Che cos’è un nome

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Un nome nuovo, eh?

E che sarà mai.

Un nome, via. Forse che una rosa perde il suo profumo del cazzo se la chiami culodibalthasar? E altre stronzate del genere.

Cazzate. I nomi contano, eccome. Sfortunatamente per me e la mia aura da MAAMEMIIMPORTAUNASE- stavolta non è decisamente vero che non mi importa.

In realtà lo avevo già capito, ma non volevo ammetterlo. Quando Leone mi disse che per entrare nel Sussurro avrei dovuto trovarmi un nuovo nome, ho capito che proprio no, non si poteva fare. Solo per finta forse, come del resto ha fatto Leone stesso, quell’adorabile confettino di merda.

Io lo odio, il mio vero nome. Eppure ne conservo ogni pezzo gelosamente, anzi, ossessivamente. Il mio vero nome vanta (?) due nomi e tre cognomi, di cui uno cancellato. Proprio così: lo scrivo sempre e poi ci tiro un bel rigo sopra, con crescente soddisfazione ogni volta che lo faccio.

Perché il mio nome è la mia storia e, anche se è una storia senza grande importanza, è la mia cazzo di storia. Non rinuncio a nessun pezzo di quel che mi ha portato qui, nemmeno alle parti più indigeste, inutili e detestabili.

Leone e il suo triplo collo copiato palesemente dal mio ha ragione: al Sud siamo ossessionati dai nomi. Per questo il Piccolo non ne ha uno. Per ogni evenienza, comunque, inizierò a chiamarlo il Pischellotto, o il Patata, o il Vieniqui. Lo chiamerò in talmente tanti modi che non saprà nemmeno lui se ha un nome, e la Morteinfame non saprà chi cercare.

Sono un genio. O un’imbecille, vediamo.

Comunque, in effetti è tempo che la storia che si porta appresso il mio fottuto nome si aggiorni con un nuovo capitolo. Per la precisione, un nuovo primo nome e un nuovo ultimo cognome. Perché ne son successe di cose, eh. Magari la Morte mi troverà lo stesso, ma le ci vorrà una settimana per scrivere tutto in bella scrittura, tiè. E magari nel mentre le passa la voglia.

Vabbè, sono un’imbecille, via.

Comunque i miei compagni potranno continuare a chiamarmi Lana: dopotutto, non è che un minuscolo frammento di me e, come una pagina strappata via da un libro, da solo non significa proprio un bel cazzo di niente.

E poi è carino.

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