I
“E così, eccoci a un’altra sfrenata e tediosa festa di matrimonio”… così pensava Velik Baba Ullian Goska mentre si aggirava fra i falò accesi intorno ai grandi vagon della sua grande enkureja, fra un saluto e l’altro ai numerosi parenti e fra un bicchiere e l’altro di liquori di ogni genere. Si vantava di conoscere benissimo ogni membro della sua carovana, e in effetti sapeva molto della storia di ognuno, ma soprattutto aveva flirtato con tutte le donne in età da marito e con quelle più mature, mietendo per la maggior parte grandiosi successi, tanto che sei ragazze le aveva pure prese in moglie. Purtroppo, questa familiarità con l’enkureja Goska aveva i suoi lati negativi: ormai non c’erano più creature di sesso femminile che non conoscesse, né c’erano molte storie che non avesse mai sentito raccontare. Insomma, dopo un po’ iniziava quasi ad annoiarsi.
– Ancora un goccio, Velik Baba?
– Grazie Olgun, ma l’idromele comincia a stuccarmi, stasera…
L’anziano alemarita incurvò le labbra in un sorriso, scrollando il capo. – Proprio tu dici così, Ullian? Accidenti, sta’ a vedere che stai invecchiando pure tu… Ti ho tenuto sulle ginocchia quando eri alto quanto un polletto arrosto, e adesso ti sento fare questi discorsi…
– Eh, che vuoi farci, vecchio amico – sorrise distrattamente Ullian – ormai anche queste belle ricorrenze iniziano ad avvicendarsi sempre simili, non trovi? Il vecchio scrollò le spalle, indirizzando lo sguardo verso un falò distante, da dove proveniva un gran chiasso. – Che ti devo dire, Velik Baba, forse che sì e forse che no… là ad esempio si divertono da matti da almeno due ore… erano anni che quella piccola gatta selvatica non tornava a Corcovlad, e davvero non credevo potesse diventar peggio di com’era da bambina…
Ullian alzò un sopracciglio, interessato. – Piccola selvaggia? Di chi parli?
– Di Katrinalea, la primogenita di Leljiamyra… te la ricordi, no, quella donnona con cui nemmeno Ivan Tre Passi si metterebbe a discutere… e avrai certo sentito dire che sua figlia, compiuti dieci anni, praticamente ricattò i suoi cugini che partivano per il moc per costringerli a portarla con loro… che poi, per certe cose aveva di certo più cervello e arte lei che tutti i suoi giovani parenti messi insieme… che fuzuka mi leghi la lingua se quella mocciosa rompiscatole non sembrava nata sopra un cavallo!
Ma Ullian aveva smesso di ascoltare le parole dell’anziano nel momento in cui aveva richiamato alla sua memoria l’esistenza di Katrinalea Goska. Ma certo, sì, ricordava benissimo. L’aveva vista ormai tanti anni prima e se la ricordava vagamente come una ragazzina dai capelli neri disordinati che cavalcava a pelo un cavallo alto tre volte lei, lanciata a tutta velocità verso la selva più fitta di Corcovlad. Ullian, sempre in ordine e tranquillo, in cuor suo aveva disapprovato un atteggiamento tanto selvaggio. Poi erano passati gli anni, e aveva sentito parlare di tanto in tanto di lei da membri di altre carovane, che sembravano doverle tutte grossi favori, e che tuttavia la ricordavano con affetto. Si diceva che la dromeja Oslobadanje aveva deciso di pagare il suo debito di riconoscenza forgiando per Katrinalea un pezzo unico, una spada che aveva richiesto materiali talmente particolari che era andata la stessa ragazza a cercare, in sella al suo cavallo, su e giù per tutta Alemar. Gli era poi giunta all’orecchio una storia che riguardava alcuni tanatosarchi che, senza l’intervento tempestivo di una certa bizzarra sedicenne, si sarebbero trovati in guai molto, molto seri. Ciononostante, si poteva dire che non l’avesse mai vista prima. Una nuova conoscenza, dunque. Femminile, per di più. Ecco, questo era quello che aveva sperato accadesse. Questo era quello che attendeva ormai da tempo.
– Accidenti, Ullian, conosco quello sguardo… lasciala perdere, è peggio di sua madre… si raccontano cose piuttosto inquietanti su di lei e…
Fiato sprecato. Ullian Goska aveva già deciso come avrebbe trascorso la serata, e si avvicinò a larghi passi lenti al punto indicato da Olgun, che inutilmente cercava di dissuaderlo.
