Appel du vide

Share Button

 

Mi guardo attorno: le spalle della gente che conosco, curve e immobili, di un’immobilità innaturale, un silenzio inquieto. Il sole non risplende, né brucia – è una luce stagnate che rimane ignorata. Un dio che parla, e noi che non rispondiamo.

Non capisco: come siamo arrivati a questo punto? Io non so molto di dèi ed imperatori… non mi sono mai interessati, perché così lontani, lontani ed indifferenti. Non mi hanno mai aiutato a vivere, né me l’hanno impedito. Perciò non mi ha scalfito la vista di un angelo o di un dio… ma poi ho visto Vivi piangere e ho capito. Ho visto l’Arconte stordire JeanClaude, di soppiatto in mezzo alla folla, ed ho capito. Perché quelli lassù, che vivono oltre le nuvole, che non piangono né ridono, li interpreto. Questi quaggiù, invece, li sento.

Ora, capisco. Però capisco dentro, di nascosto; mentre il mio corpo rimane altrettanto immobile.

Una sola cosa so per certo: nessuno voleva vivere questo momento. Chi per paura, chi per strazio.
Nemmeno quell’essere lassù, credo, volesse entrare nelle nostre vite e ribaltarle. Ma l’ha fatto, perché poteva. Ha seminato il dolore al suo arrivo, ed il dolore è sbocciato alla sua partenza.
Non posso piangere quelle donne, perché non ho lacrime in corpo: solo veleno. Ma quando quell’essere ce le porta via, tutto di spezza.
Anche la mia convinzione. Pensavo di non essere niente per nessuno, ma scopro che loro per me erano qualcosa – la verità, Fey, è che pensavi che restare al fianco di una sconosciuta in mezzo a una battaglia ed esserne ringraziata, domani contasse niente per te. Ti sbagliavi.

Se solo non le avesse portate via, avremmo potuto fare come ci dice lui: offuscare, seppellire, distorcere, dimenticare questo giorno e la sua memoria; farne un sogno inquieto che evapora alla luce del sole. Saremmo potuti andare avanti come se niente fosse successo, correggere il nostro percorso ed alleggerire il passo per confondere le impronte. Sarebbe stato facile, regalare altri ricordi alle nebbie del laudano.

Ma una macchia di sangue che si allarga sul petto adesso cattura subito lo sguardo e impedisce di vedere il resto. Adesso ad ogni passo sentiamo la vertigine del vuoto, del piede in fallo, il terrore di cadere che ti sveglia di soprassalto. Non posso dormire. Non posso sognare.
C’è una nuova ferita che incide queste parole: è tutto reale.
Una mancanza che non si può riempire. L’aria che non torna nei polmoni. Lo smarrimento quando un nome ti sale alle labbra e la consapevolezza gelida che nessuno risponderà te le serra ed inaridisce.

La speranza mi lascia prima che mi renda conto di averla avuta, perché ho capito: non saremo mai liberi. Non saremo mai che vermi schiacciati dal peso di dover sopravvivere. E chi dobbiamo essere per sopravvivere non ha niente a che fare con chi siamo veramente: solo loro, solo quelle quattro sono veramente se stesse. Fino alla fine.

È dunque questo il prezzo della libertà vera? Disprezzo, calunnia e morte?
È caro… ma non troppo, caro.
Perché in fondo non riesco a non pensarlo: il mio cuore brama un motivo per morire.

Share Button

Commenti

commenti

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.