Xiomara, dal ponte della Valerosa, guardava verso l’isola da cui si allontanavano a tutta velocità, approfittando dell’immobilità dell’Armada distratta dallo scontro sull’isola.
“Via verso la ventura, ni raiz y ni frontera…” sussurrò all’aria salmastra, affrontando il maestrale che pochi giorni prima l’aveva tanto indebolita. Avrebbe dato chissà cosa per poter sentire solo il dolore fisico.
Una lacrima le si asciugò sulla guancia, il sale che pizzicava sulla pelle.
Non riusciva a pensare.
Zacharias pigolava con voce flebile nella sua testa. Normalmente si sarebbe addormentata, la sua pigra chimera, ma anche lui sapeva che non era il momento di lasciarla sola… il silenzio attorno, senza il continuo canticchiare o chiacchierare di Candrana, era troppo.
Si scosse da lì. Vi era rimasta solo pochi minuti, e già le sembrava di affogare di nuovo nelle sue stesse lacrime.
Non era così che avrebbe onorato il Sacrificio della sua cariño, non è così che avrebbe onorato i suoi amici. Ma cosa fare?
Zacharias cinguettò più forte, come a richiamare la sua attenzione.
Si trovò a cercare un angolo meno sferzato dal vento, ma non ebbe il coraggio di scendere sottocoperta. Si accoccolò per terra, usando il suo ruka per creare un cerchio di metallo.
Chiuse gli occhi e si sentì sollevare per le spalle dagli artigli di Zacharias, che erano incredibilmente delicati, per essere artigli.
Quando li riaprì, il suo corpo era sulla nave, ma il suo spirito no. Stava in piedi, in mezzo ad un oceano di nebbia dove era impossibile distinguere il dritto dal rovescio. Zacharias era di nuovo una presenza rassicurante nella sua testa.
Davanti a lei, la nebbia parve scurirsi, e per un attimo pensò che fossero i suoi occhi ad ingannarla. Ma poi, apparvero dei bordi dorati attorno al nero che andava intensificandosi. Il simbolo dei Savas sul petto le strozzò un singulto in gola. I baffi apparvero un attimo prima del volto. Intonso. Come quando l’aveva visto l’ultima volta
“Julian…” sussurrò mentre, di nuovo, non riusciva a fermare le lacrime.
“Ehi, Xio… che fai piangi? Smetti, sciocchina.” La rimproverò lui.
“Sciocco sarai tu, che ti sei messo in testa di ammazzare un imperatore… ce l’hai fatta almeno?” lo rimbrottò lei, perché pensare di fare altrimenti era impossibile.
Lo spirito di fronte a lei le rivolse un sorriso trionfante.
“Esattamente come mi ha detto Diego. Un colpo alla gola, dato magistralmente se posso aggiungere. Caliban è morto.” Xiomara tirò su col naso, cercando la forza di fare la domanda che temeva di più.
“E voi?” avrebbe voluto uscisse con la stessa voce ferma di Julian, ma la sua era già colma delle lacrime che continuavano a bruciarle gli occhi.
“Siamo nelle Sale di Shiva, accolti dal suo banchetto. Se non altro, è stata una fine gloriosa. E il cocomero è ottimo. Non so quanto sia contenta Shiva di avere la Ciurma come ospite però.”
Una risata si mescolò ad un singhiozzo e scosse Xiomara, che si portò le mani alla bocca per un attimo.
“Dovevo rimanere anche io…” sussurrò abbassandole.
“Non dire sciocchezze… ci voleva qualcuno di sensato che tornasse indietro a raccontare il coraggio di Erigas, e non potevamo lasciare del tutto sola Teodora, specie senza medium fidati. Però devi promettermi una cosa.” Era serio. Julian la preoccupava quando era serio.
“Dimmi.”
“Non ti devi arrendere. Non ti chiudere in una biblioteca. Lotta. Finisci il lavoro che abbiamo iniziato assieme.”
“Non avrò pace finché non saranno caduti, Julian. Lo prometto. E l’hai sentito, no? L’uovo si è schiuso, si è sentita l’energia fino a qui, non esiste che non l’abbiate avvertito anche voi.”
“Lo so. Forza Xiomara. Non rimanere troppo qui, o ti perderai.”
“Non so se ho la forza di dirti di nuovo addio.” Julian si tolse la collana della Soglia dal collo, e fece un passo avanti, mettendogliela. Xiomara non avrebbe mai scommesso due idre che nel reame delle nebbie potessero toccarsi, ma evidentemente era così. La donna chiuse gli occhi, lasciando cadere le lacrime lungo le guance.
“Allora non dirlo. Tieni questa, ti renderà facile richiamarmi quando hai bisogno di un’idea geniale. Dai un abbraccio a Teodora da parte mia. Hasta luego, Xiomara.”
“Stupido. Lo farò. Tutt’e due le cose. Hasta luego, Julian…”
Tenne gli occhi chiusi mentre sentiva di rientrare nel suo corpo. Zacharias tubò, soddisfatto per la sua missione compiuta. Quando riaprì gli occhi, il volto preoccupato di Teodora le si stagliò di fronte.
“Stai bene, Xiomara?” le chiese preoccupata. Xiomara si portò le mani al petto e rimase sorpresa sentendo il metallo.
“Ho… Teodora, ho incontrato Julian nel reame delle Nebbie.”
“Ma sei matta ad andarci da sola??” esclamò la sua maestra.
“Non sono tecnicamente andata sola… mi ha portato Zacharias. Credo che mi abbia tenuto ancorata… io… non l’avevo questo quando sono passata… me l’ha dato Julian ora.”
Teodora la guardò a lungo, per capire se era impazzita, poi si sedette accanto a lei.
“Raccontami.”
“Prima ho una cosa da fare.” Le rispose, sporgendosi ed abbracciandola stretta. “Questo è da parte di Julian.” Ignorò gli occhi umidi della fanciulla di fronte a lei, per continuare. “Ha ucciso Caliban. E loro…” Xiomara deglutì alcune volte per non rischiare di parlare di nuovo piangendo, “E loro sono tutti nelle sale di Shiva. Stanno banchettando. E probabilmente la Ciurma verrà mandata ad infestare qualche luogo perché a quanto pare sono rumorosi.” La risata umida di Teodora si mescolò alla sua.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti.
“Cosa farai, ora, Xiomara?”
“Non avrò pace finché gli imperatori non saranno caduti. L’uovo delle ere si è schiuso, l’hanno sentito anche loro. Alla luce del sole o nel reame delle nebbie, non lascerò che i nostri compagni siano morti invano.”
“O más, o nada, dunque.”
“O más, o nada.”