Il sole era quasi calato all’orizzonte, tre ombre si stagliavano ormai lunghissime verso il levante.
Era stata una giornata dura, sia dal punto di vista fisico che mentale.
Erano stati salutati al momento del congedo, da un manipolo di alemariti. Come sembravano falsi alcuni di quei saluti; falsi quanto il pensiero di aver trovato tre nuovi brat.
Magari in un’altra vita.
Magari se il nostro sventurato passato non ci avesse portato così vicino al Deserto Nero.
Magari a quest’ora saremmo in un comodo vagon, ricco di comodità, invece che a pestare con i nostri passi furenti, queste terre.
O forse no?
Magari saremmo potuti essere a terra, riversi in pozze di sangue come coloro che ci avevano attaccato per tutto il dì.
Saremmo potuti essere lì a berciare il nostro struggimento, la nostra difficoltà a sopravvivere.
Avremmo anche noi narrato gli sguardi di odio misto a paura, di intolleranza mista a preoccupazione.
Di ignoranza.
Ma noi quel giorno non siamo morti. Quel giorno siamo rinati a nuova vita.
Abbiamo costruito il nostro futuro in silenzio. Senza incolpare l’idiozia degli altri. Senza piangerci addosso.
Avevamo trovato la nostra via. Con l’aiuto degli Astri, della Natura e i suoi servitori e della ricerca in Noi stessi.
Ora venivamo apprezzati perchè il nostro intervento si era rilevato fondamentale per la salvezza di una petulante alchimista.
Ma prima?
Coloro che ci accusavano di essere troppo inflessibili e violenti con gli abitanti delle valli barbariche, ora torturavano i nostri simili.
Guerrieri in armature scintillanti, cercavano di estorcere informazioni a disperati incompresi dal mondo con ogni mezzo.
Benvenuti ad Alemar! Terra dei figli della grande via!
Almeno non paventate dinnanzi agli altri le vostre grandi qualità quando in casa vostra vi comportate esattamente come chi disprezzate e demonizzate.
IPOCRITI.
Noi siamo uomini liberi. Che sopportano le conseguenze delle loro scelte. Che si comportano come meglio credono.
Non siamo soldati. Non siamo leccapiedi di nessuno. Non serviamo nessuno.
Che sia una maschera e un colbacco, una parrucca e un libro o un ammasso di sonagli e stoffa rossa.
Il nostro stato ce lo siamo guadagnato dopo anni di schiavitù, anni di mera sopravvivenza.
Adesso siamo VIVI.
Strano pensare a quanto sia più vivo un mezzo morto come noi, piuttosto che un cane servo delle contee.
Quanto i veri schiavi non sono quelli in catene, ma quelli che, erroneamente, pensano di essere padroni di se stessi.
Un giorno se ne renderanno conto… Ma sarà troppo tardi.
E noi? Dove saremo domani? Cosa faremo?
Non pensiamo al domani. Pensiamo all’oggi. All’ora.
Ora… Ora viaggeremo verso ovest.
Un altro giorno passato.
Un altro giorno terminato da uomini LIBERI.