Se un uomo d’arme sa una cosa per certo, questa è che non si affronta un duello come una battaglia campale.
In uno scontro tra eserciti l’importante è mantenere la velocità. Correre, scartare, passare attraverso le linee senza perdere impeto, abbattere, stordire, sorprendere chi si ha innanzi e permettere che quanti sono dietro a noi lo infilzino, lo feriscano, lo calpestino o anche solo lo mandino in rotta.
In un duello non si fa così.
Girarsi attorno per un po’ è essenziale. Prima lo studio. Finte, contro finte, passi accennati, camuffi, battute di ferro e affondi bloccati appena prima del contatto con l’avversario.
Si osserva, si fa attenzione, si è meticolosi, maniacali, fino quasi a sentire il respiro dell’avversario.
C’è chi osserva il pomo per non essere giocato da movimenti ingannevoli del corpo, chi guarda il forte di spada e chi, infine, il polso.
I due uomini innanzi alle Corti riunite su quel sentiero parevano aver dimenticato tutto questo.
Ogni singola regola che si impara quando si impugna una spada aveva perso importanza.
Erano due bestie quelle che si affrontavano una innanzi all’altra. Neppure i loro ferri parevano reggere l’impeto dello scontro, così belluino e violento.
La prima a cadere fu l’arma del più giovane. Dapprima una limatura finissima d’argento si sparse sul terreno.
Infine la pregevole lama forgiata nelle Cime Guardiane si frantumò. Svelto lanciò i pezzi a sua moglie per farla riparare e prese la prima arma che gli capitava a portata. Anche quella ebbe vita breve, ma se ne andò dopo aver lasciato il nemico privo di difesa, quel nemico che fino a poco prima pareva lo specchio stesso delle paure di ogni uomo su questo mondo.
“Ricordo questa finta. Eri solito farla quando mi allenavi nel piazzale del Bastione, Padre….” Affermò il giovane con tono tra il canzonatorio e il nostalgico.
L’avversario gridò quasi di dolore e si scagliò di nuovo su di lui con un poderoso affondo, facendogli volar via l’ultima arma che era riuscito ad impugnare. La terza.
Vista la mal parata e la furia crescente, il giovane entrò in gioco stretto e strinse l’avversario contro un albero, dopo averlo spinto per alcuni metri a testa bassa, facendo pressione sulla sua bocca dello stomaco, privandolo di fiato.
Rotolarono per un po’, afferrandosi la gola a vicenda, in una morsa mortale finchè la vista del Colonnello non si annebbiò…
Il tempo cominciò a scorrere lentamente e pian piano i ricordi di una vita lo sommersero.
“DEVI CHIAMARMI BARONESSA, GARRETH!! NON LOGAN!!! DA GRANDE TI COMANDO COME MI PARE E PIACE!!!”
“NON È VERO!!! A ME MI COMANDA IL TUO PADRE!!! TE SEI CATTIVA, LUI È BRAVO E MI REGALA SEMPRE TANTE COSE!!” disse il bimbo dalla chioma corvina mentre iniziava a sentire il sapore salato delle lacrime.
La bambina dalla chioma rossa come il fuoco rincarò la dose “E TE SEI UNO STRON….”
“LOGAN! NON OSARE TERMINARE QUELLA FRASE! NON È EDUCATO!” La interruppe sua madre, arrivata di corsa sentendo i bambini che alzavano la voce.
Logan. La sua Duchessa. Era la persona che più stimava. L’aveva vista affrontare tante di quelle difficoltà negli ultimi tempi, che la metà avrebbero annichilito chiunque. Ricordava quando ella insinuò, obnubilata dalla rabbia, sospetti sulla condotta di Garreth presso Gea’s Mansion. Su un suo interesse nel mettere i bastoni tra le ruote alla reggenza vacillante della giovane.
Ma ricordava anche l’abbraccio il giorno della veglia funebre a suo Padre, il Duca Erik. L’abbraccio caldo e intenso che un vero amico poteva dare. L’abbraccio di chi si affida senza remore alle tue braccia e si fa stringere.
Un abbraccio.
“Padre, mi ucciderete. È questo quello che volete?”
Un attimo di smarrimento negli occhi del suo aggressore. Un momento di incertezza? Garreth non ne approfittò, ancora poco lucido per la mancanza d’aria. Fece in tempo a vedere sua moglie, quasi singhiozzante, ancora intenta a portare a termine il suo compito.
La testa chinata sullo spadone.
La testa.
“LA TESTA GARRETH!!! LA TESTA!!! SE TI COLPISCONO LÌ LA BATTAGLIA È FINITA PRIMA DI COMINCIARE!!!”
“Padre, sono stanco… Mi fanno male le braccia….”
