Antares arrivò al punto del campo dedicato all’addestramento con armi, con due schiumanti pinte di birra. Non beveva in missione, ma come le casse di Velathri avevano avuto modo di scoprire poco meno di un anno fa, non si faceva scrupoli nei momenti di relax.
Era il giorno successivo al ritorno dell’Elite da Villamasca e la maggior parte della masnada era a mangiare, e loro erano apparentemente sole.
“Astaria! Fai una pausa?”
Il fendente di Astaria squarciò l’aria per conficcarsi nella paglia del manichino, quando sentì una voce amica. Si girò, adagiando il grande spadone sulla propria spalla e vide Antares con quelle maestose brocche grondanti di nettare degli dei.
“Per una di quelle ne faccio anche due di pause!”
Allungò la mano per prenderne una e sorrise all’amica. Erano passati solo alcuni giorni ma le erano sembrate un’eternità.
“Com’è andata? Ho visto il nostro Padre Alfiere di buon umore!”
Antares tirò su la sua pinta in direzione di Astaria, prima di prendere un sorso a sua volta e sedersi su una delle ballette di paglia.
“Nonostante la situazione sia peggiore che mai Ba-Simeon è piuttosto allegro, vero? Pensa, questa scura di Gardan l’ha fatta aprire dieci minuti fa ed è quasi già finita e John non si è preso nemmeno un’urlo.”
L’adepta si scoccò uno sguardo veloce intorno e poi corrugò la fronte: un lievissimo vento di energia arcana si estese impercettibile dalla sua figura. Se ci fosse stato qualcuno di nascosto nelle vicinanze l’avrebbe saputo.
“Ti volevo aggiornare, in effetti. Vuoi iniziare da quello che lo rende così allegro, o dalle brutte nuove come il motivo del cambio nome? Sono entrambi affari delicati.”
Mentre Astaria placava l’arsura degli allenamenti con quella ricca e goduriosa bevanda, le parole della compagna parevano voci soavi di sirena. Qualsiasi cosa diventava improvvisamente più bella nel togliersi la fatica di dosso con qualcosa di gradevole e umettante al palato.
Deglutì e le rispose “La situazione è sempre la peggiore che mai, ma ormai ci siamo abituati, no? Intendo a far fronte a cose sempre più tremende. Forse è per questo che John ancora non è stato sgridato, magari non ha ancora caricato il fucile senza ragione e non ha usato il barile come tiro al bersaglio…”
Sghignazzò mentre prendeva un altro sorso di scura e poi guardò negli occhi Antares “iniziamo dalle cattive notizie, almeno le buone mi addolciranno la coscienza come ha fatto questa birra dopo due ore di spade di qua e manichini di là… devo per caso sedermi?”
“Sei diventata brava, notavo! Per quanto ne possa capire io di spade e manichini, ovviamente.” Antares allungò un piede e diede un calcio, leggero e inefficace, ad una delle altre ballette di fieno presenti, finalmente con un briciolo di giocosità a colorarne l’espressione serena, nonostante tutto il riassunto che le si parava davanti.
“Io ti direi di approfittarne…” Poi finì anche lei la birra tutta di un sorso e lasciò la pinta vuota per terra, senza curarsene troppo. “Se poi mi dici che la notizia che l’immacolato è diventato una versione perversa della mietitrice e ieri mattina ha provato ad ucciderci tutti in massa non ti fa cedere le gambe, hai più tempra di me.”
Scolandosi quello che rimaneva, Astaria si mise seduta, approfittando di quelle comode ballette, posò lo spadone in grembo e tenne il boccale tra le mani, con cura, ingobbendosi lievemente per ascoltare le parole di Antares con attenzione.
“Beh, ‘brava’ è un appellativo fin troppo generoso, diciamo che sto provando qualcosa di nuovo per essere più evasiva…” ruotò poi il contenitore vuoto fra le dita, osservando il residuo schiumoso sul fondo. In quell’umidità riusciva a percepire il proprio riflesso e a ripercorrere mentalmente ogni casino che le aveva condotte fino a quel punto, inclusa la perdita di Muramasa da parte di Kiyome, ora Haruko.
