A metà cammino
Istrice si stava incamminando di buon passo verso l’accampamento provvisorio, l’indomani le masnade sarebbero arrivate in loco, stasera sarebbe stata l’ultima fermata.
«Oh, Ispide, che ci fai?»
«Veramente è Istrice, ma fa nulla. Sto andando al campo, mi hanno detto che c’è Sigrun, le vorrei parlare, con una certa urgenza, peraltro.»
«Ma senti, per dirle cosa?»
«In realtà diverse cose, è un po’ complesso e avrei una certa premura.»
«Ma senti. Mica ti sarai comportato male? Ti vuole picchiare?»
«Non escludo nessuna delle due ma vado a parlare di altre cose, davvero, è complicato.»
«Ma senti. Hai mica visto Astice in giro? Lo cerco da un po’»
«Sarebbe Lince, ma va bene lo stesso, sì, è laggiù credo stia facendo penitenza per qualcosa che non so o che non capisco. O entrambe.»
«Ma senti, allora ci vado dopo, vado a cercare Urside.»
«Se non lo chiami Jena neppure si gira, dagli una pacca sulle spalle, è alla tenda da campo, coi feriti.»
«Ma senti, tutti impegnati oggi, eh? Va bene vado a fare due risate con Erpice»
«Sembrerà strano, ma si fa chiamare Grizzly, l’ho lasciato alla tenda che si stava cambiando, ora ho fretta, ti prego Katrina, vorrei…»
Fin lì praticamente nessuna pausa, dialogo diretto e serrato, quasi sceneggiato con sapienza. Poi neppure il vento aveva il coraggio di soffiare. Istrice stava guardando Anastasia con lo sguardo di chi sapeva di aver fatto un grosso errore ma ancora non aveva focalizzato bene cosa avesse fatto, o quali conseguenze avrebbe portato.
Il tono di voce di Anastasia si alzò parecchio quando cominciò la sua invettiva.
«Non è possibile, son mesi ci si conosce, lei ha gli occhi celesti, io azzurri, lei ha l’armatura io la siringa, lei ha il vestito blu notte io ho il vestito antracite scuro, non ci credo che ancora ci confondi, non ci credo, guarda, non è possibile. Che devo fare, eh?, mi attacco un cartello col nome in fronte, eh?, mi tatuo in faccia “Non sono Katrina”?.»
«Anastasia, io…»
«Anastasia niente, vado via. Ciao.»
Se ne andò arrabbiata continuando a bofonchiare pessimi epiteti. si sentì solo un’ultima frase, in lontananza
«Volpe, vieni qui, ti devo dire una cosa. Ispide non capisce una…»
Ma era lontana, Istrice non sentì come finiva la frase
—
Katrina era pochi passi indietro, quando sentì il nome di sua sorella non poté fare a meno di avvicinarsi. Magari avrebbe potuto ma la curiosità viscerale di voler sapere tutta la storia era una sensazione che non riusciva a dominare. Nonostante l’armatura l’appesantisse arrivò in meno di un battito di ciglia.
«Che è successo, perché è incazzata?»
«Eh, ho sbagliato, lo sai, capita a tutti. Ho confuso i nomi»
«Ahi ahi Istry, lo sai che lei si imbelvisce»
«Te invece la prendi un po’ meglio, mi pare di capire. Con tua sorella non c’è verso di parlare, certi tasti la fanno incazzare a morte»
«Non uterina»
«Cosa?»
«Non uterina»
«Avevo capito. Cosa è non uterina?»
«Mia sorella»
«…»
«Mia sorella non uterina, è importante»
«L’assenza di utero è importante?»
«Ma no, che scemino che sei, ce lo abbiamo tutte e due l’utero»
«Katrina io ti giuro non capisco dove vuoi andare a parare.»
«Vuol dire che siamo sorelle anche se non siamo nate dalla stessa madre»
«…»
«Hai capito adesso?»
L’ultima cosa fu più un sospiro che una risposta vera e propria
«Si. Ho capito. Non so perchè dovrei essere a conoscenza di questo dettaglio ma è evidente il messaggio. Grazie della precisazione, grazie davvero, ora vorrei andare.»
«Vai pure vai. Buone cose per tutto Istry.»
«Grazie, ti prego scusami con tua sorella»
«Non uterina»
«…Scusami con tua sorella non uterina…»
—
Incredibilmente Istrice riuscì ad incrociare pure la Lupa prima di arrivare all’accampamento. Era diventata una corsa ad ostacoli, avrebbe preferito trovare Sigrun sul presto, magari da sola, ma non c’era storia, quella sera tutti dovevano chiedergli qualcosa.
«Istrice dove stai andando?»
«All’accampamento, Lupa, devo sbrigare una faccenda»
«Si si bravo, ora però aiuta me: mi serve un piacere veloce.»
«E cosa vuoi?»
«Devo trovare Jena»
«E’ al campo, insieme ai feriti, non credo ti possa concedere udienza»
«Uffa! Finalmente ce l’ho fatta e lui ha da fare»
«Ma cosa dici?»
«Dico che è tutta la mattina che mi impegno, e ora che ce l’ho fatta che ho le prove lui sparisce»
«Hai bevuto? Hai fumato? Tutto?»
La lupa piagnucolò in quella strana posa appesa alla lancia, conficcata per terra. Bofonchiò un’ultima parolaccia e buttò per terra il picciolo di una ciliegia annodato.