Che strano. Eliot era abbastanza sicura di non aver tirato le cuoia, eppure si era ritrovata di nuovo nella grotta sotterranea in cui aveva giocato tanti anni prima e che aveva rivisto in una specie di sogno molto vivido all’incirca un anno addietro. Già, proprio poco dopo che era morta.
Perché sono di nuovo qui?
L’acqua termale esalava un leggero vapore che appariva traslucido alla debole luce colorata emessa da misteriosi licheni fosforescenti. Eliot si fece avanti, si sedette sulla riva della polla, immergendo i piedi nell’acqua calda e si accorse solo in quel momento di avere addosso solo la tunica che usava per dormire. Stai a vedere che sono morta mentre dormivo.. che fine pietosa….
– Mais non, ma p’tite! Sei viva e vegeta.
La voce la sorprese e la tranquillizzò allo stesso tempo. Si girò e rigirò, ma non riuscì a capire da dove provenisse.
– Monna Celina! Dove sei? E io che ci faccio quaggiù?
– Mhhh, bella domanda… Dobbiamo assolutamente pensarci…
Eliot si voltò di scatto: Hari sedeva alla sua sinistra, vestito di tutto punto, con gli stivali immersi nell’acqua. Oh, questa è nuova.
– In effetti ci potrebbero essere così tante spiegazioni, ad esempio… vediamo… ecco! Magari sono morto io, quindi attualmente sei straziata dal dolore e non ti ricordi che…
Eliot aprì la bocca per controbattere, ma una voce acuta alla sua sinistra interruppe bruscamente la tirata di Hari.
– ORA! Ma perché deve per forza essere morto qualcuno? Non potrebbe essere venuta qui per stare un po’ tranquilla?
Eliot si voltò dall’altra parte e masticò un sorriso: anche Vivi era lì, accovacciata accanto a lei, e le aveva preso la mano. Fece nuovamente per rispondere, ma Hari la prevenne sbuffando.
– L’unica cosa certa è che c’è una spiegazione. Adesso ci mettiamo qui e ragioniamo per le prossime ventiseimila ore…
– Ma piantala! – replicò Vivi – Falle godere almeno queste bellissime terme nella sua testa!
– Ma Vivi cara, questa è una faccenda serissima!
Comprendendo di non aver molta voce in capitolo e dondolando i piedi nell’acqua, Eliot iniziò a riflettere mentre i due battibeccavano. Erano successe molte cose in effetti, ma quale fra tutte aveva un legame così diretto con la morte?
– Forse è per via del funerale di Volka Nina Eva Elisabeta… – mormorò fra sé. Come per magia Hari e Vivi si zittirono e si voltarono verso di lei contemporaneamente.
– Non sarà certo il primo funerale a cui hai partecipato… – C’era un tono lugubre nella voce di Iker. Eliot fu tentata di chiedersi quando fosse arrivato alle loro spalle. E allora.
– Ah! Ehm… voglio dire… è la prima volta che partecipo a un funerale vero, con un corpo da piangere… qualcosa che puoi seppellire o bruciare o… insomma, lasciarlo com’è senza… uhm… riutilizzo.
– In che senso “riutilizzo”? – chiesero in coro Hari e Vivi alzando un sopracciglio all’unisono.
– Come posso dire, recupero – spiegò Eliot – ammesso che rimanesse qualcosa del cadavere, perché di solito non è che… sapete, i vermi delle sabbie hanno sempre fame… insomma, quando mancano le risorse, non è che ti puoi permettere di lasciarle lì…
– HA! questo spiega me molte di cose! – Appollaiata su uno sperone di ossidiana, Malenki annuiva soddisfatta.
– Interessante eh, per carità… ma questo non spiega proprio un accidenti di niente di utile. Perché è tornata qui? – Appoggiato a una stalagmite, Lucien scuoteva la testa con scarsa convinzione.
– Ma perché semplicemente non lascia perdere tutte queste cose tristi, vecchie e stravecchie e si concentra sul presente? Sarebbe proprio meglio! – Il tono di Vivi era particolarmente perentorio.
– Giusto! Come fa una a concentrarsi sui bei ragazzi… – iniziò Valérie, distesa serenamente con la testa sul suo scudo.
– E le ragazze no? – la interruppe Isabeau, stuzzicandole un fianco con la punta della sputafuoco.
– Sì, sì, d’accordo – proseguì infastidita Valérie – insomma, come fa a rifarsi veramente una vita se ancora si trascina dietro un ricordo che pesa quanto Hari dopo i banchetti della Ventura?
– EHI! Faccio molto moto, IO! – ululò Hari.
– Io non sto trasc… – Eliot abbassò la testa, imbronciata. – Mi state confondendo… tutto questo non c’entra nulla col funerale della mamma di Hari…
– Eliot, a cosa serve un funerale? Lo sai? – Iker incrociò le braccia.