“In realtà sapevamo tutti quanti che era solo una questione di tempo che l’immacolato avrebbe provato a ucciderci tutti. Siamo sempre stati delle marionette tra le sue mani, poteva disporre della nostra vita e togliercela senza fatica anche senza diventare la morte.” t
Tirò un sospiro, sarebbe stato bello prendere un altro sorso di birra se ce ne fosse stata “In realtà, che ora sia diventato un essere non terreno come la cupa mietitrice, significa che è obbligato a sottostare a regole che prima non aveva. Se da una parte è terrificante, dall’altra rincuora sapere che non è un pazzo scellerato, con il potere di vita e morte sugli altri, al completo sbando. Pazzo, certo… ma con un invisibile guinzaglio e quest’astuzia del cambio nome ci ha dato un discreto vantaggio. Alcune cose ce le ha accennate Cyra quando è venuta a farci firmare quella pagina di grimorio, ma la mia tempra si regge sul fatto che credo che abbiamo più possibilità di destabilizzarlo adesso di quante non ne avevamo prima.” e ci voleva credere a tutti i costi alle sue stesse parole. Serviva dell’ottimismo in tutto quel marciume che stava lentamente salendo alle loro caviglie “Per il resto, nessuno mi ha ancora detto nulla… a parte che ho visto rientrare la nostra paladina con un occhio nero, come se fosse stata truccata male da un guanto d’arme.”
“Non mi manca la fiducia, sono ancora della tua stessa idea: Il concetto di ‘Varcheremo vincenti il Vallo dell’Ovest’ non è andato da nessuna parte. Non sono così convinta sulla questione delle regole, per via dei rituali corrotti che ha usato per avere gli oggetti, ma dovrei ritrovare gli appunti… credo che mi ci metterò domani. O quando passa il buon umore di Simeon o la birra finisce, una delle due. Ci siamo meritati una pausa.” Antares, come suo fare solito quando stava riordinando i pensieri, ruoteava tra le dita lo stemma dell’elite appeso alla cintura.
“Mi verrebbe da farti una battuta, magari raccontartela in maniera ironica, ma è una questione troppo solenne.” Iniziò, dopo una leggera esitazione, raddrizzando la schiena. “Abbiamio incontrato Ser Millus e gli spiriti di Ser Ghassan, Ser Andrej e Lady Lisbeth… abbiamo dovuto superare delle prove, che se vuoi ti descriverò al meglio della mia abilità, ma ci siamo dimostrati degni ed abbiamo ragginto il sepolcro del Santo, Ser Elleron Gramar.” Si era premurata di pronunciarne il cognome, pur consapevole che Astr– Astaria sapeva meglio di lei di chi stessero parlando, pensando al cartiglio che aveva copiato all’interno della tomba ed alla firma in calce ad esso. Iniziò, mentre parlava, a togliere il libro degli appunti dalla borsa e cercare la pagina giusta.
“Ser Millus… dire che non sembrava contento di portarci al feretro è dir poco. L’ha fatto e ce lo siamo meritati, ma continuava a ribadire come ciò non fosse ciò che voleva succedesse. L’elite si è fatta chiaramente prendere dai dubbi, sai bene come siamo fatti… e Sigrid ha avuto la brillante idea di andare a dirlo subito nel momento a Simeon e beccarsi un pugno. Ho dovuto urlare in faccia ad entrambi che non era certo il luogo per fare una cosa del genere.” Poi schioccò le dita, perdendo un po’ di solennità. “Ah, e il nome del cadetto adesso è Usignolo, la chiamava così Ser Millus.”
Sebbene Astaria in cuor suo covasse ancora una notevole paura nei confronti di imperiali, immacolati e compagnia bella, il suo volto rimaneva disteso, mite, con un accenno di sorriso. Aveva imparato col tempo a gestire le sue paure e ora non arretrava più, neanche nei discorsi, era già una grande vittoria che si sarebbe portata via, oltre il vallo. Proprio come diceva Antares.
