L’alba era appena spuntata in mezzo alla foschia autunnale e tutta la brughiera intorno a Port Anchor era immersa in una sorta di fumo lattiginoso dalle sfumature rosa pallido. L’aria era fredda, ma non era sgradevole. Eliot si fermò per respirarne a pieni polmoni e poi riprese il cammino lungo un sentiero tortuoso che aveva imparato a conoscere. Nel cestino che portava con sé ondeggiavano alcuni piccoli funghi dal corpo giallastro e dalla testa grigia che esalavano un odore allettante anche da crudi.
Il matrimonio si avvicina… bisogna proprio li rimpinzi come oche valdemarite, pensava mentre spostava frasche col bastone, diretta verso una macchia di castagni su una collinetta poco distante. Le pietre del bracciale tintinnavano debolmente, offrendole uno spunto per canticchiare fra sé.
– Ma che accidenti hai da canticchiare, eh? Ti pare sia il caso di canticchiare? EH? NELLE TUE CONDIZIONI?
– Papa Barnim! – Eliot alzò la testa: un omone grande e grosso dalla folta barba rossiccia la guardava agitato e sconsolato da un piccolo ammasso roccioso poco più avanti. I suoi tratti somatici dichiaravano a gran voce una fiera discendenza khartasiana, fatta eccezione per il colore della pelle.
– Com’è che ti vedo in pieno giorno? Sono sicura di essere sveglia, stavolta… eh, devo proprio essere a un passo dalla tomba! – commentò allegramente la giovane donna, continuando a camminare e ad aguzzare la vista per scovare qualche prelibatezza sotto i cespi d’erica.
– Figlia degenere, ma che dici? Non ti riconosco più! – l’imponente capo del villaggio affiancò Eliot e le dette un sonoro scrollone.
– Eh lo so, lo so papa… sono decisamente ingrassata! Però a Caponord si mangia così bene che-
– MA COSA STAI FARNETICANDO? Ma guardati! La tua anima si sta frantumando e tu cosa fai? FISCHIETTI! CERCHI FUNGHI!
Eliot fece per rispondere, ma qualcun altro lo fece al posto suo.
– Scusate buon uomo, ma che accidenti dovrebbe fare? – lo apostrofò Iker, che camminava sull’altro lato del sentiero a braccia conserte. Ah! Mi sembrava strano che ci fosse solo lui! pensò Eliot, soffocando una risatina.
– E tu chi saresti? Ma soprattutto, perché gironzoli intorno a mia figlia? Vecchio decrepito, non ti azzardare a provarci con lei!
– Mais enfin! Tecnicamente non è affatto tua figlia… – sghignazzò una vecchia signora da dietro l’omone.
– Ma tu non eri morta, Monna Celina? Ecco, torna nella tomba nera e fonda! Questa degenerata mi deve delle spiegazioni! Guardate cosa è diventata!
– Sì, capisco – annuì gravemente Iker – ha messo su un po’ di polpa, ma non capisco perché farglielo pesare così tanto…
– È una cosa così maleducata da dire! – stronfiò Valérie a cavallo di un grosso masso.
– Del resto essere un po’ in sovrappeso non pregiudica la qualità di… – iniziò Hari sbucando fuori da un castagno secolare.
– E ALLORAAAAA CO’ STO SOVRAPPESO! CHECCAZZOMENEFREGA! Anzi, meglio per lei! Vuol dire che almeno ha da mangiare! Bene, BRAVA!
– Grazie papa, ma non è che tutta questa ciccia sia comoda da portare addoss-
– SILENZIO! Anzi no, parla: per secoli e secoli la nostra comunità a malapena sapeva della loro esistenza e TU, tu metti piede fuori dalle Lande Selvagge e TAC! Pesti i piedi agli imperatori!
– A uno degli Imperatori! – precisò Valérie.
– È comunque tutto un equivoco: avrebbero decisamente dovuto premiarci, altroché! – puntualizzò Hari.
– Non vedo perché darle pure della sdatta maldestra oltre che della cicciona… sei un po’ offensivo, chiunque tu sia… – rincarò Iker.
– Non parlo con te, fradicio depravato!
– El fradicio depravato tienes rasòn, señor! Se qualcuno può dire cose orribili, quello soy io! – dichiarò Diego con orgoglio.
