Due come noi…(parte 1)

Share Button

La vita ti dona, la vita ti toglie. Quanto era vera questa frase per descrivere questi giorni. Dentro, la sua anima era piena d’ energia, credo, speranza e quasi indicibile…bontà. Al contempo il suo cuore era rotto, infranto e se ne vergognava immensamente.

 Si era fatta da parte, dapprima come cane ferito, umiliato, poi riflettendo era sparita nell’ombra. Chi era lei per pensare di essere migliore di qualcun’ altro? Chi era lei per pretendere d’ imporsi a una felicità ambita da due persone che insieme sarebbero forse guarite dalle ferite del passato e del presente? Non poteva, era fottutamente ingiusto. Vidar, che non era ancora riuscita a immaginarsi come Desdemona, voleva il bene di San e Xorba. Lo voleva tantissimo, però dentro di lei un dolore persistente come un foglio affilato che taglia la pelle dello scrittore era lì e bruciava e diceva” E io?”

Non era in vena di stare con gli altri, era spossata dal pianto, dalla possessione, da tutto. I sorrisi che doveva fingere erano troppo pesanti, le bugie per lei erano massi. Meglio una verità scomoda che un abbraccio falso.

Era scappata nella tenda quella sera prima della partenza, aveva rubato delle bottiglie di alcool e seduta appoggiata alla tela della sua tana tra cuscini e tristezza si stava sfondando come un marinaio.

Proprio mentre stava versando l’ultimo goccio nel bicchiere, qualcosa si schiantò al di fuori della tenda, battendo forte sulla sua schiena e facendo versare l’inebriante e rassicurante liquido giallastro addosso alle sue vesti. ”Ma che cazzo succede?” Si girò, grazie alla luce di una lanterna buttata lì vicino, vide che una sagoma non definita si era seduta al di fuori della sua tenda. 

Aguzzando lo sguardo poco lucido, poteva vedere che in mano aveva una bottiglia. Posando il rimedio di tutti i mali a terra, la scura figura farfugliò, prese qualcosa dal fianco e con immenso stupore e disappunto di Desdemona aprì uno squarcio nel tessuto. Battendo la mano affilata e snella fece gesto di sedersi e inserì un bicchiere ricolmo di liquido spumoso e profumato. Des non fece domande, se ti offrono da bere, tu accetti. Si mise a sedere spalla a spalla con il benefattore, un profumo alcolico e di fiori le passò sotto il naso: lo conosceva, ne era sicura. 

Stettero almeno dieci minuti in silenzio poi il visitatore parlò ” Mi ha detto un uccellino che qualcuno ha il cuore spezzato…”. Desdemona fece due sorsi lunghi ”Anche io ho sentito quella voce. Per questo voglio tentare di morire annegata.”. Da fuori un sospiro lungo e riflessivo fu la risposta, poi a voce bassa e sommessa ” Posso assicurarti che ci ho provato varie volte ma non funziona mai…” 

Quella sfortunata ragazza doveva sfogarsi e fu in quel preciso momento che esplose ma, chi l’ascoltava non parlò fino alla fine ”Sai perché non ho fatto nulla? Perché non le ho detto quanto in realtà ci tengo a lei? Per quanto sia cambiata non posso guarire le sue ferite, sono io la prima a essere fallata, rotta, distrutta. Non è lei che non merita qualcuno, sono io.”

 ”Sai cosa ti ho detto la prima volta che ti ho vista? Che eri l’essere più strano mai visto. E ancora oggi sei incomprensibile”. ” Grazie! Rassicurante come due dita nel…”. ”Zitta cretina, ascoltami, eri affascinante tutta arruffata e incazzata col mondo. Coi tuoi deliri, la tua rabbia, la voglia di vendetta…mi ricordavi me.” 

Desdemona ascoltava, non pensava di aver suscitato nulla in quelle poche ora passate insieme e si stupiva di quel ricordo così vivo. 

La figura si tolse il cappello e lo pose a terra, si intravvedeva nel passaggio creato dal coltello. ”Posso farti una domanda? La vendetta che hai compiuto verso i tuoi genitori, ti ha dato pace?” La donna sistemandosi le piume tra i capelli, guardò in alto per mandare giù un sorso e le lacrime. ”No, anzi, il problema è che non ne uscirò mai, i colpevoli della mia lista, sono già tutti morti…E il rancore e la vendetta anche se ora cerco di contenerli a volte vincono e non ragiono.” ”Già…”

”Perché sei qui? Dovresti stare con tutti gli altri, siamo vivi, bisogna festeggiare”. Uno scossone, la figura si era indignata ”Stai scherzando o sei diventata dannatamente stupida?” Una gomitata fece sobbalzare Desdemona che a sua volta diede un pugno alla parete leggera, dando il via a una zuffa…velata. Da fuori si vedeva solo una persona fare a botte con una tenda ma, per fortuna, tutti erano intenti a festeggiare o a dormire.

Dopo quasi mezz’ora, trafelate dall’alcool e dalla stanchezza, quella finta zuffa si fermò e partirono le risate: pesanti, che nascondevano molto altro, che nascondevano dolori vecchi e nuovi, di voglia di felicità mai appieno goduta, di speranze quasi terminate, ma una luce fievole si intravvedeva.

”Perché sei qui? Davvero, io sono solo una che vedi passare, non ci parliamo mai, non siamo nella stessa Masnada, cosa te ne frega di me?” Non parlava, il respiro rotto, quasi stesse piangendo. 

Una mano sbucò dalla fessura ” Perché qualcosa mi dice che sei una testa di cazzo come me e che forse mi capisci più di tutti qui.” Desdemona guardava la mano, era ferma, solida ma anche delicata e a tratti fragile, un controsenso come tutto il resto di quella persona. Si girò in ginocchio e appoggiò la mano sulla tenda, dall’altra parte anche l’ ombra appoggiò la sua: erano divise da uno strato sottile di pessima stoffa. Cominciarono una danza delicata, le mani sfioravano il tessuto come rincorrendosi ma sempre stando al passo l’una dell’altra. Un cerchio, poi simboli inventati per poi finire verso l’unico punto in comune. La fenditura unì le loro mani, senza nulla che le divideva e la stretta era calda e piena di emozione. Era un abbraccio, era un bacio, era sesso o solo un fine stucco che tappava una delle tante crepe che avevano dentro. Il silenzio le avvolgeva e bastava anzi, forse era anche di troppo. Si staccarono e si diedero un attimo.

 ”Io…” ”Zitta, non rovinare tutto se no entro e non so che faccio…strega” ”Ma sei tu che sei venuta qui! Dannazione mi incasini il cervello!” ”No, sei incasinata perché sei una fottuta ubriacona!” ” Senti chi parla!”. La sentì alzarsi e vide il cappello ritornare sulla sua testa. ” Buonanotte, strega…” ”Buonanotte, furia…” 

Vide allontanarsi la luce e tutto divenne di nuovo semibuio. Da dentro la sua testa una vocina assonnata le parlò con una voce ingenua” Des ho sentito dei rumori, che cosa è successo?” ”Un animale ferito Desy, nulla di pericoloso” ” L’hai curato?” ” Non ancora ci vuole tempo e tanta dedizione perché torni a volare…”

Si addormentarono, tra un cuore che batte all’impazzata e un mare dentro che per ora si era calmato. Le stelle e le lucciole erano le uniche testimoni che qualcosa era nato, irruento e insolito come chi l’aveva appena vissuto. Solo il tempo avrebbe raccontato il resto.

Share Button

Commenti

commenti

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.