Anno 2989 dell’Era dei Quattro- Questione di dettagli
– Sei ancora troppo lento! Di nuovo!
Dita che tessono nell’aria strani segni. Parole dal significato sconosciuto. Energie turbinanti nell’aria, lampi e tuoni. Un altro lampo. E di nuovo, Noctulis a terra.
Il ragazzo si rialzò sbuffando e scrollandosi le vesti dalla sabbia rossiccia, appiccicata sulla tunica grigia. Il sole stava andando giù oltre l’orizzonte, dietro il promontorio del faro, così che adesso esso si stagliava giganteggiando nella luce morente. La sagoma della torre nera, liscia, con il suo tetto piatto e disadorno, sembrava un bizzarro e tozzo dito puntato come monito contro il cielo rosato del tramonto. Le pareti di roccia, per più di trenta piedi, scendevano dolcemente fino a immergersi da un lato nell’acqua limpida del mare e dall’altro declinavano in una spiaggia dal colore sanguigno. Verso la terraferma, invece, si estendevano già i confini delle Foreste del Sole, con i loro splendidi e luminosi alberi secolari, testimoni degli avvenimenti di tutta la Costa del Sangue. E adesso, anche riparo dal sole per la figura di Jorge Desmortes. Il vecchio maestro ridacchiava divertito per la prova del giovane allievo, che non era stato sufficientemente abile nel colpirlo con i suoi sortilegi rispondendo all’attacco. Lo guardava rialzarsi; adesso di fronte a sè aveva un quattordicenne magro e arrabbiato, una vera furia sotto una zazzera di capelli disordinati. Era sottile ma robusto, si disse Jorge considerando quanto fosse cresciuto in quei due anni insieme; gli occhi azzurri però, freddi e impersonali, erano sempre gli stessi. A volte, vedendo la furia che Noctulis metteva nei suoi esercizi arcani, il vecchio fu convinto che lo volesse uccidere sul serio; poi, vedeva la ragione trionfare su quella strana rabbia, su quell’ira oscura e sanguinosa, e il ragazzo riprendeva il controllo di sè. Giusto in tempo per essere battuto, come oggi. Di nuovo.
– Va bene così, Noctulis. Per oggi basta, ma vedi di ricordarti meglio gli incanti da recitare. Ci pensi troppo.
Piegato sulle ginocchia, madido di sudore, il ragazzo poté solo borbottare un assenso soffocato. Jorge si incamminò verso la torre, canticchiando un motivetto, ma ancora pensando all’allievo. Vedendolo oggi, era difficile rivedere in quel giovane il bambino che a malapena nascondeva la paura per la nuova vita giunto lì due anni prima. Erano stati tempi duri, all’inizio, specie perchè Noctulis si ambientasse; inizialmente era intimorito da quella torre scura, colma di magia, in un luogo lontano da casa. Ci volle tutta la bravura, tutto l’affetto di Jorge perchè si potesse sentire a suo agio negli angusti corridoi, nelle stanze senza luce, e anche al cospetto dell’immota maestà marina. Andava aggiunto poi che il ragazzo era di poche pretese, educato e pronto ad apprendere senza fare troppe richieste; era impossibile litigare con lui, non perchè fosse particolarmente accomodante, quanto per il suo modo di fare preciso e inattaccabile sotto ogni aspetto. Sembrava concentrato allo spasmo in ogni sua azione, come se fosse desideroso solo di acquisire sempre maggior potere, che il suo fine ultimo fosse diventare superiore ad ogni altra cosa. E questa ambizione andava bene, ma andava smussata e limata, giorno per giorno. Con la pazienza e con il lavoro.
* * *
– Maestro Jorge, una domanda…
Lo stregone alzò il capo dal suo stufato di manzo, con aria incuriosita e sospettosa. Era rarissimo che Noctulis lo interpellasse quando erano a tavola, uno di quegli avvenimenti rari che di solito volevano dire magagne. Il vecchio attese la domanda in silenzio, inarcando appena le sopracciglia.
– Come posso essere più rapido negli incantesimi? Se mi concentro sui gesti, rimango indietro con le parole, e viceversa. È complicato badare a tutto.
Il ragazzo lo guardava con aria attenta, lesto a trarre ogni minima parola che uscisse dalle labbra del maestro. Questi, dal canto suo, si stava beando della domanda dell’allievo; era contento di avere qualcuno accanto a cui insegnare la sua arte, e ancor di più un discepolo già portato ad essa come Noctulis. Posò il cucchiaio nel piatto, poi intrecciò le dita dinnanzi al volto, chiudendo saldamente gli occhi. La voce gli riuscì particolarmente leggera e sognate, nemmeno troppo studiata. Rimase però serio, come se volesse guardare attraverso le palpebra chiuse chissà quali scenari distanti.
– Vorresti afferrare con le tue mani cose ancora al di fuori della tua portata. Vorresti guardare contemporaneamente a destra e a sinistra. Ciò è impossibile. Il segreto è pensare a altro, tutto qui e basta.
Noctulis sbuffò come se insoddisfatto della risposta.. Non aveva capito, e non amava particolarmente quando il maestro si metteva a fare il filosofo.
– Ad altro? Tipo?
Jorge rimase assorto, cogliendo appena le parole del giovane. Ci fu un attimo di silenzio, poi il vecchio fischiettò un breve motivetto. Noctulis non comprese nuovamente lo strano gesto dell’anziano, che si affrettò a spiegare.
