Breve Intermezzo

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-Malusha…
Il nome, proveniente da una voce a malapena udibile, giunse alle orecchie della ragazza all’improvviso.
– Uhm … ma chi è?
– Maluuusha…
Di nuovo. Da dove proveniva? Eppure non c’era nessuno oltre a lei in quella radura. Anzi, ora che ci faceva caso, c’era la desolazione più completa. Solo una lieve brezza smuoveva l’erba rinsecchita ai suoi piedi, ma anche questa pareva non creare rumore. Ovunque la ragazza si girasse non riusciva a scorgere nessuno, men che meno ad associare un volto a quel sibilo. Eppure … eppure c’era qualcosa di familiare nel tono… – Hey, Malusha … perché non mi rispondi? Non mi vuoi più bene? Non si salutano più gli amici?
– Ma … chi sei? Non ti vedo … come faccio a salutarti se non ti fai vedere …
– Come non mi vedi? Eppure sono proprio … QUI!
Un rumore alle spalle. Malusha si voltò di scatto. Davanti a lei c’era Carambola. Il volto era ridotto ad una maschera di sangue. Pezzi d’osso sporgevano dalla fronte spaccata e qualche dente si intravedeva tra la mandibola frantumata e i brandelli di carne delle guance. L’occhio destro pendeva mesto sullo zigomo distrutto mentre l’altro, ancora vigile, era fisso su quelli della ragazza. A Malusha mancò il fiato anche per gridare.
– Vedi cosa mi hai fatto?! Vedi cosa è successo?!Per colpa tua mi hanno ridotto così, brutta stupida! Per colpa tua ora non sono che un mucchio di ossa putride! – l’halfling sbraitava sbracciandosi e, sputando qua e là goccioline di sangue e saliva, si avvicinava sempre di più al viso della ragazza – Non mi prendi più in giro ora? Non ti lamenti più perché parlo troppo, o rido troppo o faccio casino?? Perchè non ridi? Perché non ridi più di ME??!!
Con uno scatto, Malusha si svegliò, madida di sudore, all’interno della soba. Sembrava non riuscire a riprendere fiato. Era già la seconda volta che faceva un sogno simile, solo che nel primo c’era Gorav al posto di Carambola, con il volto insanguinato. Almeno lui si era salvato. La ragazza respirava affannata, seduta sul letto. Nel girarsi per controllare il braccio rotto, che ancora le doleva, posò lo sguardo sulla pala, appoggiata ordinatamente in un angolo. Un raggio di luna, sottile e delicato, faceva brillare appena la lama, lucida e affilata. Non sapeva chi l’avesse ripulita dal sangue e dal resto, ma le era immensamente grata. Non ce l’avrebbe fatta da sola. I suoi pensieri furono interrotti dalla madre Lhucretia, che si affacciò alla tenda colorata che divideva le stanze.
– Ancora brutti sogni Malusha?
– Già … non riesco a togliermelo dalla testa. E io nemmeno l’ho visto. Non ho nemmeno fatto in tempo a salutarlo. Non ho potuto neanche seppellirlo!!
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime.
– E’ morto per colpa mia! Quella bestia ha usato la mia pala! Se fossi stata più attenta, se non mi fossi fatta prendere, non sarebbe venuto a cercare di salvarmi!
Tra le lacrime, le parole uscivano impastate e appena comprensibili. La madre, che si era fermata ai piedi del letto, nascosta un po’ dalla penombra, si sedette accanto a lei cercando di consolarla.
– Shh, shh adesso calmati … so che fa male perdere una persona vicina … ma non puoi incolparti per quello che è successo. È stata una sua scelta quella di combattere e tu non potevi fare nulla per salvarlo.
Malusha respirò profondamente, rimanendo in silenzio per un po’.
– E poi – continuò la madre, accennando un sorriso – non è decoroso per una Baba lasciarsi andare così.
Sorridendo, la donna accarezzò lieve la guancia di Malusha, che però non rispose al sorriso.
– E se non fossi pronta ? E se questo fosse stato un segno della sorte? Magari qualcuno ha voluto avvertirmi che sto percorrendo la strada sbagliata … che non sono degna di diventare un bel nulla! – … guardami Malusha. Credi davvero a quello che hai appena detto?
– Non lo so. Non so più a cosa credere. Sembra che qualsiasi cosa faccia, anche se buona, sia accompagnata da un mare di disgrazie. Mi sento fuori luogo. E fuori posto.
– A si?… E dove vorresti essere invece che qui?
Malusha non rispose. Non sapeva nemmeno lei dove avrebbe voluto o sarebbe dovuta essere. Per ora voleva solo dormire. Si accomodò sotto le coperte che la madre aggiustò amorevolmente. Prima che Lhucretia uscisse dalla stanza, la voce della figlia la raggiunse ancora una volta:
– Magari … hanno ragione loro, mamma. Magari, alla fine, loro sanno già tutto. Sanno cosa devo fare. – Loro chi, Malusha?
– … le vecchie.
Detto questo, la ragazza si addormentò. La madre, sospirando, si girò per tornare nelle sue stanze. Scostando la tenda, un po’ di luce della notte le illuminò il volto, sul quale apparve, per un istante, un lieve ghigno. I denti erano gialli e radi. Di colpo la pelle pallida della donna apparve rugosa e scura, i suoi abiti sembravano neri e lisi, intrisi di pioggia. Con passi veloci corse fuori dalla soba. All’esterno, altre due figure ricurve e scure la stavano aspettando, per poi scomparire insieme nel buio.
Dall’altra parte della tenda, Lhucretia si agitò nel sonno, svegliandosi, disturbata da un forte odore di muschio e marciume che aleggiava nella stanza.
– Chi c’è? – Chiese.
Dal buio, nessuno rispose.

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