IL PESO DEL MEDICO – PARTE 1

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Quando si era unita al Sussurro col cognome Cucipiaghe, Odile non avrebbe mai pensato che nella masnada che si occupava del genio e delle strategie non ci fossero degli archivi medici tenuti decentemente…

Quindi, quando aveva visto gli archivi medici di masnada tenuti in modo quantomeno fantasioso, aveva sollevato lo sguardo al cielo, cercando l’occhio di Sirio, che evidentemente fischiettava facendo finta di non vederla, aveva preso un lungo e profondo respiro, emesso un ancor più lungo e ancor più profondo sospiro e poi si era portata le mani alla faccia.

“Sirio dammi la pazienza, che se mi dai la forza faccio un macello…” si era detta, per poi rimboccarsi le maniche: aveva preso tutte le carte scritte con zampa di gallina di qualche altro cerusico (avevano tutti lo stesso vizio, lei più di altri!), e se le era messe in borsa e sottobraccio, poi, con fogli che spuntavano un po’ ovunque, era andata in cerca di Leone, gli aveva preso il libro di masnada esclamando “Te lo riporto dopo!” e si era incamminata di nuovo verso il suo Vagon, lasciando l’Alfiere interdetto, non per la prima volta.

Da allora erano passati oltre due anni e gli archivi medici erano un po’ migliorati: erano sempre scritti con una scrittura da zampe di gallina, ma almeno aveva tutti i suoi riferimenti in ordine.

Aveva anche deciso, all’epoca, che avrebbe sottoposto tutti i nuovi arrivati ad una visita per creare il loro fascicolo, così da evitare sorprese pregresse.

Fu così che, dopo il soggiorno a Palazzo Alicante, con i nuovi arrivi confermati, decise di aggiornare le sue note. Aveva già visitato Kaissa e Trofimena, trovandole in buona salute, in generale. Aveva poi preso un’altra pergamena e consultando la lista dei nuovi…

“Ah, la nuova arrivata…” Odile sospirò. Era passata per un tè il giorno dopo la ripartenza da Palazzo Alicante e, dalle poche cose che si era fatta sfuggire, Odile aveva compreso che qualsiasi cicatrice avesse trovato, sarebbe in realtà stata molto più profonda di quanto sembrasse.

Sospirò ancora.

Certe cose non sarebbero cambiate solo perché avevano sconfitto i quattro. Forse più di tanti altri, Odile era consapevole che certi atti malvagi sono intrinsechi negli umani, capaci di tanta violenza quanto di tanta bontà.

D’altronde, non incarnava lei stessa questa dicotomia? Artificiera e cerusica? Si poteva raccontare che sparava solo a chi lo meritava, ma, per prima cosa, chi era lei per decidere chi lo meritasse? Seconda cosa, a meno di non mentire anche a se stessa, cosa che di solito non faceva, non poteva certo negare che sparare un colpo ben assestato le desse la stessa scossa lungo la schiena del salvare uno dei suoi.

Suo padre le diceva sempre che essere consapevole di questa doppiezza era un bene perché la teneva ancorata alla realtà. Allo stesso tempo, era dispiaciuto che la sua bambina fosse già arrivata a quella realizzazione a tredici anni.

Ma forse, col senno di poi, esserci arrivata tanto presto era esattamente il motivo per cui, a 38 anni suonati, sentiva di poter guardare il mondo attorno a sé con occhio preciso.

Sorrise per un secondo. “D’altronde ci sarà un motivo se mi sono votata a Sirio,” mormorò tra sé e sé, sghignazzando per l’ennesima pessima battuta su occhi, occhiate, cecità…

A proposito di occhi, lo sguardo le cadde di nuovo sul fascicolo che stava creando.

“Dantalian…” di solito non aveva molte remore a esaminare i suoi compagni di Masnada, ma aveva la netta sensazione che questa visita sarebbe stata diversa.

Odile aveva visto come i suoi movimenti fossero calcolati: c’era qualcosa non del tutto naturale, di appreso, come se muoversi in altro modo fosse doloroso, nella sua economia di movimento.

Alla fine, decise che non ci sarebbe stato un momento migliore, o un momento perfetto, e andò in cerca della donna.

La trovò con relativa facilità, in una delle tende della marmaglia, di quelle esclusivamente femminili.

L’alchimista si fermò sulla soglia ad osservarla, c’era Paloma che stava mostrando a Dantalian l’ultimo livido conquistato in allenamento. Paloma aveva 16 anni, era un’orfana che avevano aiutato alcune lune addietro e che aveva deciso di diventare la migliore spadaccina del Sussurro, e per questo si allenava con Lana.

