OGNI RIFERIMENTO A PERSONE ESISTENTI O A FATTI REALMENTE ACCADUTI NON È ASSOLUTAMENTE CASUALE XD!
Non era una scena che qualcuno dei presenti si sarebbe aspettato di vedere: la carrozza si fermò innanzi al maestoso palazzo di Le Sommet e quando da essa scese Morgan, la piccola folla che gli si era radunata attorno scoppiò in entusiaste grida ed acclamazioni. L’esaltazione però si spense all’improvviso quando l’uomo tese la mano alla sua accompagnatrice per aiutarla a scendere: un silenzio di tomba accompagnò i primi passi di Cécile all’esterno della carrozza.
Subito dopo i primi istanti di quel silenzioso stupore, prese piede uno strisciante mormorio di disappunto che in poco tempo si trasformò in grida di sdegno.
Trasportato dall’irruenza della folla, un bambino si fece innanzi tirando un torsolo di mela addosso alla vecchia Grand Master: la colpì in un occhio (era una bersaglio troppo facile da mancare) e subito il padre del ragazzo lo guardò con approvazione per poi svettare tra la gente che lo circondava prendendo parola: “Perché hai riportato qua quella sudicia donna? Per metterla alla gogna e darle la fine che si merita pubblicamente?”
A queste parole, la folla lanciò grida di consenso, immaginando già con euforia la preparazione del patibolo ed i festeggiamenti che lo avrebbero seguito.
“Silenzio!” gridò Morgan sovrastando il clamore della gente, che dopo poco si acquietò.
Il ragazzo salì sul sedile del cocchiere in modo che tutti i presenti potessero vederlo: “I nobili ci hanno oppresso, insultato, sacrificato e reso schiavi… Lo sappiamo… Ma sappiamo anche di essere meglio di loro: non abbiamo preso il potere per diventare ciò che abbiamo criticato per tutta la nostra vita! Lo abbiamo fatto perché il Direttorio guidi la nuova Valdemar verso valori più elevati: l’uguaglianza e non la discriminazione, la solidarietà e non l’odio, la libertà, per tutti, senza schiavitù.
La vittoria di Belleville è solo la prima di molte ed il cammino che ci attende è lungo e pieno di ostacoli: dobbiamo scegliere fin da oggi di elevarci rispetto a coloro che ci hanno preceduto!
Quest’oggi non ci sarà nessuna esecuzione, quest’oggi daremo inizio ad una nuova epoca di Valdemar: l’epoca della Repubblica!”
Morgan pareva soddisfatto della reazione della folla, che cominciava a rispondere con un titubante assenso alle sue parole; quando però scese dal pulpito improvvisato, gli si avvicinò un fidato compagno e gli parlò sotto voce: “Ottimo discorso ma devo ragguagliarti su ciò che è accaduto nelle altre Signorie: senza l’intervento di persone come te, non è andata altrettanto bene…”
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Doveva terminarla: la tela che aveva innanzi ormai raffigurava splendidamente le emozioni della giovane aristocratica, ma ancora mancava qualcosa.
Era dentro ad una stanza con pesanti porte sprangate che qualcuno stava prendendo a spallate dall’esterno per irrompere nel nascondiglio della nobildonna: non sarebbe passato molto tempo prima che ci fossero riusciti.
La donna guardò la propria opera cercando di concentrarsi. Prese la spatola di metallo ma invece di accarezzare un qualche colore della tavolozza, se la conficcò a forza in un polso. Tutto si tinse di rosso e la vista cominciò ad annebbiarsi; giusto il tempo di sfumare il suo capolavoro con quella tonalità vermiglia: adesso era davvero perfetto.
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La lettera che Nestor aveva scritto presso Belleville era arrivata a destinazione. Il valletto si trovava innanzi a lui e con voce ferma stava facendo un elenco dei beni che era riuscito a portargli: “Non è stato facile signore, ma sono riuscito a portarvi tutte le cose della lista”.
Nestor lo guardò pensieroso: “Non avevo nessun dubbio su di voi Homme Damien… Quando le acque si saranno calmate, andremo a prendere il resto”.
Damien cominciò a sudare, la piuma d’oca gli scivolò tra le mani umide, costringendolo ad incontrare lo sguardo del suo interlocutore: “Si… Beh… il resto… quindi non avete sentito le ultime notizie da Fourmiliére?”
Nestor aggrottò la fronte mentre il ragazzo cominciò a spiegare a cosa si stesse riferendo: “I nobili hanno perso il senno, piuttosto che accettare che i rivoluzionari prendessero il potere, hanno deciso di attivare le Éternelle Nuit. Sono stati così in tanti a farlo che le esplosioni hanno provocato il crollo delle gallerie”
“Le mie miniere?”
“Non esistono più le sue miniere Signore… non esiste più NULLA…” Mai Damien avrebbe scordato quell’attimo in cui la terra tremò inghiottendo la città sotterranea… e poi il silenzio.
