Il Reame dell’incubo parte 1

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Il rientro dalla borgata fu più lungo e silenzioso del solito sia per colpa della stanchezza che per gli eventi accaduti; la scomparsa degli Altimastri, la sparizione della morte o presunta tale, la chiusura dei pozzi e quel braccio che non riuscivo a smettere di fissare, come se non mi fossi mai guardato le mani prima di quella volta… a tratti non capivo se fossi io a guardare lui o lui a guardare me.


Erano cose sulle quali non si poteva far altro che perdere il sonno o almeno era quello che i volti dei masnadieri lasciavano intravedere dalle rughe che, come cicatrici, segnavano i loro volti già provati, stanchi e con ancor più dubbi sul domani di quanti ne avessero mai avuti nella loro vita prima di allora.


“Cercate di riposare stanotte tanto è successo e tanto dovrà ancora accadere…ora più che mai le masnade dovranno essere unite per affrontare l’incerto domani”


Queste furono le parole di Balthazar, una sorta di monito a lasciarci alle spalle i frivoli rancori passati, per farci scudo uno con l’altro volgendo lo sguardo al futuro e alle persone che avranno più bisogno di noi…


Posai dunque il piccolo sacco al fianco del giaciglio, unico bagaglio che portai con me dal rientro.
Un sacco piccolo e apparentemente insignificante ma che in realtà al suo interno custodiva qualcosa che per me di significato ne aveva avuto molto: le maschere degli Altimastri.
Una volta coricato credevo che la stanchezza avrebbe presto avuto la meglio su di me ma così non fu. Mi giravo e rigiravo senza riuscire a prender sonno e senza neanche rendermene conto mi ritrovai disteso sul fianco a fissare il piccolo sacco. Il tempo pareva essersi fermato come congelato, le voci dei miei compagni fuori dalla tenda si facevano sempre più lontane e la luce pareva chiudersi attorno al sacco.


Quando ad un tratto… uno spostamento quasi impercettibile fece per un attimo muover il sacco, poi un altro e un altro ancora più intenso, come se al suo interno ci fosse qualcosa di vivo, qualcosa che non riusciva a liberarsi ma che si agitava con tutte le sue forze per uscire.
Mi alzai intimorito e incuriosito sospettando che un topo si fosse intrufolato e più mi avvicinavo più il sacco si dimenava, ma fu la sua apertura ciò che più mi scosse o per meglio dire… ciò che ne uscii.
Appena ne allentai i legacci qualcosa di scuro e rumoroso ne scaturì fuori quasi colpendomi il viso e facendomi cadere a terra. Ripresomi velocemente mi guardai attorno cercando quel qualcosa che avevo appena liberato e quell’ essere era appena dietro di me appollaiato sullo schienale della sedia dove avevo lasciato il soprabito con le mie cose. Una creatura con l’anatomia simile ad un corvo ma con, tuttavia dei tratti decisamente fuori dal comune un lungo osso facciale che culminava sulla testa dividendosi in due piccole corna come fosse una maschera, tre becchi uno orizzontale e due laterali un folto manto nero con riflessi dorati, occhi bianchi come astri nel firmamento e ali con piume che parevano fatte di onice ma affilate come i rasoi del più pericoloso degli assassini.


Ci fissammo per qualche fugace istante poi il corvo gracchiò e spalancando le sue grandi ali volò fuori dalla tenda. Senza perder tempo raccolsi il soprabito con le armi e inseguì il rapace fuori…ma le stranezze erano solo all’inizio.


Appena uscito non vi era traccia del campo dello Spiantato. Ad accogliermi all’esterno, solo un minuscolo braciere che emanava a stento una luce bluastra e al suo fianco un enorme trespolo ove il corvo vi si era posato apparentemente in attesa, tutto attorno una sconfinata oscurità regnava sovrana.


