Era pomeriggio inoltrato e un fastidioso venticello si stava alzando. Due figure molto diverse tra loro, erano ferme davanti alla grande magione. La dama, per paura di rovinarsi il trucco, si coprì il volto con un velo mentre la sua guardia del corpo si limitava ad abbassare la testa, quando qualche pulviscolo gli infastidiva gli occhi.
Erano passati diversi giri di clessidra da quando si erano recati la fuori. Entrambi, per la maggior parte del tempo erano rimasti in silenzio. Poi la curiosità prese il sopravvento sulla guardia.
“Mia Signora, chi stiamo aspettando?” Chiese inclinando leggermente la testa.
“Gilberto Barthin, un nobile dei Ducati. Purtroppo devo rispettare alcune formalità. Ah quanto invidio la tua gente. Vivete senza tutto questo tormento.”
“Capisco, mia signora. Credete che darà problemi?”
“Assolutamente no. Non potrebbe fare male nemmeno a una pulce. Tu sei qui per intimidirlo mio caro. Alcune persone del suo rango, vanno rimesse al proprio posto, soprattutto in questa parte di mondo.”
Il mezz’orco annuì sommessamente, sapeva che il suo aspetto destava sconcerto e paura tra le persone che frequentava la dama. Essa lo usava spesso come arma psicologica contro chi credeva la rivaleggiasse. Mai il mezz’orco aveva estratto la spada dal fodero.
Una nube di polvere, all’inizio del viale alberato, preannunciò l’arrivo della carrozza dell’ospite, che a colpi di redini si diresse verso di loro.
“Preparati mio caro.” Disse la dama aggiustandosi il vestito.
“Si, mia signora.”
La Scacchiera, oggi:
Nonostante la tarda mattinata, l’accampamento era, per metà, ancora immerso nel sonno.
Un rumore di corsa sul ciottolato mise in allerta chi di guardia. Un popolano locale, vestito per lo più di stracci, prese a strillare una volta visti i membri delle masnade.
“Aiuto presto! Due “cose” stanno combattendo nella radura più in basso! Se le danno di santa ragione e GRUGNISCONO!”
A quest’ultima parola le sentinelle, pensando trattarsi di un agguato del cenacolo e delle sue aberranti creazioni, si lanciarono nel luogo indicato con le armi sguainate.
Percorsero il sentiero che passava in mezzo a un piccolo bosco di gran fretta, con il popolano alle spalle, che a fatica gli stava al passo. Raggiunsero il limitare della vegetazione, che nel mentre si faceva meno presente, dando spazio alla radura indicata.
CLANG
Due grosse spade si incrociarono, producendo un forte rumore metallico. Poi volteggiarono nell’aria e si scontrarono per un altro paio volte. Lo stile di combattimento era quanto di meno aggraziato si potesse fare ma terribilmente efficace. Un fendente si impatto sullo scudo, facendo sbilanciare l’assalitore che prontamente deviò il colpo successivo dell’avversario. A ogni colpo, entrambe le “cose” emettevano un feroce suono gutturale, e battevano le braccia sul petto in modo da produrre ancora più rumore.
Le sentinelle, una volta in vista dello scontro, arrestarono la loro corsa.
“Altro che cenacolo, amico mio. Sono Skag e Grog che si allenano.” Disse una delle due ridacchiando.
“Mi state dicendo che questi “due” sono con voi?” Rispose sconcertato il popolano.
“Per fortuna si”
Tutti e tre si voltarono ma uno sguardo incredulo rimase a fissare per ancora qualche minuto i due mezz’orchi.
Essi avevano momentaneamente smesso di menare le mani e si stavano studiando con sguardo arcigno. Poi il più chiaro dei due abbassò la guardia.
“Basta fratello, il sole si sta facendo alto e io sto sudando l’unica tunica che ho il diritto di lavare”
“E da quando bisogna lavare le tuniche? Non dirmi che sei già stanco” disse Grog facendo intuire di voler continuare.
“Le Masnade non ci hanno ancora pagato e io non tocco cibo da ieri notte. Certo che sono stanco! Nessuno vuole combattere a stomaco vuoto.”
Quasi come evocato, lo stomaco di Grog rispose alle parole di Skag, emettendo un forte gorgoglio. Grog guardò in basso e realizzò che neanche lui mangiava da ore.
Entrambi, in comune accordo, si misero a riposare su un masso. Grog stappò una borraccia contenente un liquido di dubbia provenienza e lo verso nel boccale che Skag, nel mentre, aveva tirato fuori. Bevvero avidamente e inconsapevolmente ruttarono all’unisono.
Skag si voltò e incrociò lo sguardo del popolano che ancora li stava fissando. Non appena quest’ultimo se ne accorse scappò a gambe levate tornando da dove era venuto.
“Grog…secondo te, cosa siamo per il resto dell’accampamento, oltre a due che sanno impugnare una spada?” Chiese Skag con voce sincera.
“Due mezz’orchi?” Rispose semplicemente Grog.
“Forse questo discorso vale per te Grog. Sono convito che almeno la metà di loro non sappia neanche cosa sono.”
“Fregatene di cosa pensano, io faccio così.” Disse il verdone mettendosi le mani dietro la testa a mò di cuscino.
“Si certo… non avevo dubbi.” disse Skag sorridendo.
“Ma in tanti, nella Scacchiera sanno tenere in mano una spada e per quanto sia utile la cosa, vorrei saper fare qualcosa in più.” Incalzò il mezz’orco bianco.
“Cosa intendi? Non dirmi che ti sei votato agli astri!” Rispose alzando la voce Grog.
“Mmm no. Non ancora almeno. Ho chiesto alla Lupa di insegnarmi a leggere e a scrivere, così magari un giorno, che ne so, capirò anche cosa c’è scritto nelle lettere di Mordekai.”
“Secondo me neanche lui sa cosa c’è scritto. E poi è una gran perdita di tempo. Una volta ho letto per sbaglio una poesia di John e mi stava venendo il voltastom….” Disse Grog imitando il gesto di vomitare, ma fu interrotto da una squillante voce femminile.
“Gilbeeerto! Smettetela di incrociare le VOSTRE spade, è l’ora della lezione di oggi!” Disse ridacchiando la Lupa mentre zampettava verso i due mezz’orchi.