vai. Y lasciame da solo con la dama pistolera.”
Rapido Iker si volto verso la valdemarita e la salutò con un secco “Mi spiace per voi Dame Isabeau”.
E prese la strada del porto principale.
Una volta arrivato riuscì a vedere che nonostante la manovra repentina e la distanza percorsa che credeva essere almeno di un paio di miglia, nessuna barca si trovava impigliata in alcun punto dell’insenatura.
Allora decise di fare il giro e portarsi sul porto secondario ove aveva attraccato ed era sbarcato il grosso della spedizione di conquista, quella guidata da Don Esteban.
Nulla nemmeno lì.
Solo alcune navi erano visibili in lontananza apparentemente a debita distanza.
“Non posso crederci. O ha avvisato tutti di stare lontani ed ha comunque eseguito alla cieca una manovra perfetta, oppure è un pazzoide ubriacone fortunato come nessun altr… Dame Isabeau!”
Svelto tornò indietro alla ruota, dove trovò un biglietto.
“Caro Iker.
Ecco porque tu sei un povero Pioniere mentre yo soy el Nautarca.
Saludos”
Iker strinse il biglietto tra le mani….
“…Пойдите в задницу…”

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