– Ora, ora… non darti così tanta importanza… – Zoya agganciò soavemente le spalle di Diego con le mani grondanti sangue – non vorrei che dimenticaste che se la sua anima viene strappata a pezzettini è anche per amor mio…
– TU? TUUU! – inspiegabilmente l’omone diventò circa due spanne più alto di un attimo prima – Chi accidenti sei TU, brutto fenicottero spettinato? E che cos’è quell’accrocco che hai in testa?
– E perché dovrei perder tempo a spiegarti alcunché? – La Zarina si sistemò elegantemente l’impalcatura che troneggiava sulla sua testa, macchiandola tutta di sangue. Barnim stava ormai diventando di tutti i colori.
– È stata coraggiosa… ma Caliban è molto offeso e non può certo lasciar perdere! – mormorò Jagosh da sopra un albero rinsecchito.
– Nemmeno noi, se è per questo… – sibilò fra i denti Lucien scuotendo il tronco – e te non t’azzardare a scendere da quassù o ti meno finché non ti viene la frangia!
– Non ti azzardare a farti venire la frangia! – lo minacciò Valérie dall’altra parte dell’albero.
– Cos’è questa storia, insomma? – tuonò l’omone.
– È complicato, papa… tutto è cominciato quando ho mentito alla Zarina, e adesso…
– Lo vedete? Lo VEDI che ho ragione io? Sei cambiata! Prima di venire qui non avresti MAI mentito!
– Non mi ha mentito – Zoya alzò un ditino – ha omesso una cosa importante.
– Pffff, lo abbiamo fatto tutti… – Hari alzò gli occhi al cielo, piccato.
– E questo in che modo renderebbe tutto meno grave, Tizio-Col-Codino-Sfranto?
– Vieillard têtu! Hai idea di quante cose la piccina non ti abbia detto… cose mie, soprattutto… – sogghignò Monna Celina.
– Vecchia contorta e maliziosa, sei crepata troppo tardi allora! Hai degenerato la mia figlia preferita!
– Non sono mai stata la tua figlia preferita. – protestò Eliot – Mi hai dato un nome da maschio.
– Uh – ecco… Questo non c’entra niente.
– Uhhhhh, questa faceva male, eh? – lo derise Isabeau.
– Qui ci sarebbe da scavare, eh… – Valérie lo fissò stringendo gli occhi.
– Señor, ma allora ditelo che siete un professionista! – applaudì Diego.
– SILENZIO VOIALTRI, VI DISOSSO! E tu, magari non avrai detto bugie al fenicottero vestito a lutto, ma hai mentito spudoratamente in faccia a quell’altro tizio!
– A chi?
– A coso, lì, quell’individuo di pessimo gusto che ha mollato da sola la moglie morente dopo il parto! – Barnim si voltò nell’udire lo sputo unisono di alcuni dei presenti schiantarsi in un cespuglio d’erica, seguito da un fischiettio disinvolto.
– Ah, quello! Eh, povera Dinasta, che rabbia che si sia voluta accoppiare con un burino del genere… Comunque sì, è stato divertente. – Eliot tranquillamente si chinò a raccogliere un prataiolo di dimensioni epiche.
– Diver-COSA?
– Mentire a uno di cui non ti frega niente, dico. Non ti lascia addosso nessun senso di colpa. Ovviamente non ci avrà creduto, ma tanto, peggio di così… Più che strapparmi l’anima che devono fare? – Il prataiolo aveva decisamente un buon odore.
– Volk’ar, dammi la forza di piantarle un’ascia in testa e porre fine così alle sue sofferenze di MALATA DI MENTE! – l’omone alzò le braccia al cielo, esasperato.
– Ehi ehi, giù le mani da questa femmina! – Isabeau piantò la canna della pistola sulla fronte di Barnim.
– E visto che le sue fanno cilecca, ci aggiungo questa… – commentò Raul tenendo di mira l’omone da una ragionevole distanza.
– ALLORAAA… – Barnim si sentì battere sulla spalla da Aleksej e dal suo cigarillo – se torci un capello a questa inutile idiota prima che lo faccia io, ti annodo al tronco di quella ficaia!
– Ma non era una quercia?
– Venti giri di brughiera, Valérie!
– È un castagno… – tossì Eliot.
– È un CAZZOMENEFREGABRANCODIIDIOTI – tagliò corto Aleksej.
– Per Krasni Volk, siete davvero un branco di idioti… ma lo capite che ha fatto infuriare un dio? – Barnim pugnalò con lo sguardo tutti i presenti.