La festa lì sembrava effettivamente più animata che mai: c’era un gruppetto intero di alfieri del vento che ridevano come matti, le spade penzolanti al fianco e boccali ricolmi fra le dita, disposti in una sorta di bizzarro cerchio intorno a un basso tavolaccio. Su di esso troneggiavano due figure: un ragazzone un po’ ricurvo, ansimante, quasi sul bordo del tavolo e una giovane donna dai lunghissimi capelli neri, tenuti indietro da alcune forcine e ravvivati da un fiore rosso appuntato delicatamente sopra l’orecchio. Era alta poco più della metà del suo avversario e il suo corpo muscoloso e scattante era fasciato da un corpetto decorato di tralci dorati che ne esaltava le forme. La ragazza aveva un sorrisetto malizioso dipinto sul volto e Ullian ne capì il significato quando le vide fare prima una finta e poi, con un movimento fluido e deciso, impostare una mezza piroetta seguita da un calcione all’altezza della bocca dello stomaco del suo avversario, il quale volò giù dal tavolo battendo una sonora culata, fra le risa e gli applausi dei presenti.
– Sei proprio un pollo, Sergej! Sfidare Katrinalea a fare a botte è come entrare nel thanpura di Ivan Tre Passi! Che ti aspettavi? – Gli alfieri schernivano allegramente il ragazzone ancora a terra, mentre la ragazza lo aiutava a rialzarsi, con un sorriso comprensivo e amichevole.
– Senza rancore, Sergej? – gli disse con voce quasi flautata.
– Come si fa a litigare con te? Ma certo, senza rancore… ma voglio la rivincita! – mugolò Sergej, ormai in piedi.
– Magari una volta che sei meno sbronzo… così magari duri un po’ di più… – La ragazza sghignazzò con una punta di finta cattiveria e i presenti le fecero eco, continuando a prendere in giro il malcapitato.
Ullian Goska era estasiato. Sfrontata, fiera, focosa, tagliente e sicura di sé, eppure spontanea, comprensiva, amata da tutti e femmina fin nel midollo… Che sfida gli si prospettava… e lui adorava le sfide. Era sempre certo di vincere in ogni caso, anche quando perdeva, ma adorava l’idea di faticare e ricorrere ad ogni mezzo pur di trionfare con stile. Si fece avanti, sicuro che il fascino del suo ruolo di guida di Alemar avrebbe sortito un certo effetto sulla fanciulla e che sarebbe partito con il solito piccolo vantaggio. E invece, subito si trovò davanti un muro inatteso: come si accorse di lui, la sua preda passò da un’espressione di sereno entusiasmo goliardico a una di autentico e per nulla celato disgusto.
– Oh, e tu che vuoi? – furono le parole aspre che lei gli rivolse ancor prima che lui potesse aprire bocca. Chiunque altro si sarebbe sentito spiazzato o si sarebbe allontanato con la coda fra le gambe, ma non certo Ullian Goska.
– Vengo a rendere omaggio alla vincitrice di questa piccola sfida, ovviamente… E a fare la sua conoscenza, visto che non ho mai avuto il piacere di…
Ma l’eloquio vellutato e suadente di Ullian venne interrotto da un dito puntato contro di lui ben oltre la distanza di sicurezza e con intenzioni chiaramente bellicose.
– Stammi a sentire, vecchio sfiancafuton, se sei venuto qui per aggiungermi alla tua collezione di ammiratrici ululanti vuol dire che ormai sei particolarmente rincoglionito! La tua pessima fama ti precede ovunque vai, quindi non hai che da ringraziare il cielo che sei ancora Velik Baba, perché altrimenti t’avevo già puntato Strjiela alla gola e ti avevo disegnato un bel collier alla moda sul gozzo, visto che ti piacciono tanto le cose frivole! Quindi vattene a importunare qualche kodan disposta ad ascoltare le tue chiacchiere e lasciami in pace a godermi questa bella festa, che in realtà era bella prima che tu mi facessi vedere la tua faccia da schiaffi!
Probabilmente fu in quel preciso istante che Ullian Goska decise di dare il benservito alla sua sesta moglie. La settima era già lì, davanti a lui, doveva solo farne prendere atto anche a lei. E quella sarebbe stata decisamente la parte migliore.
II
– Non costringermi a picchiarti, vecchio idiota!
– Io non costringo proprio nessuno – rispose Velik Baba con aria sorniona. – Sono solo curioso di vedere quanto arde questo fuoco che ti anima…
Katrinalea sbatté con rabbia un pugno contro un lungo vagon proprio al suo fianco, incrinandone leggermente la superficie di legno scuro. – Se ti metto le mani addosso, pezzo di idiota, ti rovino completamente quel bel faccione rotondo che ti ritrovi, e come minimo mi esiliano da Alemar!
– Alemar perderebbe una sì gran dama, se tu te ne andassi, e la terra gelerebbe senza cotanto calore!- recitò accoratamente a quel punto l’uomo, appoggiando il dorso della mano sulla fronte e mimando un attacco di ispirazione poetica.