“E’ vero” annuì con un sorriso “ce la siamo meritata, una tanto agognata pausa…” ma quelle parole tornarono indietro come come un contraccolpo nell’udire quella che dovrebbe essere stata una piacevole novità.
Il volto di Astaria si increspo’ in una smorfia di incredulità mentre i suoi occhi, completamente sbarrati, fissavano Antares nello stesso con cui si poteva a un fantasma.
Avevano incontrato gli spiriti dei santi, avevano superato altre prove ed erano stati condotti proprio là, nel luogo che aveva sognato da una vita. Nel solo posto dove credeva avrebbe trovato le risposte che cercava. E lei… non era stata lì con loro.
“Il… feretro di… Sant’Elleron?”
La brocca le cadde dalle mani e rotolò a terra con un sonoro tonfo.
Per un attimo il suo cuore parve fermarsi, il suo volto divenne pallido e le parole che uscirono dalla bocca di Antares divennero simili a un fischio acuto e infinito. La sua spada, sul suo grembo si illuminò, tiepida e in qualche modo la fece tornare alla realtà.
Riuscì con tutta la propria volontà a espirare l’aria che le era rimasta come aggrappata alle corde vocali e tirò un grosso sospiro sconsolato.
“Immagino… non sia più visitabile, dico bene… ?”
Antares si alzò dalla propria balletta per andare a sedersi accanto ad Astaria, spalla a spalla, offrendo contatto se l’altra l’avesse voluto. “No,” fu la semplice risposta. “Non adesso, perlomeno, anche se so che Simeon ha mandato messi all’ecclesiarchia, ha detto qualcosa sullo smontare Villamasca stessa, se ci fosse stato bisogno, quindi in futuro sarà sicuramente accessibile.”
L’adepta si fermò di nuovo, ancora in cerca di parole. Ne approfittò per controllare che non ci fosse nessuno in ascolto che non doveva, ma erano ancora al sicuro. “Mi dispiace. C’era Philippe, ha affrontato alcune delle prove con noi. Non sarebbe stato saggio lasciare il mausoleo accessibile… già ha provato a portarsi via delle reliquie appena le ha viste. Però abbiamo trovato questo.”
Antares porse il quaderno ad Astaria, aprendolo dove aveva tenuto l’indice. “Il nostro amico diacono ha provato a dire che era chiaramente qualcosa che poteva prendere lui, data la parentela, ma… siamo riusciti a farlo desistere, gli abbiamo detto che era meglio lasciare tutto com’era per gli emissari dell’ecclesiarchia. Quando vuoi puoi leggerlo.” Antares le scoccò uno sguardo, con un cenno della testa ironico. “Ovviamente, se vuoi l’originale del documento, devi andare da K. Si legge meglio del mio, sicuramente.”
Sul quaderno, in una grafia che si faceva man mano meno leggibile per la fretta della scrittrice, era riportato un messaggio. Era necessario uno sforzo, ma presto il significato divenne evidente:
“Una volta raggiunto questo solenne luogo, il ferro che recavo morì e fu sepolto dove giace il vero. In segiuto esso sorse a nuova vita, animato dalla luce dell’illusione. Questo sarà il retaggio della mia stirpe, sinché un degno erede non calcherà di nuovo le orme che menano al sepolcro del Santo.
Valerian, Vassallo della stirpe Gramar.”
Si sappia che parte del ferro giace in bilico tra l’abisso del vero e la gloria del miraggio.
Ciò è parte della mia eredità e quando si sarà riunito al nuovo ferro, verità e menzogne si sposeranno, acciocché quella lama abbia potestà di sancire le fatidiche linee.
Mentre Astaria, con lo sguardo assente e la spalla di Antares attacca alla sua, ascoltava le parole dell’amica, una piccola scintilla di speranza si riaccese in lei.
Forse non era tutto perduto, forse poteva ancora sperare nella benevolenza degli astri, forse doveva solo pregare con più insistenza?
E quando quelle stesse parole, scritte nel quaderno di Antares, presero vita mentre le leggeva a bassa voce, la spada prese a pulsare, di un bagliore intenso come mai prima.