– Eeeeeh, e che sarà mai… sono gli dei ad avere un brutto carattere… – Leon sbadigliò facendosi vento con la lancia.
– Ripeto: avrebbero dovuto premiarci – si ostinò Hari.
– Gli rode il culo a quello, dammi retta vegliardo – rincarò Leon.
– Però alla fine quelle quattro se la sono cercata… – mugugnò Yagosh.
– Quale pugno preferisci? – Lucien sfoderò sette paia di braccia. Jean Claude accorse portandogliene altre dieci.
– Ma non lo capite? Davvero? SIETE IDIOTI FINO A QUESTO PUNTO? – Barnim non era più in sé dalla disperazione e digrignò i denti fino a farli stridere. – Lo capite… lo capite che… loro… lei… lei cesserà di esistere?
Le parole di Barnim ebbero il potere di zittire tutto l’affollamento che si era creato in quel piccolo tratto di terra che non era né brughiera né foresta. Per qualche lunghissimo istante tutto rimase immobile, congelato in un attimo eterno, doloroso e disorientante come una coltellata all’improvviso.
Poi, Eliot si sciolse in un sorriso.
– Non ha importanza, papa.
Barnim sgranò gli occhi, incapace di comprendere le parole della figliastra, che proseguì con tono dolce. – Guardami adesso. Guardati attorno… cosa vedi?
– Vedo idiot- voglio dire… persone… che non conosco.
– E quante ne vedi?
– Una… due… cinque… dieci… tante.
– E cosa ne deduci?
Barnim si morse le labbra. Un ragazzino ossuto e sproporzionato gli mise una mano sulla spalla. – Dai capo, dai che ci arrivi… – Ma l’omone si ostinava a tacere e a gonfiare le vene del collo.
Eliot regalò al ragazzino un sorriso denso di nostalgia e poi continuò a raccogliere funghi; il cestino era quasi pieno, così diresse i suoi passi verso una grossa conformazione rocciosa spazzata da una brezza sottile. Su di essa, sedute fra una miriade di foglie variopinte e attorniate da una brezza luminosa, Artemisia, Vivi e Malenki la invitavano a sedersi con loro, risplendendo come bellissime dee.
– Papa, davvero. Io sono felice. Qualunque cosa ne pensino gli Imperatori, non possono vincere contro questo. Non importa quanto mi torturino, quanto giochino con i miei pensieri e quanto violentino i miei ricordi. Non importerebbe se provassero a cancellarli, se mi costringessero ad essere ciò che non sono, se ogni memoria di me venisse dissolta. Io sono qui, adesso, e con me ci sono tutte queste splendide persone. Nemmeno un dio può far niente contro questo semplicissimo fatto. Nemmeno facendo finta che non sia mai accaduto o alterando il tessuto stesso della realtà. Non si può.
L’omone si fermò quando vide Eliot arrampicarsi in mezzo alle tre compagne e venir inglobata in un caldo abbraccio. Ricordò la sua mancanza di reale coinvolgimento nelle faccende del villaggio, quell’atteggiamento sobrio che lui aveva scambiato per pacata riservatezza e che invece altro non era che il rifiuto di farsi coinvolgere in qualcosa che avrebbe potuto ferirla.
E invece adesso…
– Vorrei davvero salvarle, papa, l’ho fatto per loro oltre che per l’onore della Zarina buonanima… ma quel giorno hanno fatto la loro scelta. Le capisco, le rispetto. E tutti gli altri… – una piccola folla si era radunata attorno alla roccia.
– Una nobile guerriera non lascerebbe MAI le sue amiche a cavarsela da sole! – Valerié si erse contro il sole.
– Esiste sicuramente un modo per farmi diventare le mani molto, molto grandi – dichiarò Jean Claude.
– Babbo Lucien ha sempre un asso nella manica… – sogghignò il guerriero da sotto l’elmo.
– Le mie donne preferite in balia di un fato assurdo? Oh, ma figuriamoci, ho almeno una ventina di piani alternativi pronti qua! – Hari picchiò forte sulla testa di Léon.
– E pensa che ridere se fossero i seguaci di Thalnuth a offrire una soluzione! – scherzò quest’ultimo.