– Io non penso a niente, ad esempio. Oppure penso alla musica, alla danza, o ad altre cose che mi fanno stare bene. Anche nella più sanguinosa delle battaglie contro le truppe dei Quattro, non penso che i miei incanti mi possano salvare la vita. Penso quello per cui vale la pena vivere.
Il giovane lo interruppe bruscamente.
– E se penso a queste cose, come faccio a tenere a bada tutta l’energia magica? Non crede che sia troppo complicato come dice lei?
Cocciuto, il ragazzo. Ma Jorge era paziente, e spiegò il suo punto di vista.
– È una questione di dettagli. Se voglio unire due cose distanti, è inutile che le spinga una versa l’altra se non ci riesco. Se mi allontano a sufficienza, quelle due cose diverranno improvvisamente vicine tra loro e chiare alla vista.
Noctulis si alzò lentamente dopo qualche istante. Il piatto era pieno per più di metà. Era visibilmente irritato, anche se era difficile capire il bersaglio della sua ira. Voltò le spalle al maestro, e prese commiato.
– Vado a ragionare nella mia stanza. Con permesso.
Jorge, con un gesto della mano, ancora ad occhi chiusi, congedò il discepolo. I passi del giovane si spensero tra le nere mura, adesso solamente riempite dal fischiettio allegro di un vecchio stregone.
* * *
– Credi veramente di riuscirci, oggi? Vediamo se hai studiato a sufficienza…
La prima luce del giorno spingeva lontano le lunghe ombre della foresta, come a creare un fitto reticolato sulla spiaggia rossa. Piantato sul bagnasciuga, i piedi nudi lambiti dalle onde, Noctulis rimase a occhi chiusi, muovendo la testa in segno di assenso. Maestro Jorge era molto mattiniero, e il ragazzo era convinto che doveva mettersi alla prova adesso, quando il vecchio era nella sua piena forza. Qualsiasi altro tentativo non avrebbe avuto senso. Lo stregone ora era di fronte a lui sulla spiaggia, con indosso una tunica dalla tinta nera e scarlatta, con un’aria di leggera derisione dipinta in viso. Lo stava sfidando, voleva vedere i limiti del suo allievo.
– Attacca!
Al comando del maestro, Noctulis recitò una breve litania, le sue dita tracciarono una spirale in aria, e due piccole sfere infuocate saettarono rapide verso maestro Jorge, il quale si limito a scansarle con un mezzo saltello.
– Ancora lento!
La cantilena proseguì, mentre il maestro cominciava a formulare un controincantesimo. I palmi delle mani di Noctulis proiettarono un lampo bluastro, che si infranse contro la barriera magica innalzata dallo stregone.
– Non ci siamo ancora? Così vuoi diventare forte?
Fu in quel momento, al termine del suo dileggio, che Jorge vide per l’ennesima volta quell’espressione. Un velo era calato sulla ragione di Noctulis, proiettandolo in un oscuro vortice di ira e violenza. Come il letale profumo di un oscuro fiore velenoso, la proiezione della sete di sangue del ragazzo si espanse intorno a lui, come una cappa opprimente che stordì lo stregone. Frecce scarlatte partirono dalle dita del ragazzo, senza che esso recitasse alcun sortilegio né compisse arcani gesti; un getto naturale di energia magica selvaggia e primitiva, dal potere distruttivo. Le frecce si conficcarono nella sabbia alle spalle di Jorge, che fu abbastanza intuitivo da evitarle prima che lo trafiggessero.
– Maestro, scusi!
Con il fiatone, l’anziano alzò lo sguardo su Noctulis, che aveva ripreso il controllo di sè e adesso lo guardava preoccupato. Subito entrambi si fermarono, guardandosi reciprocamente, uno con sospetto, l’altro con vergogna. Un silenzio teso correva tra i due, rotto solo dal vento e dal verso lamentoso dei gabbiani.
– A cosa pensavi?
Fu Jorge a parlare per primo. Guardava il discepolo con attenzione, pronto a cogliere ogni minimo cenno. Questo, però, stava a capo basso, penitente. La sua voce era un rantolo.
– Lei mi ha deriso. Per un attimo, io la volevo uccidere davvero. Ho pensato solo a quello.
Lo stregone rimase immobile. Se la notizia l’aveva colpito, non lo dava a vedere, ma non riusciva a reagire. Era stato lui poco attento. Era una questione di dettagli, e lui li aveva ignorati, ma ci sarebbe stato attento da ora in poi. Noctulis era pericoloso, durante quei suoi attacchi. Rischiava di marchiare la sua anima con la guerra e con il sangue. E lui, il suo maestro, non sapeva nemmeno cosa dire.
Si avvicinò, e gli si parò di fronte, guardandolo dall’alto in basso. Poi entrambi si voltarono e si incamminarono verso la torre nera, fianco a fianco, senza scambiarsi una parola.
Ciao, anch’io ho un blog sui gdr. Nuovo nuovo. Vieni a trovarmi?
Bravo Frank… il poro Noctulio diventa sempre un crostino peggiore…
Mi scuso dell’errore, se qualcuno se ne è accorto… il nome del maestro è Jorge, non Dejon… mi serve un correttore di bozze…
X DragonSoul: Volentierissimo! Appena posso!