“EROI” DELLA SCACCHIERA

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Nebin, notte.

– John diamoci una mossa che all’alba le carovane ripartono, hai messo in infusione frutta e spezie? -Il pirata si stava affaccendando malamente su una gigantesca marmitta colma di vino. Era palesemente alticcio. Tolse il coperchio e ci ficcò dentro la testa per intero inspirando a pieni polmoni.

– Niente Tristan, sta roba puzza di brutto. Ma che problemi hanno a Nebin con il vino? E perché mi sembra di sentire l’odore del mio fucile?-

– È zolfo – gli fece di rimando l’altro – l’acqua che scorre qui sotto ne contiene parecchio. Mettila sul fuoco e buttaci dentro tutto, vediamo di salvare questa porcheria –

John caricò in petto il marmittone e lo spostò sul debole fuoco, iniziando a rimestare. Lievi vapori iniziarono a innalzarsi dalla miscela di alcool e spezie – CHE SCHIFO PUZZA ANCORA PIU DI PRIMA! –

– Sopporta qualche minuto. A caldo l’infusione sarà più intensa, aiuterà a coprire l’odore quando si raffredderà –

– Se lo dici tu… – seguì riponendo il coperchio sopra la mistura sobbollente, che abbandonò per recuperare una fiasca ancora piena della precedente partita – Qui è fatta. Andiamo fuori a finirla? Ho bisogno di una boccata di aria buona –

Tristan fece cenno di assenso e ripose le ampolle con cui stava armeggiando, seguendolo con i boccali nel cortile antistante la cucina della taverna. Sedettero su una panca e si versarono comodamente da bere.

– Ad un altro giorno ancora vivi – brindò John, incontrando il sorriso del compagno. – Tocchiamo il fondo di tutto, ma mai della bottiglia – gli fece l’altro.

Vuotarono il contenuto in un colpo e se ne stettero li in silenzio, immersi nella placida tranquillità del vico. Era già un paio di stagioni ormai che John si era offerto di aiutare a produrre le scorte di alcool, complice il fatto che fosse colpevole del loro rapido consumo almeno quanto Tristan; fatto sta’ che in breve la cosa era diventata una consuetudine. Ne era contento, del resto a Tristan piaceva John. Certo era un fucina di (spesso) pessime idee, ma questo lo rendeva un uomo sempre pronto ad agire, a differenza sua. In più teneva cara la vita, virtù che pareva mancare nella maggioranza della gente che incontrava in queste terre abbandonate dalla fortuna.

– Che cosa ci faccio ancora qui? – si ritrovò improvvisamente a pensare Tristan. Era passato ormai troppo tempo dall’ultima volta che aveva vissuto al sicuro dietro le mura dell’Ovestvallo. Troppo per un uomo che non faceva altro che ripetere di voler tornare a casa, lontano e al sicuro dai continui e innumerevoli pericoli che li minacciavano. Non aveva più cercato di raccogliere notizie su quel che accadeva a Valdimora, aveva smesso di pagare improbabili messaggeri per consegnare lettere alla sua dolce metà nelle quali rassicurava sull’essere ancora in salute e pronto a tornare. Si era lasciato dietro criminalità e scorrerie e aveva conquistato una vita decente, convinto di meritarsela. Ora invece non riusciva a togliersi di testa le parole di Istrice, pronunciate la sera prima, quando gli aveva raccontato la sua triste storia. “La verità caro mio, è che siamo tutti finiti in questo posto perché, che ci piaccia o meno ammetterlo, siamo scarti; brutta gente che casa o non c’è l’ha, o non ci tornerà mai”

Tristan guardó verso l’alto. Il cielo era limpido e illuminato di astri, una di quelle notti che a guardarle, un po’ ti danno da pensare seriamente alle cose.

Anche alle parole di un uomo che porta la gonna.

– John ma tu cosa ci fai qui nella scacchiera? –

John fini di scolare il terzo boccale

– Boh, e chi se lo ricorda più ormai….Te ne verso un altro? – disse porgendo la fiasca.

Tristan lascio che versasse, e prima di bere inspirò i dolci sentori del liquore. Era un’ottima partita quella, la successiva non sarebbe stata altrettanto buona.

– Che hai da sorridere così? – gli fece John

– Direi che tutto sommato – rispose allegramente – posso abituarmi di nuovo a questa vita –

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