– Serve a… uhm… – Eliot si rese conto di essere incerta in proposito.
– A morti non serve! Loro sa cosa fare quando morti. – sentenziò severa Malenki.
– Il funerale serve per dire addio… – mormorarono Hari e Vivi. Questa cosa dell’unisono cominciava a diventare inquietante.
– Dire addio è fondamentale, altrimenti non è possibile trovare la pace interiore che permette di proseguire. – La voce di Stragov era ancora più profonda e mistica del solito e sembrava provenire dalle profondità di un abisso barbuto.
– Se non smetti di guardare verso ciò che hai perso, rimani incatenata ad esso. – sospirò pensosa Valérie.
– Perché non dai un taglio netto? Posso aiutarti! – La rassicurò Artemisia con un bisturi in mano.
Eliot guardava ostinatamente le punte dei suoi piedi sotto il pelo dell’acqua.
– È una bestia a cui non puoi sfuggire. – La voce di Vassilj, una figura indistinta dall’altro lato della polla d’acqua fumante, le fece alzare la testa di scatto. In mezzo al vapore si distinguevano adesso due figure sedute sulla sagoma di una tettoia. Una era piccola e scarmigliata e teneva le ginocchia strette al petto; l’altra invece, più alta e magra, gesticolava come se stesse raccontando qualcosa, ma non produceva alcun suono.
Eliot rimase in silenzio a osservare la scena con un sorriso triste.
– Fermati, non nasconderti alla sua vista – ordinò l’Arconte.
– E combattilo! – la incoraggiò Lucien.
Eliot deglutì a fatica. Avrebbe voluto provare a pizzicarsi le braccia per vedere se fosse riuscita a svegliarsi, ma gli occhi dell’Arconte Vassilj dardeggiavano attraverso il vapore. L’Arconte può uccidermi con le sue frecce anche in un sogno? Mah, meglio non rischiare.
– Quello… era il mio migliore amico… – azzardò Eliot indicando la figura più alta.
– Questo lo sanno anche i sassi – Hari alzò gli occhi al cielo.
– …Solo un migliore amico? – insinuò Valérie. Eliot tentennò, abbassando lo sguardo.
– Sicurasicurasicura? – disse Vivi in un soffio.
– Affrontalo. – Il tono di Vassilj non ammetteva repliche.
Eliot alzò di nuovo la testa, riluttante. La figura più piccola ebbe come un lungo brivido e subito l’altra allargò il mantello che portava sulle spalle e l’accolse sotto di esso, stringendola verso di sé. Le due figure si scambiarono uno sguardo complice e una risata, poi quella alta continuò a raccontare storie inudibili. Per qualche istante non si sentì altro che lo scorrere dell’acqua.
– Eri felice, vero? Non sei mai stata più felice di così. – sospirò Isabeau.
– …
– Se non fosse morto, saresti rimasta in quel deserto per sempre – incalzò Lucien.
– …
– Ma dopo la morte della tua mentore non c’era rimasto davvero niente da fare per te laggiù – aggiunse Stragov.
– …
– Hai scelto di venire qui perché era lui che ti raccontava storie fantastiche su Caponord – ribadì Valérie.
– …
– Ti stai tenendo attaccata a lui anche solo per il fatto che hai deciso di rimanere qui, nella famosa Madrepatria – concluse Hari.
Il viso di Eliot era letteralmente affondato nella stoffa, i lineamenti si stavano distorcendo nel tentativo di non esplodere in mille pezzi. Una figura in armatura nuotò verso di lei con vigorose bracciate, poi la costrinse ad alzare lo sguardo, minacciandola con un dito più lungo del normale.
– E COMUNQUE NON MI SOMIGLIA! – ululò Aleksej proprio sotto il suo naso.
– OOOOHHH, ALLORA! E CHE NE SAI?! – con un pugno Eliot fece affondare la testa di Aleksej sotto il pelo dell’acqua e poi scoppiò a piangere. – CHE NE SAPETE VOIALTRI? NON LO SO NEMMENO IO, COME PRETENDETE DI SAPERLO VOI?
– Sappiamo tutto invece – le voci della Zarina e di Diego si innalzarono melliflue, all’unisono. Eliot scattò in piedi all’istante, scossa dal dolore e dalla rabbia.
– Non… NON è il momento per voi!
– Oh, lo è… tu non mantieni le promesse… – proseguirono taglienti Diego e Zoya, avvicinandosi.
– Ma INSOMMA! – Vivi si parò nel mezzo – sarà anche vero, ma non vedete? Le fate male! Piantatela con i sensi di colpa!
– Nonono, non possiamo… – Diego ridacchiò, agitando il ditino.
