La mente del cavaliere non era più annebbiata dei fumi dell’alcool e, grazie ad un tonico fornitogli dalla sua stessa corte, era riuscito alfine a riprendere lucidità. Chiarendosi le idee dopo un buon calice di acqua fresca, Nathan tornò a sedersi nel suo scranno, per rivolgere parola ad Alan.
“Ehi vecchio, temo che si sia fatta l’ora di andare. Non nego che sia stato piacevole ritrovarsi a passare del tempo in spensierata compagnia, anche se in effetti con te non si può parlare di compagnia.” Disse con un ghigno.
Alan fece spallucce evitando di rispondere a tono al cavaliere.
“Ecco vedi, mi riferisco proprio a questo.”
Alan si alzò dalla sedia e raggiunse il resto della delegazione sbuffando palesemente per farsi sentire da Nathan, che dal canto suo scoppiò in una risata rumorosa.
Ma quando la Frenhines attirò l’attenzione dei presenti, Nathan soffocò la risate e si mise in ascolto.
“Ringrazio tutti coloro che questa sera hanno preso parte al Certamen e ci hanno deliziato con le loro esibizioni. Se i presenti me lo concederanno concluderei la serata con un tipico ballo che i figli dell’Orsa conoscono bene.”
Nathan riconobbe subito la melodia e gli suonò così familiare da non poter fare a meno di rievocare i ricordi che gli richiamava alla mente, di quella volta in cui più di ogni altra aveva danzato e riso su quegli stessi accordi. E si rattristò del fatto che la compagna di allora fosse ormai così lontana, anche se nella realtà di quella sera solo pochi passi li dividevano. Nonostante fossero trascorsi tanti anni i ricordi erano ancora così vividi nella memoria del cavaliere: forse perché gli capitava spesso, più spesso di quanto non fosse disposto ad ammettere, di tornare col pensiero a quei lontani momenti che aveva condiviso con la Rossa Logan.
Un tempo con la Duchessa aveva condiviso tutto, gioie, dolori, passioni, ed ora quella dolce ragazza che viveva nei suoi ricordi sembrava sparita, forse indurita dalle eccessive responsabilità. Nathan ormai non riusciva più a leggerla come un tempo: gli sguardi di lei, che ad altri potevano sembrare sereni e nostalgici tradivano invece qualcosa di più profondo, qualcosa che lui, però, non riusciva più a decifrare.
La melodia stava alfine volgendo al termine e il prode Cavaliere approfittò del momento euforico delle danze per alzarsi dal suo scranno e andarsene. Nessuno sembrò accorgersene, forse tutti troppo presi dai balli o dalla canzone, ma per qualcuno non fu così: due occhi curiosi scrutarono avidamente la folla e quando incrociarono finalmente quelli di Nathan, occhi verdi, profondi, bastò un solo sguardo per riscaldargli il cuore. Il Cavaliere non poté che ricambiare con un tenero sorriso e un leggero cenno del capo.
La donna dopo averci scambiato alcune parole concitate, prese congedo dal suo cavaliere, un individuo per bene che portava il nome di Aiden: Nathan gli aveva più volte lanciato occhiatacce torve, ma ad essere onesti sembrava invero degno di fiducia.
Osservò Logan raggiungerlo a grandi passi e quando questa non gli fu vicina il Cavaliere le si inchinò cortesemente.
“Mia Signora, credo che sia giunto per me il momento di prender congedo…” ma la Duchessa non lo fece terminare: lo invitò ad alzarsi e, presogli il viso tra le mani, cominciò a scrutarlo con aria preoccupata.
“Nathan, stai bene? Mi hanno appena informata, ma cosa diamine hai combinato?” gli occhi della fanciulla tradivano un’ansia malcelata.
“Mia Signora, non vi preoccupare, ora sto meglio: ho accettato molte bevute stasera, forse una di troppo. Non sono più abituato a serate come questa e per gli astri se questi uomini sanno come ci si diverte!” rispose il cavaliere incerto, ma dopo qualche istante di silenzio aggiunse, nel più sincero dei modi “Andiamo, Logan, mi conosci! Il più delle volte ero inebriato dai fumi dell’alcool in tua compagnia… ricordi?”
“Ero giovane e sciocca” tagliò corto la Duchessa e lasciò andare il volto del mezz’elfo.
“Se vi sentite trascurata posso bere qualcosa anche con voi…”
Nathan riuscì a strappare un sorriso alla Frenhines e questa non poté che coprirsi il volto con una mano per nasconderlo.
“Nathan… Queste facezie non si addicono ad un Cavaliere ne tantomeno ad un Frenin…”
Nathan incassò il colpo e sorrise.
“Ad ogni modo, prenderei congedo: volete accompagnarmi ai miei alloggi, Sir?” riprese la Duchessa e il suo tono formale cozzò apertamente con lo sguardo malizioso che aveva indirizzato al cavaliere.
Nathan le porse la mano e attese che questa l’afferrasse.
“Non permetterei a nessun altro di farlo.”