“Figliolo, al nemico questo non interessa. Avanti! PARATA ALTA! ANCORA! DI NUOVO!!!”
Alla fine, la debole guardia del bambino, crollò sotto i colpi del genitore. Appena la sua spada da allenamento toccò terra, si voltò e se ne andò coprendosi il volto con l’avambraccio.
“David, non sarai stato troppo duro… È ancora un bambino…” gli suggerì dalle spalle sua moglie.
“Non è un bambino. È il nostro bambino. E se un giorno vorrà fare qualcosa nella sua vita, dovrà sforzarsi il doppio di una persona normale. Sai altrimenti quante voci maligne sul suo conto… È figlio del Bunaìdh! Solo perché suo padre è cognato del Duca! Non voglio che mio figlio debba sopportare questo.”
La donna gli si fece vicina, lo accarezzò e poi raccolse la spada di legno da terra “Capisco quale compito difficile ti sei imposto. Adesso dovrò svolgere il mio” disse mentre si dirigeva verso il leccio sotto cui Garreth era solito giocare o stare da solo a guardare il cielo.
“Garreth! Ti deve essere caduta la spada… L’ho trovata in cortile…”
“Grazie mamma…” disse tergendosi rapidamente gli occhi, ancora rossi di pianto ” Mio padre mi stava allenando e… io… Madre non sono capace!” Gridò mentre gli gettava le braccia attorno alle gambe e ricominciava a piangere.
“Garreth, un Kerr non piange quando fallisce in qualcosa. Si rimbocca le maniche e riprova più forte di prima. Ogni quercia è nata come ghianda. Non scordarlo mai…”
“Come sta?”
“È gravemente ferito, ma non è in pericolo di vita. È bloccato da qualche sorta di incanto, sicuramente lanciato dal Magus prima di continuare la sua marcia.”
“Speriamo gli altri abbiano fatto quanto dovevano. Prendetelo e portatelo laggiù, al sicuro…”
“Non capisco come abbia fatto a continuare ad impugnare l’arma con le braccia ridotte a questo modo… Ha perso tanto di quel sangue…”
“Maresciallo, credo di vedere un pezzo di osso che fuoriesce dal vostro avambraccio… Come fate ad impugnare la spada?!?”
“Questo? È solo un graffietto” disse con un sorriso amaro “Al nemico non interessa se ho un braccio rotto. Pensate che debba importarne qualcosa a me, caporale. SCHIERA!!! COMPATTI!!!! Non dobbiamo cedere un solo passo, altrimenti il crinale è perso e i rifornimenti non arriveranno mai in tempo! AVANZARE AL MIO DUE!!! UNO DUE!!!! UNO DUE!!! UNO DUE!!! Basta salvare la testa caporale…. UNO DUEE!!!!!”
Riuscì, ancora immobile, a vedere sua moglie, i suoi occhi sembravano solo di poco più sollevati rispetto a quando, pochi giri di clessidra fa gli aveva detto: “Abbiamo un piano ma ci serve tempo. Crediamo di risolvere la cosa ma… Servirebbe…”
“Che io vi dia il tempo di farlo. Lo farò.” Aveva detto risoluto.
Gli occhi del colore del cielo si rabbuiarono, ma in cuor suo Abigaille aveva la certezza assoluta che se c’era una flebile speranza di risolvere la questione del Magus della Bocca, sicuramente Garreth avrebbe dato la vita per riuscire ad attuarla.
Abigaille.
“Garreth, non credo ci entreremo mai tutti e due… Troppo piccola…” affermò la ragazza dai capelli d’oro, mentre già si stava slacciando il corpetto.
“Tra poco ti accompagnerò al Sud per il tuo addestramento. Non so quanto tempo avremo per stare assieme. Ti prego, entra anche tu.” Disse con un ampio sorriso l’uomo già immerso nella sua vasca da campo, all’interno della sua tenda. I suoi occhi erano però un po’ tristi.
“Lady Yara è stata gentile a concedermi di portarmi a conoscenza dei segreti della Lega.” Si tolse uno stivale “Non posso farmi scappare questa occasione.” Si tolse l’altro “Inoltre io…” Le parole gli vennero mozzate in gola dall’uomo che si alzo di scatto, la baciò con passione e la trascinò con sé a bagno.
“COSA FAI?!? Sono ancora mezza vestita!”
“Ci penso io… Godiamoci questo attimo. Chissà quando potremo avere ancora dei momenti tutti per noi…” Disse l’uomo carezzando ciò che era riuscito a denudare, più che svestendo quanto rimasto.
L’acqua schiumata usciva rapida dalla tinozza mentre i due si scambiavano intime carezze, la passione che li travolse era scandita da numerosi rovesci sul pavimento.