– Ma magari quegli inutili bauli di bava ci tirassero fuori dai loro casini! – Eliot alzò le braccia al cielo. Tutti iniziarono a vociare e a dire la loro contemporaneamente, Isabeau, Raul e gli altri pistoleri iniziarono a lucidare i loro ferri, mentre Scarlet distribuiva cote per affilare le armi a destra e a manca. Fu la voce di Barnim a far scemare l’entusiasmo.
– E se… – chiese l’omone con la gola secca – E se si trovasse il modo per salvarne solo una?
– Eh beh, che scarogna.
– E se questo qualcuno fossi tu?
– Nel senso che non sarebbe un modo trasferibile a nessuna delle mie amiche?
– Precisamente…
Eliot ci pensò un attimo, poi scosse la testa. – Papa, come ti ho detto, io sto benissimo. In teoria non avrei bisogno di nient’altro. E visto che mi sono impegnata per conto della Zarina, un patto è un patto e io non ho intenzione di sfuggire al mio destino. Non temo la morte e non temo nemmeno l’oblio eterno.
Barnim chinò il capo, sconfitto. – Però, – proseguì la giovane donna – è anche vero che questa sentenza è iniqua e inutilmente crudele. Che l’imperatore ci tiene nascosta la verità. Che vivendo posso contribuire al ristabilirsi dell’equilibrio nel mondo. Che se gli dei infrangono le loro stesse regole, non sono degni di rispetto. Che chi manipola i destini degli uomini come fossero pupazzetti di paglia merita una severa punizione. Che le mie amiche non meritano la morte e a conti fatti… beh, nemmeno io. Quindi non mi salverò a scapito anche solo di una di loro, non le lascerò sole davanti all’abisso e farò di tutto perché almeno loro si salvino. Non me ne andrò senza lottare e non tradirò ciò in cui credo.
La foschia lattiginosa si stava dissolvendo e Barnim sollevò la testa per guardare la figlia. – E la rabbia? E il rancore? E le maledizioni che dovresti scagliargli addosso ogni istante per tutto ciò che vi stanno facendo passare?
Eliot pose la mano aperta alla bocca dello stomaco. – Sono sempre qui, mica se ne sono andate. Ma va bene anche questo, no? La vendetta ha senso solo se costruisce qualcosa, non se fa il vuoto intorno a sé. Non lo dicevi sempre, papa? “Non turbare l’equilibrio, altrimenti Krasni Volk verrà a rimettere le cose a posto.”
– “E sarà un bel casino per tutti…” – concluse Barnim mestamente.
– Esatto! – annuì Eliot, ridendo. – E poi sai qual è la cosa più importante, papa? È che non affronterò tutto questo da sola. Sarò a fianco dei miei amici. Sarò lì per loro, perché loro sono qui per me. Non potrei volere niente di meglio. – Allargò le braccia, ridendo di cuore: era il ritratto della serenità.
– Davvero, papa, io ho già vinto.
Un tiepido sole aveva spazzato via la foschia del mattino e i colori dell’autunno sfavillavano in tutta la loro magnificenza intorno alla piccola folla immaginaria radunata in quell’angolo di universo. Barnim si sciolse in un sorriso malinconico.
– Quindi ti ho lasciato in buone mani?
– Tante mani. Le migliori che esistano, papa.
– Bene.
L’omone passò in rassegna tutti i presenti, compresi quelli che rimanevano un po’ defilati dietro le sagome degli alberi; poi mise una mano sulla spalla di Monna Celina, che sorrise annuendo.
– Andiamo allora.
I due svanirono, approfittando di un raggio di sole. Lungo il sentiero rimase solo una figura di adolescente sottile e sgraziato.
– Te ne vai anche tu? – chiese Eliot a voce bassa. Lui sorrise.
– Sai dove trovarmi quando ti mancherò.
– Sempre.
Eliot chinò la testa per qualche istante; poi lo guardò dritto negli occhi scuri e disse, in un soffio: – Addio, Hernando.
– Arrivederci, Eliot.
Il ragazzino le rivolse un ultimo sorriso, sventolando le sue mani troppo lunghe. Poi si dissolse in un vortice di foglie dorate.
Eliot chiuse gli occhi, stringendo a sé il cestino pieno di funghi profumati. Quando li avrebbe riaperti probabilmente non avrebbe più visto nessuno intorno a lei. Eppure, il suo cuore non era mai stato così affollato. Respirò profondamente l’aria del mattino e sorrise.
Non si era mai sentita meglio di così.