Camminarono lungo i grandi corridoi della Magione dei Sodali e nessuna parola fu detta durante tutto il tragitto: i due si scambiarono solo un paio di sguardi imbarazzati mentre ancora i rumori della festa salivano da basso. Quando arrivarono innanzi alle stanze che le erano state assegnate, la Frenhines prese a parlare in modo impacciato:
“Bene…Ehm, sono arrivata, grazie…Sir” Logan tacque per qualche istante, come se non sapesse se proseguire, poi alfine si decise “Nathan fai attenzione! Qua fuori sembra di stare in mezzo a una guerra: questi fantomatici Magi e i loro “accoliti”, i barbari fuori controllo… Resta ancora un po’, almeno fino a quando la situazione si sarà fatta un po’ più tranquilla”.
“Vi preoccupate per la mia sorte? Ne devo dedurre che tenete ancora a me?” chiese Nathan con tono allusivo.
“Ho sempre tenuto a te…” disse la donna paralizzata, quasi meccanicamente. “Sempre…E mai…” La Frenhies sembrò interdetta ma non ebbe modo di reagire che il Cavaliere le si era inginocchiato con fare solenne: le baciò delicatamente la mano e sorresse lo sguardo esterrefatto di lei, senza esitazione.
“Siete il solito sciocco. Buonanotte Sir!” disse indisposta Logan, entrando senza aggiungere altro in camera e sbattendo la porta dietro di sé.
Nathan non ne fu certo, ma gli era sembrato di aver visto il volto della Duchessa diventar dello stesso colore dei capelli. Sospirò e si voltò per andarsene: uscì dalla Magione e attraversò il cortile esterno. Il Cavaliere ignorava che due limpidi occhi verdi lo stessero scrutando da una finestra a Nord della magione: lo seguirono sinché la sua figura non si perse oltre il cancello principale, inghiottita dalla notte e dalla fitta boscaglia…
[…]
“Ahhh! Scotta dannazione!”
Sbraitò il Cavaliere mentre ritraeva la mano della pentola sul fuoco.
“Stramaledetta sia la mia linguaccia: chi me l’ha fatto fare di venir via prima della conclusione dello stramaledetto Conclave. A quest’ora potrei gustarmi un buon pasto caldo, magari servito da qualche Lady dal cuore tenero suscettibile al fascino di un prode cavaliere come il sottoscritto.”
Nathan concluse il suo sproloquio scoppiando in una rumorosa risata.
“ Va bene, va bene vediamo di far il serio e recuperiamo un po’ di forze.”
Il cavaliere prese una porzione di stufato fumante che ancora ribolliva sul fuoco.
“Non sarà un desco da re, ma sembra dannatamente buono!”
Una volta terminato il pasto frugale, il Cavaliere si andò a sdraiare nella parte più aperta delle radura che permetteva, col favore dell’oscurità, di osservare la volta celeste: lì rimase, solo, con la mera compagnia delle braci scoppiettanti.
“E’ qualche ora ormai che cammino tra questa boscaglia e devo dire che la premura che la dolce Logan ha avuto nel mettermi in guardia su questi luoghi era mal riposta… Beh tanto meglio, meno problemi per il sottoscritto.”
Il Cavaliere rimase sveglio per quasi tutta notte, intento a ripensare alla piacevole giornata e alla dolce compagnia, quando, grazie al suo fine udito, avvertì degli strani rumori del bosco che lo fecero drizzare in piedi. Rapidamente Nathan si spostò verso le braci ancora accese e con della terra le spense, per evitare che qualcuno seguisse i suoi movimenti: in poco tempo i suoi occhi si adattarono al buio e anche così, dunque, il Cavaliere era un temibile avversario da fronteggiare. Rapido e silenzioso si mosse come un’ombra tra gli alberi, sguainò la sua grande spada, che illuminata dalla luna sembrava ancora più grande e temibile, e scomparve nel folto della foresta. Avanzando tra gli alberi il cavaliere scorse delle deboli luci che riconobbe man mano che si avvicinava come delle torce: un piccolo gruppo di individui si era riunito nel sottobosco. Nathan rapidamente cercò riparo, trovandolo al fianco di una grande quercia cava e da lì osservò il gruppo. Erano uomini dell’Ovest, i loro abiti scuri e i turbanti li tradivano “Ma cosa ci faranno qui?” pensò il Cavaliere; gli individui, dal canto loro, continuarono la loro avanzata senza accorgersi di essere osservati.
“Dove saranno diretti? La faccenda non mi quadra e in quella direzione c’è soltanto…”
Nathan non ce la fece a terminare il pensiero, notando che il gruppo si era arrestato a quello che sembrava il limitare della boscaglia. Si trovavano su un piccolo promontorio che dava su una valle illuminata da delle luci e a quel punto le preoccupazione di Nathan vennero confermate: “Venceslot. E’ lì che sono diretti, ma sono pochi: esploratori. Devo muovermi, più celere di quanto io non sia mai stato” pensò il Cavaliere e voltandosi per tornare indietro spezzò un secco ramoscello: il rumore che emise fu lieve, ma nel silenzio della notte suonò come un tuono. Immediatamente il gruppo fu messo in allarme e rapidi due di loro si inoltrarono nella boscaglia. Nathan si avvolse nel suo ampio mantello scuro e si appoggiò ad un albero diventando difficilmente identificabile nella notte illuminata solo dalla luna: i due uomini gli passarono accanto, non notandolo, e non appena questi furono distanti si mosse rapido tra gli alberi diretto verso il sentiero che permetteva di scendere alla valle.