Allora l’uomo prese la donna in braccio, come fece dopo il matrimonio, e la depositò dolcemente sul suo letto da campo. Le baciò i seni e lei emise un sussulto, poi il ventre candido ed un lieve gemito fuggì dalle labbra della sposa, ad ogni bacio vi fu un’esplosione di suoni e colori mai visti.
Nulla poteva essere più bello di quel momento. Niente poteva in alcun modo rivaleggiare con la splendida visione del suo corpo nudo che si agitava, si muoveva dapprima lento e poi sempre più rapido, con le parole che lui le sussurrava all’orecchio.
Nulla.
Infine suo Padre morì. Spirò tra le sue braccia, scusandosi e raccomandando al figlio di seguire la retta via.
Appena deposto su di un appoggio di emergenza, purtroppo, da un lato il Colonnello, dall’altra i due vecchi compagni di battaglie di Lord David, iniziarono a scambiarsi parole poco gentili. Come se fosse in atto una gara stolta su chi stesse soffrendo di più, su chi avesse il diritto di ritenersi il più ferito. Su chi aveva agito male e su chi avrebbe fatto meglio se solo avesse conosciuto la situazione.
Proprio il giorno in cui veniva messa a tacere la prospettiva di una cataclismatica guerra civile a tutti gli effetti, in cui uno dei Magus vedeva la sua esistenza terminare una volta per tutte.
Fu infine l’arrivo della Rossa che appacificò la situazione. Come il suo stesso Padre, anche lei aveva la capacità di tirare fuori il meglio da chi la circondava e far scomparire rapidi tutti i sentimenti di astio e rancore nell’aria.
“Oggi termina l’Era dei Padri. Oggi più che mai dobbiamo prendere le parole di mio Padre e farle nostre. Dobbiamo SUPERARE chi ci ha preceduto e assicurare alle nostre terre tutte, un futuro radioso…”
Alcune lacrime si affacciarono sugli splendidi occhi verdi della Duchessa.
Garreth prese la parola per un istante.
“Chiedo solennemente che non sia fatta menzione degli accadimenti di oggi fino all’annuncio ufficiale a mia madre. Permettete che almeno questa notizia…” disse guardando sua moglie prorompendo un sorriso agrodolce “… gli venga data dal qui presente. Ve ne prego.”
Nessuno dei presenti fiatò. Si limitarono ad un cenno di assenso con le teste ancora basse e gli sguardi persi o tristi.
“SIGNORI “ riprese la Frenhines “non deve essere un giorno da ricordare per la dipartita del padre di uno dei Bunaìdh, ma per aver dato finalmente la pace ad un uomo buono che ha sempre lottato per il bene dell’Orsa. Sin da quando l’Orsa era in letargo. Sin da quando calcava i campi di battaglia assieme a mia madre e mio padre. Levate i vostri calici appena vi sarà possibile e rispettate le volontà del Gran Conestabile.
Poi si avvicinò a Garreth e gli sussurrò all’orecchio: “A presto” stretta in un profondo abbraccio.“A presto cugino.”
Il viaggio era stato abbastanza breve, solo due giorni li separavano da Oldmory e, se durante la sera, prima di coricarsi, il Colonnello e la sua sposa si univano alla doverosa resa di onori alle lunghe tavolate dei militi che avevano seguito la spedizione diplomatica, durante il giorno, la lunga colonna in marcia era fin troppo silenziosa, quasi un corteo funebre, cosa che in effetti era vera in un certo modo, dato che il quarto carro trasportava i resti mortali di Lord David Kerr.
Ben presto arrivarono in vista del Bastione. Come al solito, una staffetta si staccò dal drappello e si diresse verso le tre entrate. Una comunicazione strana venne consegnata al sergente a capo della guardia.
“Signore, il Colonnello in persona ha ordinato questo. Tutti e tre aperti e drappelli a mezz’asta. Questo è quanto. Non posso dare ulteriori informazioni. Mi spiace.”
“E sia.” Rispose il milite quasi dubbioso.
Quando la Lady Castellana vide dalla bifore della stanza in cui si trovava i drappi abbassarsi, trasalì e come un lampo in una buia notte d’inverno, precipitò per le oscure trombe di scale fino al piazzale centrale.
Nei suoi occhi tutti i presenti lessero la morte, quando videro entrare la colonna armata in una formazione che aveva già visto, quando i grandi Kerr lasciavano il mondo dei vivi sul campo di battaglia in modo eroico.
“GARRETH!” gridò, lanciandosi verso i carri che si facevano sempre più vicini.
Dal secondo, uscì quasi in corsa proprio il Gran Conestabile. Che corse verso la madre e l’abbracciò.