Le lacrime di Astaria iniziarono a scendere copiose, salate, rigandole il volto, gocciolando sulle nocche, sulla lama dell’arma antistante.
“Valerian… il mio amato bisnonno…” sussurrò singhizzando “Allora tutto ciò che mi ha sempre raccontato era vero. Tutto quello che ho sempre portato avanti in suo nome, esiste. Ogni storia… ogni leggenda sui cavalieri, la SUA storia.”
Deglutì, asciugandosi le lacrime con la manica della camicia, respirando a pieni polmoni. Afferrò poi Antares per le spalle ed esultò “Siete stati incredibili e davvero furbi, l’avete fatta in barba a quel mentecatto di Philip! Quel bastardo di un cane bugiardo sa benissimo chi sono io e chi è Valerian per me. Avrebbe potuto approfittarne se questa lettera fosse caduta nelle sue mani.”
Eppure, più la leggeva, più non capiva i significati nascosti in quella lettera. La spada smise di brillare e Astaria si alzò in piedi, facendola cadere a terra. Si mise entrambe le mani tra i capelli, ormai il suo umore oscillava fra la disperazione e l’euforia “E’ uscito fuori il mio nome, per caso?”
Antares osservò la spada con attenzione, e la comprensibile reazione dell’amica, estendendo la propria percezione magica e cercando di carpire segreti che l’arma non le aveva mai sussurrato e mai probabilmente avrebbe fatto, poi si alzò ed attirò Astaria in un’abbraccio, cercando a suo modo di ristabilizzarne l’umore. “Non quando c’era Philippe lì presente, ovviamente,” disse, tirandosi indietro e porgendo all’altra un fazzoletto.“Meglio evitare di dargli ulteriori armi, se possibile. Una volta che siamo rimasti tra di noi però… lì il tuo nome è venuto fuori. Specialmente dato che si parla di un ‘ferro’ che giace a metà, non avevi detto che alla tua spada mancava un pezzo?”
Portò lo sguardo di nuovo sul suo quaderno, ma stava chiaramente guardando il nulla.
“In bilico tra l’abisso del vero e la gloria del miraggio… dimmi, non ti dice qualcosa? Questa frase mi perseguita da quando l’abbiamo letta , due giorni fa, sono sicura di averla già sentita. Non è forse quello che ti disse l’ombra di Charun?”
Una volta che si sciolse dal suo abbraccio e il fazzolletto ebbe asciugato le sue lacrime, Astaria guardò l’amica con ritrovata calma. Il suo sguardo tornò mite e la sua mente si fece pensierosa alle di lei parole.
“Charun disse che forse avrei preferito una dolce bugia invece della verità che poteva essere amara… ma ella disse anche che sarei stata ripagata per quella moneta che gettai nel pozzo.” riflettè, mordendosi l’unghia del pollice, mentre il suo sguardo vagava oltre, propri ricordi alla ricerca di ogni indizio “Ci fu quella druida, alla vecchia posta…. beh, il suo spettro. Volle parlare con me e dirmi che il ferro della mia spada era di questo mondo, ma che il Seme non era di questo mondo. Lì per lì accostammo tutto a un dono dei pozzi ma… con questa lettera assume un significato più complesso.”
Raccolse la spada, ripulendola dalla polvere e la fissò “Valerian mi narrava di questa spada come un’antica reliquia del passato, dai misteriosi poteri che potevano essere risvegliati grazie a un pezzo mancante… ma non mi ha mai narrato altro se non che questa lama è un’eredità molto antica della nostra famiglia e che andava custodita con molta cura. Mio padre quel giorno, quando gli imperiali vennero a dare alle fiamme il borgo dove vivevamo, l’affidò a me e mio fratello… ma a parte quello che già ti ho detto, non so altro.”
“Mi avevi già raccontato, sì. Adesso non so dirti altro… e onestamente, terrei le discussioni di questi specifici dettagli per luoghi dove puoi essere sicura di non essere sentita. Non sappiamo ancora se c’è qualche altro traditore, e come ci può essere qualcuno che porta i segreti alla nuova Mietitrice, può esserci un’orecchio in ascolto al soldo di Philippe Gramar.”