Odile vide il livido, realizzando rapidamente che non era niente di pericoloso, Lana peraltro curava sempre i suoi allievi quando ne prendevano troppe in allenamento. Ciò che la colpì fu la reazione di Dantalian, che si era ritratta come se fosse stata lei ad essere colpita. Prima che la ragazzina se ne accorgesse e facesse domande, o, forse peggio, prima che non se ne accorgesse e continuasse a mostrare orgogliosa i lividi, Odile intervenne,

“Ahem,” si schiarì la voce all’entrata della tenda, facendo girare le due donne verso di sé. Paloma le sorrise.

“Doc! Hai visto? Lana dice che sto migliorando!”

“Ho visto, ho visto Palomita, è decisamente più piccolo dell’ultimo! Ora però fallo guarire! Vai in infermeria e mettici il balsamo di calendula.” Le rispose Odile, cercando lo sguardo di Dantalian col proprio, prima che si allontanasse, e facendole cenno di aspettare. La ragazzina annuì convinta e si incamminò fuori dalla tenda, passando accanto a Odile che aggiunse,

“Visto che vai all’infermeria, ci sono tre dozzine di bende pulite da arrotolare, sistemale e fermale con gli spilli grossi, per piacere.” Paloma scattò sull’attenti,

“Sicuro, Doc!”

“Mi raccomando lavati le mani bene prima di maneggiarle!” le ricordò, mentre partiva di corsa. Paloma le fece un cenno con la mano, Odile sperò che fosse di comprensione.

La scentiarita si girò dunque verso Dantalian, sorridendo,

“Ah, beata gioventù e beate gambe per correre,” disse, guardando la donna e notando che sembrava aver ripreso un po’ di controllo, anche se era ancora pallida. “Ero venuta a cercare te, a dire il vero,” le disse. “Puoi venire al mio Vagon? Come Cerusica del Sussurro, è mio dovere assicurarmi che tutti i componenti, Elite e marmaglia, stiano bene…”

“Sto bene, Odile,” le rispose affrettata Dantalian.

Odile incrociò lo sguardo della donna, ne osservò le scure ombre sotto gli occhi, il modo rigido in cui teneva le spalle e le braccia che erano andate a incrociarsi attorno al ventre, come a proteggersi. Sapeva di dover scegliere… una parte di lei non voleva metterla in difficoltà, era evidente che non sarebbe stata una visita facile per nessuna delle due. Ma Odile, per esperienza, sapeva che sarebbe stato sempre più difficile col passare del tempo, con l’aumentare dei silenzi, dei segreti. E certi segreti erano così pericolosi sulla Scacchiera. Già tanto di quello che la donna le aveva mezzo confidato l’aveva fatta preoccupare…

Sospirò, odiando un po’ di dover essere lei a forzare la situazione, odiando sapere che era necessario.

“Dantalian… sappiamo entrambe che non è proprio così. Non voglio metterti in difficoltà, ma vieni con me, prendiamo un tè e ti spiego cosa faccio di solito per i nuovi arrivati… se dopo vorrai ancora che non ti tocchi, non lo farò.”

La vide esitare. Odile non fece altra pressione. Aveva creato l’apertura, aveva fatto capire che sapeva, aveva lasciato anche una via d’uscita. Ora toccava a Dantalian. Allungò una mano verso di lei, anche se erano ancora a diversi passi di distanza, a palmo aperto: un’offerta di sostegno e di aiuto.

Passarono diversi momenti, che sembrarono lunghissimi, prima che, esitando, lentamente, la donna chiudesse la distanza e appoggiasse una mano su quella di Odile.

Odile sospirò di sollievo nella sua mente, respirando studiosamente in modo lento e misurato. Dantalian annuì e Odile le strinse la mano brevemente.

“Vieni,”

Lasciò che Dantalian ritraesse la mano, girandosi e fidandosi che l’altra la seguisse.

“Ricorda solo di togliere gli stivali e le armi, altrimenti non ci si gira,” disse, aprendo la porta del Vagon e facendo cenno a Dantalian di entrare, indicandole il mobiletto a ripiani che Odile si era fatta installare apposta.

Dantalian si sedette allo stesso posto di pochi giorni prima e Odile entrò, togliendo i propri stivali e affaccendandosi per alcuni minuti.  Prese qualche biscotto secco, che teneva sempre per i momenti in cui aveva fame, e li posò sul tavolino, poi si spostò con le tazze verso un contenitore in vetro piuttosto grande che conteneva limone, zenzero e fiori di melissa. Si era fatta fare apposta un supporto rialzato, e aveva installato uno dei rubinetti che usavano spesso i Pivo per mescere le loro creazioni, per comodità.

“Spero che ti piacciano gli infusi freddi, fa troppo caldo anche per accendere il fornello alchemico se posso evitare,”

“Non… non credo di averne mai assaggiati.” Dantalian le rispose, esitando un attimo.

“Ah, allora lo scopriremo subito.” Odile riempì le tazze, mettendole direttamente sotto al rubinetto, e poi le posò sul tavolo, sedendosi finalmente.