“Madre sto bene. State tranquilla.”
“Ma allora? Chi se n’è andato. ABIGAILLE! DOV’È?!? DIMMI CHE È ANCORA AL SICURO TRA I BARBARI!!!”
“Madre, ha viaggiato assieme a me e sta scendendo proprio ora. Osserva.”
In quel mentre, a carro fermo, anche la giovane sposa si palesò innanzi ai presenti.
“Madre. Abbiamo un corpo da piangere. Un corpo che aspettavamo da tanto, troppo tempo. È nel quarto carro…. Dammi la mano, ti accomp…”
Non terminò di dire la frase che la donna si era già involata verso il carro designato. Lesta scostò quasi con la forza i due militi che erano scesi e proteggevano l’apertura posteriore. Salì e ad un tratto il tempo parve fermarsi. Nessun rumore.
Nessuna parola.
Nessun singhiozzo.
Nessuno si muoveva.
Tutti avevano capito o erano ormai stati portati a conoscenza di chi era trasportato in quella vettura.
Ma Nessuno osò neppure respirare troppo forte, per paura di disturbare in quel momento.
Poi all’improvviso scese. Senza tradire alcuna emozione. Algida e impassibile come solo Lady Lorna poteva essere.
Rivolse solo un rapido e lieve sguardo a sua nuora, infine al figlio, chiedendo: “Vi fermate per cena vero?”
“Certo Madre, ti faremo compagnia volentieri….”
“Bene, farò preparare qualche costina. Concordi Abigaille?”
“Certamente Lad… Ehm.. Lorna… Come l’altra volta!”
Seguì la cena. Un insolito silenzio ovattava l’ambiente. Finchè, improvvisa “Se ne è andato da questo mondo come si conviene ad uno come lui?”
“Madre. Devi sapere la verità da me, prima che da chiunque altro….” prese un gran respiro e il coraggio a due mani “Il corpo di mio Padre era posseduto da una sorta di… spirito… che ne comandava i movimenti e ne oscurava la volontà. Gli uomini e donne dell’Orifiamma sono riusciti a mondare il suo corpo da questo spirito nefasto ma ormai era troppo piagato e debole per reggere a questa sorta di shock. Dopo poco è spirato. Mi ha chiesto scusa per ciò che aveva commesso. Ma in realtà era stato solo il suo corpo a farlo, mentre la sua mente era come racchiusa in un angolo della sua testa. La stessa volontà che mi salvo quando il Golem impazzito cercava di porre fine alla mia vita.”
“Capisco….”
Detto questo, Lady Lorna si alzò e uscì di corsa dalla sala da pranzo. Garreth la fissò mentre Abigaille tentò di andarle dietro. Subito notò come non potesse muoversi.
“Lasciala sola. Siamo così in famiglia. Abbiamo necessità di processare certi tipi di accadimenti da soli. Più tardi salirò in camera sua e le spiegherò tutto per bene. Almeno per come l’ho capito io.”
“Va bene. Intanto salirò in camera e ti attenderò. Mettici tutto il tempo necessario.”
Quando ormai anche le ultime forze di Abigaille stavano per lasciarla, la porta si aprì e la figura imponente che ormai riconosceva anche al buio si avvicinò.
“Sono sveglia, cammina pure tranquillo… Ero in pensiero.”
“Credo che abbia capito. Non accettato, ma capito. Vedremo nei prossimi giorni come si comporterà… A proposito. Hai deciso cosa rispondere alla Duchessa? Tornerai a Balnorn?”
“Non ho ancora inviato una risposta ufficiale alla Duchessa, ma sento che la mia presenza a Oldmory potrebbe essere di conforto…”
Garreth sorrise leggermente, terminò di cambiarsi per la notte e si tuffò nel morbido letto.
Svelta Abigaille si portò quasi a cavalcioni della sua schiena e sollevò la stoffa che la copriva. Osservò tutte le cicatrici di battaglie vinte anni e anni fa e numerose ferite ancora fresche.
“Ma cosa…”
“Shhh… Un bel massaggio rilassante. La mia amica, Lady Rashida, mi ha dato questo vasetto… Pare avere cento e più usi… “
Iniziò a strofinare le sue mani sui trapezi e sulle scapole del suo sposo che in un istante parve lasciarsi alle spalle le preoccupazioni e lo stress accumulato.
“Però… Da un sollievo miracoloso… Cosa è?”
“Non lo so.. Un preparato alchemico di sua invenzione… Si chiama… Non so leggere bene il vernacolo del deserto…. Mi pare… Rashisil….”
La notte passò. Una notte d’Amore e Passione. Il giorno seguente sarebbe arrivato rapido. Ma non per il momento.