Stava oramai giungendo la sera alle foci del Myr, i feriti giacevano accanto ai morti mentre i pochi illesi montavano la guardia in attesa delle barche che li avrebbero portati lontano da quel luogo pericoloso.
La giornata era stata estenuante, il passaggio nel piano delle ombre era risultato traumatico a tutti e per Dorghrim ed Angrha era risultato fatale; traditi nuovamente, traditi da chi doveva preoccuparsi della nostra sicurezza, venduti al nemico come bestiame per una briciola di potere.
Un’ombra si aggirava al margine dell’oscurità, un essere dal sangue misto, la furia dell’orco e la razionalità dell’umano stavano combattendo un’eterna battaglia dentro di lui: i suoi occhi ardevano come brace pronta ad avvampare e le sue mani stringevano convulsamente il bastone di legno che lo aveva accompagnato dall’inizio di questo viaggio.
Nella sua mente si susseguivano rapidamente gli avvenimenti della giornata e dalla bocca gli uscivano commenti e pensieri che non poteva rischiare serpeggiasserro tra i suoi guerrieri: “Basta! Questa guerra stupida ci porterà tutti a macello come mucche! Che senso ha continuare a mandare miei guerrieri in prima linea per vederli morire uno dopo altro? Non ce la faccio! Non riesco a tenere in vita tutti! Oggi essere toccato a quel matto di nano e l’aspirante suicida Alazharita, domani potrebbe toccare a capo-orda o a Liarl. Non posso permettere! Mio ultimo osso oramai è a sicuro nelle mani di mio ultimo guerriero, posso permettere me di diventare come fiamma distuttrice di Fieran, farmi possedere da spirito primordiale di fuoco, se non posso fermare morti dei miei amici posso almeno fare si che debbano combattere con minor numero di nemici.
Rimane solo da fare viaggio per entrare in comunione con spiriti, a prossima luna piena nascerà nuovo essere, nascerà fiamma viva che cammina e che brucerà le anime nere dei nostri nemici”.
Addio per ora miei compagni, non ha senso che io torni sulle navi insieme a voi, la mia meta è un posto molto più lontano.