Si tenne occupata sbocconcellando uno dei biscotti e prendendo un sorso o due della tisana, invitando Dantalian a fare altrettanto con un gesto mentre il silenzio calava su di loro come una cortina morbida.

Lentamente, vide la donna perdere la rigidità con cui era entrata e si era seduta, mentre faceva un biscotto in briciole, guardandolo assorta.

Da brava alchimista aspettò che la soluzione decantasse, lasciando che la sostanza che voleva ottenere affiorasse lentamente in superficie.

Dantalian finì di sbriciolare il biscotto e bevve riluttante un paio di sorsi, per poi dire,

“Spiegami…”

“Allora, è molto semplice: è una visita per stabilire qual è il tuo stato di salute attuale: ti ausculterei il cuore e i polmoni col mio Pinard,” Odile passò a Dantalian lo stetoscopio che usava perché lo vedesse, “ti misurerò i battiti del cuore, e poi controllerò gambe, braccia, schiena, ventre, per vedere che non ci sia nulla che abbia bisogno della mia attenzione.” Dantalian annuì lentamente, mentre esaminava curiosa lo strumento, “Di solito, programmo una seconda visita per le parti femminili o maschili, visto che tutto insieme può essere molto impegnativo. Potrai dirmi basta in qualsiasi momento e ti dirò quello che sto per fare prima di farlo. Potrai farmi tutte le domande che vuoi.”

Odile tacque, lasciandole spazio,

“E… non ci sarà nessun altro presente?” Chiese lei.

“No, solo tu e io. Se vuoi portare qualcuno tu per la tua tranquillità sei libera di farlo però.” La donna scosse il capo con veemenza.

“No… no… è già abbastanza difficile così.”

Odile decise di fare un piccolo azzardo e posò la mano destra sul dorso di quella di Dantalian, sfiorando la sottile cicatrice sul polso che altri non avrebbero visto, ma a lei era evidente.

“Dantalian… sono tanti anni che faccio questo lavoro… e l’ho fatto anche per tutto il periodo della ribellione… Non sono nuova a vedere gli orrori che le persone possono infliggere agli altri, e posso dirti con certezza una cosa: non hai di che vergognarti per i segni che porti addosso. Il mio obbiettivo non è farti stare male, ma so quanto può essere difficile questo passo, dopo tanti anni in cui non hai potuto fidarti di nessuno. E io sono praticamente una sconosciuta, ancora. Quindi adesso rilassati, non succederà nulla ora, bevi ancora che è importante con questo caldo.” prese la tazza e la riempì nuovamente, “e adesso basta parlare di robe sgradevoli, dimmi come ti trovi nel Sussurro!”

Odile aveva deliberatamente cambiato argomento per lasciare rilassare Dantalian, sperava solo di non aver tolto la pressione troppo presto, ma pensava di aver spinto a sufficienza per quella mattina.

Dantalian si congedò dopo aver finito quella seconda tazza, il secondo biscotto era stato mangiato e non era diventato cibo per gli uccellini che accompagnavano la carovana della masnada alla ricerca di briciole.

Odile dedicò il resto della giornata a fare l’inventario dei medicamenti nell’infermeria, dove fu felice di trovare le bende ben arrotolate e bloccate con le spille, e soprattutto, pulite.

Il mattino seguente la masnada riprese il cammino verso Nebin, e nei giorni successivi, tutti, Odile inclusa, furono troppo impegnati a montare e smontare i bivacchi. Dantalian la evitò per qualche giorno, arrivando ad andarsene con una scusa dietro l’altra quando lei arrivava, ma Odile non la prese sul personale: se avesse pensato di avere più tempo non le avrebbe fatto tutta quella pressione.

Un paio di giorni dopo quella conversazione Dantalian iniziò ad apparire dal nulla, all’inizio tenendosi piuttosto distante da lei, poi sempre un po’ più vicino, senza dire niente, per poi andarsene. Odile la ignorava studiatamente, mentre faceva nota mentale di questo esperimento della nuova arrivata. Una sera accettò perfino l’invito che Odile estendeva un paio di volte a settimana alle donne del Sussurro (e a volte c’era anche Irma… o Rory…), quando si trovavano nel Vagon a parlare del tutto e del niente. L’alchimista la vide mettersi accanto alla porta, e sussultare occasionalmente quando le risate si facevano fragorose. Dopo circa un’ora la vide sparire nella notte, silenziosa come era arrivata.

Incrociò lo sguardo interrogativo di Vidar, e le comunicò un ‘è tutto ok’ con un cenno, ricevendo da lei delle spallucce che dicevano chiaramente: ‘se lo dici tu…’.

Odile sapeva cosa Dantalian stava facendo, e lasciò che pensasse di passare inosservata mentre lo faceva

Se c’era una cosa che aveva imparato dall’alchimia era la pazienza.

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