– È lei che ci tiene stretti… – la Zarina scosse la testa, osservando Eliot con un leggero disgusto – Non riesce a fare a meno di noi…
Eliot fece per controbattere, ma si sentì afferrare una caviglia e scivolò in acqua, annaspando. Maledizione, nuoto malissimo anche nei sogni! Aleksej completò l’opera ricambiando la cortesia di poco prima, ovvero tenendole la testa sott’acqua e ritirandola su più volte, come fosse un panno da sciacquare.
– Mi sono rotto di stare qui a mollo… TIRALO FUORI UNA VOLTA PER TUTTE!
– E VA BENE! – Eliot si liberò con uno spintone dalla morsa di Aleksej e tutto diventò silenzioso. – È colpa mia, è solo colpa MIA! Quella mattina stava a me andare con la squadra dei cacciatori… stava a ME! Ma non stavo bene, ero ancora piccola, avevo vomitato tutta la notte, papa non voleva che andassi e chiese a lui di andare al posto mio e lui, che io sia maledetta, LUI ci andò! Mi dette il suo ciondolo con il serpente marino e non tornò, non tornò mai più!
Silenzio. Le voci continuavano a tacere.
– UNA GAMBA! – urlò Eliot – Era rimasta solo una gamba di lui! E ce la siamo mangiata perché non avevamo più cibo! Se fossi andata io quel giorno forse saremmo entrambi vivi! Lui non capiva niente di tracce e segni, ma io sì! Se solo… SE SOLO…
La voce di Eliot si ruppe e si perse nello scorrere dell’acqua, scossa dai singhiozzi.
-Hernando…
Per alcuni, lunghissimi istanti non si sentì altro risuonare nella caverna.
– Non puoi saperlo. – disse a bassa voce Lucien. Eliot alzò la testa, ma non disse nulla.
– Tesoro, davvero. Non puoi sapere come sarebbe andata. – annuì Valérie.
– Tu non ha puntato coltello a sue spalle, da? Fato ha deciso, tu non c’entra in flusso di Fato. – asserì Malenki.
– Puoi sentirti in colpa per altre cose, anzi di certo ne troverai sempre di nuove… ma non per questa. – Le voci di Zoya e Diego sembravano molto meno acide di prima.
– Rimuginare sul passato non serve cara, credimi. – Isabeau si accese un cigarillo.
– Piuttosto, cerca di trarne un guadagno – la incoraggiò Navarre ammiccando. Eliot lo guardò in modo interrogativo.
– Ma certo. Ogni cosa ha aspetti positivi e negativi. Questa non fa differenza. – affermò Stragov lisciandosi la barba.
– Pensa! Se lui non fosse morto, non saresti mai partita! – esclamò Vivi sognante.
– E se non fossi arrivata qui, non avresti mai conosciuto tutti noi… – la testona di Jagosh si strofinò sulle spalle di Eliot.
– Non avresti appreso cose che nel deserto erano inimmaginabili… – il coro di tutti gli Indagatori risuonò poderoso in ogni angolo della caverna.
– E non avresti trovato nuove avventure… – il riflesso della testa rossa di Scarlet ondeggiò sull’acqua.
– E nuovi amici di cui puoi fidarti… – concluse sorridendo Hari.
Eliot guardò uno per uno i volti di tutte le persone che le si stavano affollando intorno e delle altre di cui intravedeva le forme fra le ombre della caverna. Al di là della polla, Vassilj annuiva lentamente. Poi lo sguardo le cadde su Aleksej, che galleggiava ancora a poca distanza da lei.
– Io non sono lui, va bene? – dichiarò l’Arconte.
– Lo so, lo so – annuì Eliot asciugandosi le lacrime.
– Non è aiutando me che potrai fare qualcosa per questo senso di colpa che ti porti appresso – incalzò lui minacciandola con il dito lunghissimo.
– Lo so, davvero! – Eliot abbassò lo sguardo – È evidente… Mi dispiace di aver detto cose che… e di aver mischiato… insomma, di aver confuso un po’ le acque.
– Ma figurati! – Vivi le diede un buffetto sulla guancia – È vero che l’Arconte ti ricorda il tuo amico… e che certe cose sono complicate…
– …ma sappiamo tutti che vuoi bene all’Arconte a prescindere da tutto il resto. – Lucien le fece pat pat sulla testa.
– Non c’è niente di male a voler bene all’Arconte! – Valérie la pungolò ridacchiando con l’arma.
– Tutti vogliono bene all’Arconte! – confermò Hari alzando le braccia al cielo.
Eliot rise. Era solo un sogno dopotutto, ma si sentiva comunque più leggera.
– Forse dovrei chiarire la cosa alla prima occasione in cui…
– Nah. – fu il commento unisono.
Subito dopo Eliot si svegliò nel suo letto, fradicia come un gattino sotto un uragano.