Baba
Il cielo grigio, ormai, fa da sfondo a tutte le giornate, che proseguono lente, una dopo l’altra. La bella stagione non sembra voler arrivare. Malusha è contenta di essere tornata con la sua carovana, da sua madre e Baba Josipina. Finalmente ha rivisto anche Yelena.
La frenesia dei giorni passati è finita, almeno per adesso. La scissione delle casate Sathoriane, l’apparizione del sesto folletto, altre morti sulla strada…
Baba. A che serve?
Malusha non si sente baba nemmeno un po’.
Sembra tutto lontano, adesso, ma lei sa benissimo che non è così. Non appena si intravede un minimo spiraglio di luce, l’ombra è lì, pronta a divoralo. Al solo pensiero le viene la pelle d’oca. Come può un ricordo essere ancora così vivido?
Lo studio alla Magione della Mandragora era stato straziante. Quante ore era stata costretta a tenere la faccia dentro libri polverosi, lontana da tutto? Parevano anni. E invece era stato solo un mese. Un mese folle, un mese di torture, di lacrime e di sacrifici. Un mese sotto le grinfie di un mostro, un uomo che nulla aveva di umano, che tutto quello che riusciva a fare era spremere l’anima dei suo discepoli e renderla inerte e vuota.
Però….le manca. C’è qualcosa che le manca.
Era stata un’esperienza sconvolgente, i primi giorni le erano sembrati infiniti. Era valso a qualcosa?
L’arte imparata aveva dato qualche frutto….
Ma non era abbastanza e, nonostante si fosse sentita gettata in un cesto pieno di serpi, era però rimasta affascinata da…da?
Sera
Malusha guarda i falò accesi intorno al campo. Hanno un che di spettarle con la nebbia che li avvolge.
La sera è la chiave di tutto. Il momento del vespro è il suo preferito poiché sembra di camminare sul filo di un rasoio, in mezzo a due mondi. C’è sempre un attimo in cui pare che gli ultimi raggi sanguigni del sole possano davvero sconfiggere le stelle. Ma non accade mai. Per fortuna.
E dopo la sera viene la notte.
Malusha non riesce più a dormire. Per lo meno, non bene come un tempo. Ci sono delle volte in cui rimpiange le tre vecchie…le viene quasi da ridere.
Ogni volta che chiude gli occhi le si parano davanti figure inquietanti, sgraziate, sofferenti che la implorano di liberarle dall’agonia che le pervade. Mani mozzate che le toccano il viso, donne gravide che annegano in un lago di sangue, mostri metà uomo e metà bestia che divorano gli altri e divorano se stessi. Figure orrende che dondolano di qua e di là e che Malusha osserva, inerte. Non può far nulla se non guardare e, a volte, piangere. Spesso nel dormiveglia, le pare di udire un respiro rauco e inumano che pervade la stanza. Altre volte sembra un canto mostruoso, altre il pianto di un bambino. Le rare volte in cui il sonno arriva, è costellato di incubi che poco si discostano dai sogni ad occhi aperti.
Amore
Solo ogni tanto gli incubi non arrivano. Ogni tanto la lasciano in pace.
In questi casi, Malusha tira fuori da sotto il cuscino uno dei disegni trovato in uno dei tanti libri studiati alla magione Malinverni: immagini di folle pazzia e perdita della ragione, immagini di morte e torture. Alla flebile luce del lume accanto al letto, rimane per interi minuti a fissare quella piccola pagina, presa senza permesso e custodita gelosamente. Quando non riesce a ricordare ha bisogno di vedere. Negli occhi sta la chiave di tutto. Si deve vedere la paura, devi sentirla penetrare dalle pupille, arrivare al cervello e subito al cuore, che comincia a battere all’impazzata.
Lo stomaco si chiude, le mani tremano. Ma non puoi fare a meno di guardare, perchè vuoi guardare.
Questo è stato, alla fine, il regalo della mandragora che, anche stavolta, ha portato l’amore: l’amore per l’oscurità, l’orrore e il potere. La maledetta ombra non è mai lontana. L’altra metà del mondo è fatta d’ombra, le persone sono fatte d’ombra. L’ombra è dentro chiunque, è dentro Malusha, è dentro sua madre, è dentro gli alemariti, i sathoriani, è dentro al più caritatevole dei sacerdoti come al più malvagio degli stregoni. Ed è sublime, splendida nel terrore che suscita…