C’era una volta un cavaliere di Athar, uno di quegli sciocchi vogliosi di dimostrare di essere meglio di tutti gli altri, che intraprese un viaggio verso l’Ovest, verso il deserto selvaggio e sconosciuto, patria di mostri e nemici potenti, per compiere il suo “Viaggio del Leone”.
Peregrinò e combattè contro i maledetti scorpioni delle sabbie, i temibili Sothom, e i demoni del deserto, risultando sempre imbattuto, mai ferito, mai impaurito;viaggiò per settimane in lungo ed in largo senza una meta precisa, si imbatte infine in un villaggio di Belgaf Him, i Falchi Celesti, terrorizzati da un tremendo drago color del cielo, in grado di secernere fulmini indaco con il suo soffio mortale, che aveva già sterminato molti dei loro più abili guerrieri.
Il cavaliere si decise ad aiutarli, affrontare una bestia del genere non sarebbe stato un problema, sicuro come ogni Athariano di essere invincibile, purtroppo avrebbe necessitato di una guida per intraprendere il viaggio, cosicchè gli venne affiancata la figlia del capovillaggio, una ragazza focosa e testarda come solo le Athariane sanno essere e, sin da subito, fu evidente che mal sopportava i modi pomposi del cavaliere e la sua assurda sicumena, come se i guerrieri del suo villaggio fossero degli incompetenti.
Viaggiarono per giorni e settimane, con l’uomo che corteggiava la donna e lei che gli si negava con fastidio, in quanto era evidente che lui non sapesse amare, si accamparono sotto le stelle, tra le dune, e il deserto accoglieva i suoi due figli così diversi, anche se il cavaliere non tentava neanche di osservare ciò che aveva intorno, così impegnato a far vacillare il muro eretto dalla Belgaf Him, inutilmente, non avrebbe mai fatto breccia senza l’amore; giunsero infine alla tana del drago, una caverna naturale di roccia, attorniata dalle ossa dei precedenti avventori.
Il cavaliere sfidò il drago ad uscire, battendo le sue armi e prorompendo in grida e canzoni di guerra, con arroganza e superbia, e la Morte lo ascoltò: scaglie metalliche cominciarono a scorrere a pelo della sabbia, con spuntoni ossei che crescevano di secondo in secondo, dopodichè si innalzò la testa, ricoperta di rostri e zanne, la sabbia scivolava tra le placche metalliche e dalle fauci della creatura, mentre l’aria crepitava di elettricità tra le sue corna, il mostro spalancò le fauci emettendo un ruggito di rabbia che fu sentito in ogni angolo del deserto, come ad indicare l’inizia della battaglia, o il gong del pasto.
Il cavaliere non aspettò un secondo, spinse rudemente la donna lontano dalla mischia, pronto a lanciarsi alla carica: il mazzafrusto mulinava sopra la sua testa fischiando velocemente nell’aria, andando a colpire le spesse scaglie del mostro, facendole saltare o spezzandole, mentre la spada apriva ferite sanguinanti lungo il petto e la coda; combatterono per minuti che sembrarono ore, ma alla fine il combattimento stava volgendo al peggio per il cavaliere, gli artigli dilaniavano velocemente la sua sottile armatura e le armi si scheggiavano contro le ossa adamantine del drago, senza riuscire ad infliggere il colpo mortale.
L’uomo era ormai riverso a terra, in un lago del proprio sangue, pronto a ricevere l’affondo mortale della creatura, quando una figura esile si parò tra lui e la morte.
-No mia Signora, morirete inutilmente, fuggite-
-Voi uomini e la vostra tracotanza…-
La donna schivo facilmente il fendente della creatura, estraendo al contempo due armi corte ed affilatissime da sotto il mantello,recidendo una delle falangi del mostro con un sol colpo; sembrava danzare invece che combattere, schivando ogni assalto per un soffio, nell’estasi della battaglia sembrava la fiamma di una candela mossa dal vento, rischiarando la notte, ma con il rischio di essere spazzata via da una brezza più forte.
Sangue copioso zampillava dal corpo del drago, reso folle dal dolore e dalla rabbia, il deserto vibrava ad ogni suo ruggito; la donna sbagliò un passo di quella danza, finendo dritta tra le zampe anteriori, alzate per falcidiare la sua giovane vita, il cavaliere raccolse tutte le sue rimanenti forz, costringendosi ad alzarsi ed a impugnare la sua spada, menando l’ultimo fendente prima che la spada si spezzasse, quello che raggiunse il cuore del drago un secondo prima che lei venisse uccisa, un secondo prima che lui svenisse per le ferite.
L’uomo giaceva morente, con il corpo che diveniva sempre più freddo all’aria della sera del deserto, ormai delle sue vesti rimanevano pochi brandelli, così c’era un’unica possibilità per la donna che si spogliò nuda, sdraiandosi accanto al suo corpo per scaldarlo, parlando ininterrottamente per giorni cercando di tenerlo sveglio; gli rivelò i suoi sogni, le sue aspirazioni, paure e desideri, gli raccontò le storie del deserto e i nomi delle stelle che scorrevano notte dopo notte sopra di loro nella sua lingua, condivise tutto ciò che teneva dentro, senza nascondere nulla, nessun difetto e nessun peccato.
Dopo una settimana l’uomo iniziò a riacquistare le forze, girò la testa verso di lei che lo stava osservando, nei suoi profondi occhi neri orlati di stanchezza e le disse:
-Ho sognato di amarti-
E lei finalmente lo baciò.
Questa è la mia versione di come il Rahis e la Gran Kalesir sconfissero il drago, ne esistono migliaia, raccontate in tutte le locande di Kanam ma questa è la mia preferita mia lady.