– Ma tu davvero riesci a portarti a letto così tante sestre tirando fuori così tante cazzate?
– Le altre volte richiedono meno fatica, ammetto – si ricompose seriamente in un lampo Ullian. – Ma anche per questo molte sono state meno soddisfacenti ad atto finito che questa qui solo all’inizio.
Katrinalea ghignò sonoramente. – Ecco, all’inizio e anche alla fine, per quel che mi riguarda! Togliti dai piedi e lasciami in pace, o che Urama mi strafulmini se non ti mando a letto non solo con la coda fra le gambe, ma anche con quello stecchino striminzito che ti pende penoso sotto il basso ventre annodato intorno al collo, intesi?
– Oh, se è la fine o meno solo il Fato può dirlo, e a me per ora sembra invece l’inizio di qualcosa di stupendo, di appassionato, di vivo e di vivace e…
La ragazza ruggì letteralmente levando nocche ben navigate all’indirizzo del naso di Velik Baba. – Il Fato? Il FATO? Ma tu sei fuori di testa! Il MIO Fato mi appartiene e non ti contempla affatto, sappilo, maledetto imbecille presuntuoso e arrogante, e stai alla larga da me o ti smezzo!
Rapido e guizzante come una serpe, il Conte afferrò delicatamente il polso della ragazza con la punta della dita e vi avvicinò il viso, sussurrando:
– Il Fato non è cosa che ci appartiene davvero, dovresti saperlo… è già scritto e deciso, ma sta a noi saperlo interpretare e fare nostro in tutti i suoi segni… – Detto questo, con delicatezza, sfiorò le nocche oramai sbiancate con le labbra e chiosò con tono mellifluo: – Vuoi che legga il nostro futuro nella tua mano, ad esempio?
Katrinalea, che aveva effettivamente cambiato svariate tonalità di colore nel corso dell’ultima tirata del suo fastidioso interlocutore, si allargò in un sorriso che nulla aveva di dolce e poi sferrò senza esitare un poderoso montante proprio sotto il mento ben rasato di Ullian, commentando con voce velenosa e melliflua al tempo stesso: – Hai proprio ragione, infatti nel tuo Fato era già scritto che ti saresti beccato un uppercut dalla sottoscritta, poiché tu hai male interpretato i nodi che ne compongono la complessa trama… visto, brutto idiota, se mi metto d’impegno riesco anche a sfoderare discorsi incomprensibili come quelli che usi tu… e ora LEVATI UNA VOLTA PER TUTTE DALLE PALLE!!!!
Lo sguardo di Velik Baba era tanto chiaro da brillare alla luce dei falò di un tono glaciale di sfida, mentre un sorriso soddisfatto e vagamente sanguinante si allargava sul suo viso. Con tono di voce basso e ostentatamente passionale sussurrò: – Sai, immaginavo una cosa del genere… Un po’ come immagino nel nostro immediato futuro un futon comodo e una bella bottiglia di vino…
A quel punto, il sorriso di Katrinalea si fece ancora più tagliente e con una punta di pura malvagità.
– Ottima idea… allora intanto perché non fare che l’immediato futuro diventi, tipo, ADESSO? Intanto, per cominciare, tu potresti portarti un po’ avanti con il vino…
Katrinalea finalmente si decise a spaccare una bottiglia afferrata chissà dove sul bordo di un tavolo e a conficcarla furiosamente nel ginocchio sinistro di Velik Baba, lanciando improperi contro Fuzuka e tutto il Popolo Oscuro mentre si dileguava come una forsennata nella notte, al riparo nel folto di Corcovald; Ullian non poté reprimere un sorrisetto di trionfo mentre la sentì gridare, in lontananza “Non mi frega un cazzo se mi esiliano, io quello lo ammazzo, lo stronco, lo trucido, lo torturo e poi lo ammazzo di nuovo!”. Allo stesso modo non potè ricacciare indietro i mugolii di dolore mentre un ljekarna accorreva presso di lui e tentava di estrarre dall’articolazione i pezzi di vetro più grossi. Eppure, nonostante la brutta ferita, era estremamente soddisfatto.
– Velik Baba, vuoi che andiamo a cercarla?
– Scherzate? No, no, ci vado io… Non abbiamo ancora concluso la nostra amabile conversazione…
– Non prendertela, Velik Baba, ma non credo che quella tipa là faccia al caso tuo… Se ci si mette, quella ti sbatte davvero come un tappeto…
Tutte parole dette al vento. Anzi, tutta musica per le orecchie di Ullian. Si preannunciava un corteggiamento al vetriolo, spossante, senza esclusione di colpi, e Velik Baba era sicurissimo che ne valesse la pena.
Sette… sì, sento che porterà fortuna.