Antares aveva continuato a guardarsi intorno, durante tutto il discorso, ma non aveva percepito alcuna interferenza nel sottile campo di energia arcana che le circondava. Erano fortunate che fosse un momento di calma, anche se presto il resto della colonia penale, perlomeno quelli inclini al combattimento fisico, sarebbero tornati dalla pausa pranzo. “Detto questo, lo sai che ti aiuteremo, sì? Non si lascia nessuno indietro non è il nostro motto ufficiale, ma quello ufficioso sì.”
“Hai ragione, però… l’unica cosa che non voglio è mentire ai miei compagni. Soprattutto all’elité che ha dato prova più di una volta di essere composta da persone a cui si può tranquillamente affidare la propria vita. E mi riferisco in esclusiva allo Spiantato. Anche se certe volte abbiamo fatto la figura dei farabutti, in realtà conto sul fatto che siamo tutte persone che per il compagno darebbero se non la vita almeno il braccio destro.”
Astaria strinse tra le mani lo spadone, sorridendole “Io lo so che ci sarete per me, come io ci sarò per voi. Però…”e le mise una mano sulla spalla con fare gentile, mentre il suo sguardo vagava lontano, oltre la vista di Antares, in un luogo dove spesso si perdeva “… sento che potrebbe essere opportuno per me, narrare a tutta la nostra elitè la mia storia. Vorrei che le parole di Valerian che io ho ascoltato siano udite anche dagli altri. Vorrei non avere più segreti per i miei fratelli, sono stanca di nascondermi e nascondere il mio passato. Se le voci dei miei cari saranno tramandate, forse, quando giungeremo in questo decantato posto dove si dice che gli Astri possono essere uditi, allora potrò finalmente chiedere a Simeon o a Elaen una semplice funzione da celebrare e poter dire loro addio”
Vide, come molte altre volte prima, il suo bisnonno tenderle la mano per ballare. Poi, una volta che l’illusione si spense, divorata dalle nebbie della memoria, tornò a guardare l’amica “E se morirò dicendo la verità, non sarò morta con l’onta della menzogna.”
“Dovranno arrivarci a te, per ammazzarti.” La risposta di Antares fu istintiva e veloce, con un sottotono di ferocia trattenuta. Aveva seguito lo sguardo dell’altra, notando preoccupata quando sembrava essersi di nuovo persa nel nulla… per tornare indietro da sola, senza bisogno di aiuto. Era evidente che Astaria avesse fatto dei grandi passi avanti.
“La nostra Elite… se è quello che vuoi fare, la vita è la tua e tue le scelte, di tutti quelli che viaggiano con noi per le caselle mi fido di loro più che di chiunque altro… ma ci sono sempre occhi ed orecchie che non possiamo vedere. Motivazioni sconosciute. Non siamo dentro un palazzo, non che anche quello aiuti, ma in un accampamento affollato. Scegli bene il posto e tutelati, se gli assassini possono arrivare per Sigrid lo possono fare anche per te, sappiamo che Phil è una persona orribile… e non è detto che sia l’unico interessato.”
Riprese il suo librino e scelse una pagina vuota a caso, scrivendoci qualcosa.
“Detto questo, credimi, ti capisco. Non vedo l’ora di ascoltarti.”
Poi le fece vedere il libro, con il suo nuovo nome scritto sopra.
“Piacere di conoscerti, di nuovo. Ora fammi riportare i boccali indietro, c’è Ratto come addetto oggi e sai che quando si offende tira i coltelli.”
Sorrise ad Antares. Mentre la guardava allontanarsi dal campo di addestramento, strinse le dita sulla lama dello spadone. Aveva dei dubbi sulle parole di Antares, alcune cose non le tornavano ma, decise di tenerle per sè per il momento.
Tirò un grosso respiro e si diresse verso la tenda ove lo Spiantato consumava il suo desco, pronta a ritagliarsi un piccolo momento di intimità con i propri fratelli, per poter rivelar loro… la sua verità.