Giuro, spergiuro, m’entrasse un topo in culo, mezzo fuori e mezzo dentro ecco fatto il giuramento!
Giro la testa a guardare sorpresa la provenienza di questa filastrocca, due bambine con occhi neri come l’ossidiana e capelli lisci come le piume di un corvo, vestite come due piccole campanule, corpetto verde e gonna gialla, si tengono per il mignolo e si guardano fisse come se ne andasse delle loro vite mentre dondolano le mani avanti e indietro a suggellare la solennità dell’evento. Sicuramente sono sorelle, o almeno lo sembrano.
Mi scappa un sorriso a mezza bocca, reprimo la risata che mi era nata in gola, non sta bene turbare la solennità di quel momento, lo capisco pure io. Mi ricorda…
Una fitta alla tempia. Come un ago rovente.
Lo sfarfallio del sole tra le foglie muove le ombre, un profumo improvviso di mirto… no ti prego, non col sole, non in mezzo alla gente, fa’ che non arrivino.
La vista inizia già a fare scherzi, la testa pulsa, devo trovare un posto tranquillo, ora, adesso, subito. Mi appoggio al muro di una casa e con la mano lo seguo fino a svoltare in un vicolo deserto.
Meglio non far sapere che vedo i miei cari estinti. La gente tende a pensare che io sia pazza. In tutto l’accampamento solo due persone sanno, sapevano, anzi ora lo sa solo Odile.
“Ridi, ridi, intanto avevi giurato di non cambiare il tuo nome, per quello hai rifiutato di entrare nelle Fiere, gli hai detto che non avresti lasciato l’unica cosa che ti era rimasta della tua famiglia”
Le viscere si ritraggono, ma non si può scappare dalla verità.
“È vero Madre”, mormoro, sperando di non farmi sentire da nessuno. Ora per tutti sono Ghianda
“Eh già, giusto una ghianda tu sei, bòna per farti mangiare il capo dai maiali, dico io, lo sapevano in due, quella che lo sapeva e ti ha protetta dalla tua Masnada col fatto che il cerusico un pòle dì nulla della salute della gente, e l’hai fatta andare via da sola soletta sembra. Sei taaaanto brava tu eh, Ghianda vero, ti fai chiamare adesso? Tutte le tue ciance, poi dopo tutte le volte che ti ha aiutata il coraggio di aiutare Cristilde, o come si chiamerà adesso, non l’hai trovato eh? Comunque non che me lo aspettassi” La voce roca di Sorella Ebe la canzonava con malizia.
Le lacrime offuscano di nuovo gli occhi, come nella terribile scenata della radura, dove ancora una volta non era riuscita a fare nulla per evitare il disastro. Non aveva protetto le sue sorelle. Non aveva protetto Cristilde dal suo passato dimenticato. Non aveva protetto Ottavia dal dolore e dal tradimento. Non aveva protetto proprio nessuno. Aveva fallito di nuovo. Istintivamente cerco Vinicio, ma dagli eventi terribili in cui lo avevo perso di nuovo, non si era più mostrato. Non ho protetto neppure lui. Di nuovo.
“Aveva francamente rotto il cazzo, quel Vinicio, bene che si sia cavato dai coglioni, e comunque due su due amiconi con un passato niente male, c’è da aver paura a rimanerti simpatici. E poi razionalmente spiegami bene bene bene, ma bene parecchio, che stracazzo saresti andata a fare al giro, in due, con una capacità offensiva ridicola in un posto pericoloso come la Scacchiera tra l’altro con una che ha portato la maschera dell’Immacolato e che ti può ammazzare o con l’ascia o con un decotto a seconda di quel che si ricorda, tanto sai una sega te cosa ti dà? Ti puzza così tanto campare?” commenta Silia con la solita pagliuzza nella bocca squarciata dal colpo di scure.
“Ha detto avrebbe cercato il figlio di Amanita… ha cercato di rimediare… non ricordava nulla della sua vita passata…ha scelto di smettere di essere l’Immacolato…eppure la perdita della memoria…le cose belle che ha fatto per noi, con noi…i suoi sacrifici, il suo dolore, il suo impegno…non sono valsi a nulla…come Vinicio…nel Crepuscolo ci sono molte cose… le seconde opportunità non sono tra quelle…non mi sono sentita di lasciarla andare da sola senza sapere che avrebbe fatto…come farà, è senza protezione…ma come facevo ad andare con lei… non ha nessuno…” il rimorso le stringeva lo stomaco in una morsa, la gola contratta nello sforzo di trattenere il pianto.
“Ho apprezzato il gesto, sai, alla fine è un atto di coraggio, le hai dato uno dei due talismani con l’albero… adesso saprai sempre dove è, e cosa le succede… il piccolo problema è che, come ben ricordi, sentirai anche i suoi dolori… come hai sentito il respiro sparire e le forze abbandonarti, quando hanno abbandonato me” le parole benevole si spandono come un dolce balsamo sul cuore spezzato, mentre la pacifica Elithìen la osserva con la consueta equanimità, con la bocca atteggiata in un lieve sorriso sospeso a solo qualche centimetro dalla gola squarciata.
“Le ho dato il mio, Maestra, il tuo resterà sempre con me”, sussurro mettendo finalmente a fuoco il vicolo, mentre le lacrime si seccano e tirano la pelle sulle guance.
Le bambine passano di corsa ridendo e tenendosi per mano, non fanno caso a me, appiattita contro il muro, portano con sé la luce e l’allegria, come un frullio di farfalle donano colori meravigliosi al vicolo, e poi spariscono girando l’angolo accompagnate dalla loro risata argentina.
Giuro… spergiuro…
Ho giurato fedeltà al Crepuscolo, ho mantenuto la promessa, eppure la mia oncia di carne è stata già strappata dal mio cuore.