La strada per l’inferno

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La strada per l’inferno è costellata di buone intenzioni…

Tra lo scoppiettare del fuoco, un rumore diverso.
Lo schiocco di un rametto spezzato.
Sollevò la testa dalla pergamena su cui stava vergando parole che uscivano come fiotti di pus da una ferita mai rimarginata, e che non si sarebbe rimarginata mai. La sua mano posò il pennino vicino alla boccetta d’inchiostro e corse subito ad afferrare l’ascia al fianco.
Un’ombra emerse dai cespugli e si avvicinò al bivacco, palesandosi alla luce delle fiamme.
La cerusica allontanò le dita dall’impugnatura dell’ascia.
“Cyra” mormorò con sollievo imbevuto di stanchezza.
“Chi altri credevi che fossi?” domandò la barda.
Cristilde non rispose. La domanda giusta era: chi altri sperava che fosse? In cuor suo, per un attimo aveva temuto e sperato che Ottavia fosse venuta a cercarla, anche solo a finire ciò che aveva iniziato.
Si massaggiò il collo, dove ancora dolevano i segni delle dita dell’Alfiere del Crepuscolo, e fece spazio a Cyra accanto al fuoco.
La barda si accomodò al suo fianco, sfilandosi la liutarra da tracolla. “Potevi anche salutare prima di andartene, eh!”
“Ho avuto concessi solo cinque giri di clessidra, e non sapevo dove tu fossi.”
“Beh, di solito non lo sa nessuno, nemmeno Balthazar” ammise Cyra, con un gesto ampio del braccio. Smanettava sempre, quando era nervosa. Quindi tacque. Cosa inusuale per lei.
Cristilde si tese in avanti per ravvivare le fiamme. “Allora, cosa vuoi chiedermi esattamente, di ciò che non ti hanno già riferito gli altri o le tue spie?”
Cyra incrociò le gambe e puntò le mani sulle ginocchia.
“Non sono venuta a chiedere” replicò “Sono venuta ad ascoltare.”
Quindi attese. Nel silenzio della notte, rotto soltanto dal crepitio della legna che bruciava e diventava cenere, Cristilde rimase a lungo a fissare le fiamme. Infine tirò un gran respiro.
“La strada per l’inferno è costellata di buone intenzioni…” commentò, amaramente, abbassando lo sguardo sui fogli in grembo. Poi le raccontò tutto quanto. Che senso aveva nasconderlo, ormai? E ogni volta che ripensava a ciò che aveva dimenticato, a causa del potere dei pozzi, nuovi dolorosi dettagli le affioravano alla mente…
Adesso ricordava tutto. Eppure, renderlo da pensiero a parole lo rendeva più vero, più terribile.
“Il resto lo sai”, concluse, guardando finalmente Cyra negli occhi. “Gli Astri hanno un gran senso dell’umorismo quando intendono punire i mortali, vero?”
Il cadetto dello Spiantato annuì e, per una volta nella sua vita, sembrò non avere niente da dire. Poi prese fiato.
“Hai salvato tante vite da allora. Ottavia non può non considerarlo…”
Ottavia. Solo pensare a lei le stringeva il cuore in una morsa da togliere il fiato. Perché ciò che avevano condiviso in quegli anni era stato vero. L’aveva amata fin dal primo momento in cui l’aveva scorta, sugli spalli dell’Ovestvallo, e – gli Astri la maledissero – l’amava ancora, e in tutto quella frana che aveva scosso la tua esistenza, la cosa che proprio non riusciva a sopportare era di averle arrecato altra sofferenza.
Cristilde scosse stancamente la testa. “Per lei sarei dovuto morire quella notte, gettando me stessa nel pozzo. Eppure, ora che rivedo finalmente quel momento con mente più fredda, capisco che la morte sarebbe stata soltanto un’altra fuga, e il coraggio è stato andare avanti ogni giorno, salvando vite per espiare quelle che ho tolto, combattendo al suo fianco, desiderando di poterle dire la verità, o di cambiare il passato… Ma non posso cambiarlo!” emise un abbozzo di risata priva di allegria “Buffo. Avevo giurato di seguirla fino ai confini del mondo. Di guarire le sue ferite, perché potesse continuare ad abbattere i suoi nemici. Forse in qualche modo era la mia salvezza e la mia maledizione. O forse soltanto un’altra buona intenzione, e hai visto le conseguenze che ha portato a entrambe. Che ha portato alla masnada!”
Cyra parve voler insistere, poi si aggiustò meglio la liutarra tra le gambe.
“Nessuno del Crepuscolo si è schierato dalla tua parte? Nessuno ha scelto di seguirti?”
Cristilde ripensò a Greg, che aveva appena perso Vinicio per la seconda volta, e che aveva altri compagni che non poteva perdere. A Gig, che a giudicare dalla sua espressione poco sorpresa doveva aver già immaginato una parte di verità con la sua mente acuta. A Feris, sempre pacata e razionale in ogni situazione, che solo negli ultimi tempi era riuscita a superare le sue ansie e finalmente aveva cominciato a integrarsi con il resto del gruppo. E infine ripensò a Xorba, che restituendole la collana – il loro pegno – le aveva confessato di non essere abbastanza forte, senza capire che era proprio quella la sua forza, e il motivo per cui la cerusica la amava.