“Benvenuto Aaron Volkov, il mio nome è Phobetor, sarò la tua guida e compagno di viaggio…” La voce della creatura riecheggiava riempendo non solo l’aria ma anche la mia mente, inutile fu il tentativo di coprire le orecchie, era come essere al centro di un boato che cercava di aggredirmi.
“Perdona le maniere brusche ma l’ultima volta che sei stato qui non riuscivi a sentirmi, per cui ho dovuto usare un tono per così dire…più deciso ecco”
Improvvisamente il tono divenne più caldo e gentile non rendendo più una tortura l’udire le parole della mia presunta guida.
“Dove ci troviamo? Come conosci il mio nome? Cosa vuol dire “l’ultima volta che sei stato qui?”, non ho memoria di questo luogo o di te…e fidati che mi ricorderei se ti avessi già visto”
Era impossibile dimenticarsi di un posto del genere e della creatura che lo abitava.
“Quante domande, lo ripeterò ancora dunque, il mio nome è Phobetor e per ora tanto ti basti sapere. Sarò la tua guida poiché questo è parte dei miei compiti; accogliere i viandanti, guidarli attraverso il loro viaggio nel Reame dell’incubo e aiutarli in caso di necessità. Per cui rompiamo gli indugi e andiamo!”


Il corvo si staccò dal trespolo e volteggiando sopra la mia testa proseguì dicendo: “Scegli pure una direzione qualsiasi tanto al momento una strada vale l’altra, continuerò a rispondere alle tue domande mentre proseguiamo!”.
La noncuranza con la quale aveva definito quel luogo “Reame dell’incubo” non mi convinceva per niente; tuttavia, la sua ingombrante presenza era in qualche modo rassicurante.
Quindi, praticamente obbligato ma allo stesso tempo incuriosito dal capire dove mi trovavo decisi di iniziare a muovermi, verso quella che si sarebbe rivelata l’ennesima decisione sbagliata della mia vita…


“Facciamo il punto della situazione, perché ho diverse domande da farti” esclamai ad alta voce.
“Cosa intendevi dicendo che sono già stato qui?” Avevo già un’idea di quella che poteva essere la risposta dati gli avvenimenti del mulino ma tanto valeva chiedere.
“Intendevo esattamente quello che ho detto, l’altra volta sei comparso disteso su una branda e hai iniziato a camminare come se fossi un sonnambulo, io ho provato a parlarti ma la tua mente era altrove e poco dopo sei scomparso ma a quanto vedo sei tornato con qualcosa di nuovo, l’ultima volta che ti ho visto eri interamente umano…”
Istintivamente strinsi il pugno e lo nascosi nella camicia, non ero ancora abituato a vedermi così, ma nel momento in cui pensai alla mia condizione per un attimo fui certo di aver avvertito qualcosa, l’aria si era fatta per un attimo pesante.
Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo me era come se fossi invogliato a parlare e a fidarmi del mio accompagnatore.
“Non so cosa sia successo l’altra volta, ho sognato di entrare in un pozzo e a quanto pare così è stato anche se i pozzi sono chiusi, ma parlami di questo luogo, ho capito il nome ma dove siamo di preciso? E che cosa mi devo aspettare oltre a dei sicuri problemi?”
Curiosità e ansia iniziavano e farsi strada nella mia mente, mi innervosiva essere in un luogo come quello, di cui non sapevo assolutamente niente senza sapere dove stavo andando e avendo come “guida” una creatura come quella.


“Interessante, quindi i pozzi sono chiusi ma tu sei comunque qui…mhmm non saprei che dire a riguardo ma con i dovuti tempi potrei essere in grado di scoprire di più. Tornando a noi, puoi pensare a questo posto come ad un sogno o forse, come suggerisce il nome più ad un incubo, qui non si può entrare con il proprio corpo ma solo con la propria coscienza.”
“In che senso un incubo? quindi sto dormendo e tutto questo non è reale?”
“Sì e no, è vero che stai dormendo ma questo luogo esiste veramente ed è molto più che reale, tutto quello che vedrai sarà frutto della tua mente; paure, timori e traumi qui possono prendere forma e tormentarti, la “Radice” userà ogni mezzo contro di te.
Non solo puoi essere ferito ma in casi estremi potresti anche morire, per questo sono qui, come ti ho già detto io sono una guida e un aiuto…e a proposito d’aiuto è il momento di iniziare a correre…”


Guardai dubbioso il mio nuovo compagno, non ero sicuro di aver inteso ma di certo le sue parole su questa “Radice” non erano per nulla rassicuranti e proprio quando stavo per prendere ancora la parola un brivido attraversò il mio corpo…

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