Lo raggiunse ma trovò il passaggio sbarrato: uno degli uomini si trovava di fronte a lui bloccandogli la strada.“Complimenti. Fareste invidia a una delle migliori Zanne del vecchio Alan. Non è da tutti cogliere di sorpresa questo Cavaliere.” Disse con un ghigno Nathan.
Un rumore come di ciottoli che rotolano attirò l’attenzione del Cavaliere che, voltandosi, notò che un altro uomo gli bloccava la fuga. I due rapidamente gli si scagliarono contro senza null’altro attendere…
“Vedremo chi la spunterà! In guardia feccia!” Fu un lampo, la grande lama vorticò in aria e arrestò l’attacco dei due. Cogliendo l’occasione il cavaliere si lanciò all’assalto e sfruttando la sua rapidità disarmò l’avversario: lo colpì quindi con il pomo della spada in volto e assestandogli una forte spallata lo fece stramazzare al suolo con il naso rotto e sanguinante. L’altro alle sue spalle vedendo il compagno avere la peggio s’accanì con rinnovato vigore sul cavaliere: riuscì a ferirne la carni, ma non abbastanza da abbatterlo, così Nathan fece nuovamente volteggiare la grande lama sopra la testa.
Il colpo arrivò violento, recidendo in profondità carne e ossa.
Sul volto del Cavaliere si dipinse un beffardo sorriso colmo di soddisfazione che tuttavia durò solo pochi istanti trasformandosi rapidamente in una smorfia di dolore: una freccia nera come la notte lo colpì passandogli la spalla da parte a parte.
La violenza dello strale spinse Nathan in ginocchio.
“Ma bravi… sono arrivati i rinforzi.”
Sui costoni di roccia il Cavaliere ebbe modo di notare i due uomini che si erano inoltrati nella foresta, archi tesi e pronti a finirlo. Un’altra freccia, questa volta gli attraversò la gamba.
Nathan respirava a fatica e le figure si facevano lentamente meno definite. “E’ dunque questa la fine?” chiese a se stesso e agli Dei alzando gli occhi al cielo.
Uno dei due arcieri dell’Ovest perse una torcia e scese lentamente il sentiero per avvicinarsi al Cavaliere. Nathan, sorreggendosi alla grande spada, osservò immobile i movimenti dello sconosciuto: questi, dal canto suo, avanzava flemmaticamente dall’ombra, in un susseguirsi di attimi che al Cavaliere parvero un’eternità.
“Beh, che dire? E’ veramente finita… credo che questa sia quella che molti menestrelli definirebbero la mia battuta d’uscita.” Due forti colpi di tosse mandarono in frantumi l’aria beffarda del Cavaliere che con ancora più forza si aggrappò alla spada per mantenere il giusto decoro.
A Nathan non rimase dunque che osservare l’uomo con la torcia avvicinarsi a lui, sempre di più… Fu un istante: forse un’allucinazione causata dal dolore, ma il danzare delle fiamme riportò alla sua mente il ricordo di fluenti capelli rossi. Una scintilla si accese nelle sguardo del Cavaliere e come ravvivato da un’ innaturale forza si alzò, fissando il suo avversario negli occhi.
“Virescit vulnere virtus! Deve ancora vedere la luce il giorno in cui io Sir Nathan della schiatta dei Kerr, Errante della nobile Spina d’Acciaio e protettore del Ducato, avrò a ceder il passo a vigliacchi e traditori del Regno quali voi siete! Avanti, in guardia! PER LA FRENHINES! PER GARDAN! BYDAND!!!”.
Il cavaliere si scaglio sull’uomo che lentamente stava estraendo la daga per finirlo, cogliendolo alla sprovvista. Fu un’istante: Nathan schivò il colpo, bloccò l’attacco dell’avversario e lo perforò con la lama. Poi, facendosi scudo con il suo corpo, evitò la freccia mortale proveniente dall’alto: poco dopo il cavaliere era scomparso, lasciando il corpo del suo avversario inerme al suolo.
Mentre Nathan avanzava nella foresta, sistemandosi alla bene e meglio le ferite subite, ripensò all’amuleto portafortuna che aveva smarrito e mai come allora gli fu chiaro che se in tutto questo tempo era sopravvissuto lo doveva solamente a se stesso e a qualcosa di più forte, qualcosa che anche nei momenti più buii riusciva a spronarlo ad andare avanti.
Questi erano i pensieri del Cavaliere mentre destreggiandosi nel fitto della boscaglia dava la caccia alle sue nuove prede…