E Ottavia, ovviamente. L’Alfiere aveva più bisogno di loro che lei.
“Non gliel’ho chiesto” rispose semplicemente “Tra loro ho compagni, amici, e forse avrei potuto avere anche…” scrollò la testa, come da liberarsi da idee a cui ormai non aveva più alcun senso aggrapparsi. “Perchè avrei dovuto complicar loro la vita?”
Perché avrebbe dovuto spezzare il cuore del Crepuscolo più di quanto avesse già fatto?
“A volte un fardello è più leggero se condiviso.”
“Il fardello che porto è solo mio. In qualche modo, il ritorno dell’Immacolato nella Scacchiera è una mia responsabilità. Quindi spetta anche a me combatterlo, o almeno morire nel tentativo.”
“Non mi pare una possibilità così remota” commentò Cyra, gonfiando le guance per la frustrazione “Adesso è la Novella Signora… aveva la tua voce, sai, quando si è manifestata davanti a noi.”
La notizia ebbe il potere di far rabbrividire Cristilde, nonostante il calore delle fiamme.
“Se ne è andato cianciando riguardo al fatto che ha ancora un volto da riprendersi.” ribadì la barda.
Cristilde si limitò ad annuire in silenzio, e alla fine Cyra sbottò: “Insomma, hai capito o no che l’Immacolato vuole farti la pelle? O se hai una spiegazione migliore per le sue ultime minacciose parole…”
“Non posso tornare al campo” tagliò corto la cerusica “Nè a quello del Crepuscolo, né dalle altre masnade. Ottavia mi ha ufficialmente scacciato… e almeno questo glielo devo.”
E non era sicura di avere il coraggio di riaffrontarla. Di affrontare l’odio e il disprezzo con cui l’avrebbe guardata.
Un disprezzo che era lo specchio di quello che provava per se stessa.
“E preferisci startene da sola nelle caselle alla mercè di chiunque?” insistette Cyra.
“Sono comunque un soldato. So badare a me stessa.” Il suo sguardo si abbassò sul ventre della barda e il suo tono si addolcì. “E tu hai qualcun altro a cui pensare. Mi dispiace, avrei voluto farti le mie congratulazioni in un altro momento e in un altro luogo. E magari essere al tuo fianco, quando il bambino nascerà.”
Cyra aveva gli occhi pericolosamente lucidi. Quegli occhi brillanti e acuti che sapevano sorridere meglio di qualsiasi labbra.
“Mi terrò in contatto, va bene?”
“Mi farebbe molto piacere.”
“Be’, tanto lo farei comunque” borbottò Cyra, fintamente burbera.
“Ho anche un favore da chiederti.” Cristilde ci aveva pensato a lungo. Arrotolò la pergamena stropicciata che teneva in grembo e la porse come alla barda. “Puoi farmi da messo?”.
Il Cadetto dello Spiantato annuì, ascoltò a chi fosse indirizzata quella lettera e quindi la fece sparire in una delle sue tante tasche. Poi si passò il dorso della mano sugli occhi.
“Senti, ti andrebbe di cantare qualcosa intorno al fuoco, prima che torni al campo? Come ai vecchi tempi?”
Cristilde sorrise. “Posso scegliere la canzone?”
“Basta che non sia Cyra la Gazza, Cyra la Bona!”
La cerusica portò le ginocchia al petto. “Pensavo più a Terre Selvagge. La componesti quando eravamo appena giunte tutti nella Scacchiera, e alla fine, per quanto ti piacesse, l’abbiamo cantata così poco di fronte alle masnade… Ma ci credevo davvero, sai? Credevo davvero che, oltre il muro, il passato non contasse più niente, e che potessimo essere padroni del nostro futuro…”
La sua voce si spense in un sussurro, cullata da un accordo gentile della liutarra, mentre invece quella di Cyra cominciava a cantare:

Ora vi racconterò
Delle terre selvagge
Luogo inospitale
Terre da esplorare
Lontani da casa
Lontani dal mondo
Ove qui si perde
Ogni ora o secondo
Nelle terre selvagge

Domani
avremo la fama
avremo la gloria
saremo padroni del nostro fio
qui nelle terre selvagge
Domani
oltre i confini
oltre il muro
saremo padroni del nostro futuro
qui nelle terre selvagge.

Ci sono pochi posti
Sicuri in questa terra
Si chiamano vichi
E non c’è mai una guerra
[risatina di entrambe al ripensare come erano state ingenue in passato]
Qui puoi trovare
Ogni tipo di gente
Dal nobiluomo
fino anche al pezzente
Ma il passato non conta niente

Domani
avremo la fama
avremo la gloria
saremo padroni del nostro fio
qui nelle terre selvagge
Domani
oltre i confini
oltre il muro
saremo padroni del nostro futuro
qui nelle terre selvagge.
Nelle terre selvagge…

Nei miei pensieri
E nella mia mente
Vedo un nuovo posto
Dove vivere felice
Magari assieme a te

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