Il mio nome è Caos.

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Da quando sono tornata dalla Stanza Buia un turbinio di notizie e avvenimenti mi avevano investita. Niente sconti quel giorno, se non fosse stato per Klim, che con calma e gentilezza mi aveva dato le notizie, senza affondarmi con un colpo solo. Come essere uscita da un incontro truccato fra galeotti, calci e pugni avevano colpito tutte le parti del mio corpo.

Il mio Moa, finito in un pozzo, forse morto, perduto per sempre. Colpo al viso.

Leone, partito, non più a capo del Sussurro, il capo famiglia che se ne va, senza poterlo salutare. Colpo alla cassa toracica.

L’immacolato inarrestabile che sgozza la gente come se fossero agnelli sacrificali. Sei lì e non puoi fare nulla. Calcio nei reni.

Ti giri e ti volti solo il nulla…

Lividi da ogni parte, la testa esplode, gli occhi pulsano.

Mordecai come potrai perdonarmi per non essermi accorta di nulla, di essere stata inerme, nascosta e sorda per un giorno, il giorno sbagliato. I dubbi sul tuo operato si erano insinuati in me. Che io sia dannata, mio maestro, chi può giudicarti davvero? Nessuno di noi può farlo, guarda ora dove siamo finiti!

Nel bene e nel male, ci avete sempre aiutato.

Non ti ho mai detto che hai dato il via alla mia rinascita? Mi hai dato uno scopo e per la prima volta qualcuno ha visto del buono in questa creatura oscura.

Tu credevi in me, io, Vidar, ti ho sentito da lontano mentre ci davi quel goccio di potere rimasto per salvare un’ultima vita. Perché? Potevamo usarlo per aiutarti ora!

Dannato Maestro ora saresti qui! Se mi fossi svegliata dal sonno.

Perché ho permesso a quella dannata bambina di uscire!

Ora siamo persi, nella fottuta merda e non posso bussare alla tua porta, sentirmi dire che andrà bene, che ce la possiamo fare…non più.

In qualche modo ti farò tornare. Ci riuscirò a costo della vita.

Sfioro la cicatrice, l’immagine spaventosa mi viene a trovare…il cuore batte all’impazzata e un respiro sfiora il mio collo, canini appuntiti e in preda alla brama di sangue. Il ricordo è vivo…

Leone, mi sento tradita, perché non ha usato lo specchio? Perché ha lasciato tutto? Per un bene più grande…ma che bene più grande c’è se non la famiglia. Il mondo non vale le poche persone che darebbero la vita per te. In una sera sei partito…Come faccio a ringraziarti per tutto quello che hai fatto? Quella notte tu eri lì e mi hai strappata dalle sue lunghe braccia che volevano straziarmi. Scrivi una lettera, andremo a trovarlo dice Od…Vaffanculo! No! Non doveva andare così, avevamo un progetto, delle idee per salv…Vaffanculo agli astri! A te…che ti fai volere così bene e poi ci lasci a Brando…e a tutti glia altri…Vaffanculo!

Io la terrò al sicuro, te lo prometto, brutto disgraziato, capo, fratello…te lo prometto.

Ti giri e rigiri per troppe volte in preda ai discorsi mentali e all’angoscia.

Qualcosa dentro pulsa, come quella volta.

”Torna qui Vidar, dove vai ogni volta? Torna qui da me”.

Xorba, distesa nel mio giaciglio, nuda coperta solo da una pelliccia mi prende il viso e lo bacia. La luna fa risplendere la sua pelle bianca, come fosse una ninfa guerriera. Mi riporta al presente, mi riporta alle cose belle che sono successe, offuscate da tutto il dolore. Scoprire nuove persone amiche, fidate, provare qualcosa mai provato. Per lei, che prima era un’alleata. Ora é un’anima persa che come me cerca affetto, calore, un porto sicuro nella tempesta.

Quando è caduta, morta nella battaglia, il mio respiro si è fermato. Vederla rialzare, come per magia, mi ha provare felicità, sollievo.

Ho capito le parole di Alexa durante il nostro viaggio, i suoi racconti sull’amore, sul sentimento per Ciri.

Per un attimo, con vergogna, ho ringraziato che la Morte fosse finita in quel pozzo. Che io sia maledetta ma, l’ho pensato.

Si era addormentata come una bimba, senza armatura, senza difese. Non potevo far altro che fissarla tra i suoi sussurri sognanti, come se lasciasse che fossi io a vegliare il suo sonno.

Io…difendere lei. Io che non so nemmeno impugnare una spada. Non so nemmeno parlare di quello che ho nella mia testa, che ci tengo, che non posso prometterle nulla…ma il cuore batte forte al pensiero di poter perdere anche lei.

Ancora quella fitta, le mani bruciano. Nello stomaco c’è qualcosa.

Non mi merito nulla per ora, devo espiare le colpe della mia metà. Rinchiusa nella Stanza Buia, relegata finché non deciderò il da farsi. Traditrice, viziata e falsa.

Ogni notte passa così, tra gioie e dolori. Attimi dove sono presente e momenti dove cerco soluzioni più grandi di me.

Quella sensazione diventa forte, quasi ingestibile, devo allontanarmi da lì. Mi sento esplodere un fuoco dentro.

Cammino tra gli alberi, cerco la calma che non trovo da giorni. Nessuno del Sussurro riesce a calmarmi, abuso dell’alcool di San. Non riesco a perdonarmi, chissà quanto dolore hanno provato gli Altomastri e ognuno di loro di ogni Masnada lì a fissarli, mentre urlavano e soffrivano. Il pozzo, la Morte…Perché hanno fatto nulla? Perché nessuno mi dice? Perché è successo tutto questo? Mi mancano delle risposte…sto impazzendo.

Il calore si espande, percorre le mani, i miei occhi si annebbiano, da me fuoriesce lo stesso potere che ha ucciso mio padre. Intorno gli alberi si spezzano, volando in mille pezzi. Cosa sta succedendo? La mia magia ora fuoriesce senza parole? Come possibile?

Un pugno feroce parte senza permesso. La mia mano batte forte su un tronco rimasto, le schegge si conficcano nelle nocche. Non provo nulla, il sangue cola vermiglio. Il sangue. Ferma, osservo. Il tempo sembra essersi fermato. Prendo una decisione. Forse stupida ma, tutta mia.

Mio Moa, da oggi, ogni notte userò la tsantsa fatta con la testa di mio padre, la persona che mi ha fatto più male, per fare del bene a te, mio maestro.

Se non posso riportarti qui, cercherò di contattarti, per sapere cosa fare, per poterti salvare in qualche modo. Ogni notte verserò il mio sangue sulla tsantsa, brucerò incenso rosso e berrò assenzio a te tanto caro mentre attuerò il rituale.

Ezechiele, ascolta le mie parole…segui la fioca luce che ti mando.

La mia espiazione nel sangue.

Come tu parlasti al mio orecchio, ora aguzza il tuo udito e senti il mio richiamo.

Do ut des.

Disegno il nostro legame unendolo alla Scacchiera tracciando il Loih con la sabbia. Nel cielo una luna grande e lucente mi fa compagnia. Nessuno sa il mio dono per te.

Sono passate settimane, nulla é cambiato ma, non demordo nella mia missione.

Ogni notte torno da lei, che senza domande mi accoglie e mi accarezza il viso. Non pretende nulla solo che io sia presente in quei momenti. La mia mente è fragile e ormai poche cose mi tengono ancorata qui. Le onde scuotono la mia psiche, fremente senza sosta. La terra ferma a volte non si vede per giorni. Ho paura di naufragare, ma resisto.

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