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Indossava un abito candido e pieno di merletti, l’abito di cui si era innamorata perdutamente quando sua madre l’aveva portata a scegliere il vestito con cui si sarebbe sposata.
Aveva incontrato solo due volte il suo futuro sposo, ma le era piaciuto (beh, anche il suo patrimonio non era male) e non vedeva l’ora di diventare una moglie, una donna, una madre… si era immaginata quel giorno centinaia di volte: avrebbe suonato il violino per il suo futuro marito e lui si sarebbe innamorato perdutamente.
Quel violino… adesso lo stringeva forte e suonava la sua canzone d’amore mentre le lacrime le rigavano il volto.
Dopo che l’ultima nota ebbe risuonato in tutta la stanza, ripose lo strumento nella sua custodia, lo guardò un’ultima volta prima di affacciarsi alla finestra. Si sporse sempre di più: il vestito sarebbe rimasto candido ancora per poco…
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Marcelle La Fosse guardò intensamente i membri della sua servitù, ancora fedeli all’uomo che aveva sempre dimostrato loro rispetto: “Signori, vi ho allenato duramente per queste evenienze e purtroppo, è arrivato il momento di mettere in pratica ciò che vi ho insegnato!”
Mettendo da parte padelle e spolverini, la servitù impugnò armi degne di questo nome preparandosi all’imminente attacco: subito dopo la porta si spalancò, vomitando una piccola folla inferocita di persone.
Marcel usò la sua prima arma: l’arroganza.
“Siete in molti, magari ce la farete ad amazzarmi, ma sono altrettanto sicuro che almeno 6 di voi mi seguiranno sottoterra: volete davvero tentare la fortuna?”
Effettivamente le parole suscitarono l’effetto desiderato, facendo scappare alcuni dei più codardi; gli altri invece si scagliarono contro i propri avversari.
Nonostante la superiorità numerica degli insorti, Marcelle ed i servitori misero a frutto i lunghi allenamenti riuscendo ad avere la meglio.
Mentre si riprendevano dalla fatica, un altro servitore raggiunse i propri compagni trafelato: “Signore, la situazione sta degenerando… i nostri vicini hanno ceduto: chi è stato fortunato è scappato, gli altri sono stati uccisi e addirittura ci sono stati degli stupri… non hanno mostrato pietà neanche per donne e bambini…”
A malincuore Marcelle rispose: “Non possiamo fare più nulla. Dividiamoci e tentiamo di trovare la salvezza altrove… Oggi è un triste giorno per Valdemar”
La vicenda di “Marcelle e l’esercito della servitù” rimbalzò di bocca in bocca fino a attraversare il confine ed arrivare alle orecchie di Artemise…
“E questo è tutto Madame Artemise… noi Invisibili abbiamo difeso l’accademia finché abbiamo potuto ma non c’è stato modo di impedirne la caduta: ormai dobbiamo farci più scaltri poiché chiunque sospetti il nostro ruolo è pronto a linciarci…”
La donna non aveva molto da rispondere a quello che le era stato riferito, soltanto una cosa poteva essere aggiunta: “Merde”.
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Il nobile aveva un calice in mano che smuoveva lentamente facendo ondeggiare il vermiglio contenuto mentre osservava il viale al di fuori dalla finestra.
I rumori provenienti dall’esterno facevano presagire che qualcuno avrebbe perso qualche dente durante la notte… se non di peggio…
Con la mente ripercorse alcune scene che aveva vissuto all’interno di quella sala: incontri d’affari, appuntamenti passionali… Ed ora? Come era potuto finire così, solo con un bicchiere di vino?…
L’uomo scrollò la testa e, come riuscendo a scacciare questi brutti pensieri, urlò: “Al diavolo! La conquisterò un’altra sera! Adesso vi offro un giro!” E si scolò l’intero bicchiere mentre i compagni di locanda vociarono incitandolo.
La rissa che era nata al di fuori della taverna, si spostò all’interno nel momento in cui un tizio rubicondo fu scaraventato attraverso la porta sputando sangue. Anche chi non lo conosceva trovò interessante la possibilità di tirare qualche sberla, decidendo di aggiungersi alla rissa ed aumentando ancora il caos che regnava nella locanda.
C’erano solo due persone più tranquille, defilate in un tavolo d’angolo. Quella che portava un cappello con la tesa ed una grossa piuma in vista, aveva l’aria erigassiana e disse “Ahi! Caramba! Vedo che anche qua la rivoluciòn ha fatto danno!”.
L’interlocutore, un ricciolino dalle vesti trasandate, lo guardò stupito facendo spallucce: “Rivoluzione? Veramente Monsieur, qua a Villeneuve è sempre così! Anzi, adesso che la consegna del sacco di fieno è andata a buon fine, ci meritiamo di goderci la serata!”. Scolò il boccale in un sol sorso e, saltando sul tavolo, si unì alla rissa che stava animando la serata!