Ludovico aprì gli occhi con fatica, colpito da forti raggi di sole che penetravano attraverso il vetro lucido e leggero. Il cinguettare degli uccellini risuonava come un continuo fastidioso ticchettio nella mente meccanica del giovane stregone. Contrariato, il nobile Sathòriano si alzò su se stesso, girandosi verso il bordo libero del letto. Stropicciandosi il volto assonnato, emise un profondo sbadiglio, premurandosi poi di raggiungere gli stivali con lo sguardo. Come aveva imparato a fare nel suo paese natale, il Malinverni esaminò ogni millimetro della stanza e dei suoi beni, prima di lasciare il talamo. La prudenza non era mai troppa, anche fuori da Sathòr. Certo, le ampie e luminose stanze dei palazzi governativi di Falsim risultavano aver ben poco a che fare con le spartane sale della Contea delle Sette Corone. Smerigliati arazzi multicolori mostravano i cognomi delle più eminenti cariche dello Stato. Autorevoli Magistrati ed altisonanti Toghe Nere e Grige apparivano elencate seguendo improbabili intrecci dorati su sfondi elaborati con dosata precisione. Mura e pavimentazione in marmo bianco riflettevano la luce solare con forza, come si volesse dimostrare che nessuna ombra poteva sfuggire alla Legge luminosa di Falsim. Il giovane nobile scosse la testa con fare insolente. “Il vero potere è un’altra cosa” pensò con convinzione.
Avrebbe potuto dormire un altro pò, il servitore messogli a disposizione non era ancora giunto per dargli la sveglia, così come lo stesso Ludovico aveva pianificato e richiesto. Avrebbe potuto certo, ma questo non era il suo proposito. Chi lo conosceva, chi potesse averlo frequentato in passato, sapeva bene quanto l’Arcana Arte attirasse quel giovane nobile. Nessuno di costoro si sarebbe stupito nel vederlo già pronto prima dell’apertura dei corsi di studio all’Ateneo. Magari attendendo tra gli alberi e le siepi dei fastosi giardini di Artenia, appoggiato al suo bastone nero, bofonchiando qualcosa in solitudine.
I pensieri di Ludovico vennero bruscamente interrotti dal delicato bussare del servo Falsimita. “Potete entrare..” dichiarò ad alta voce il Malinverni che, ormai, perso nel mare delle sue riflessioni, si era già vestito. Il servitore, in verità abbastanza anziano, entrò lentamente nella stanza e si inchinò ad arco, in segno di deferenza. Il giovane nobile Sathòriano inarcò con curiosità un sopracciglio notando che il domestico era ben vestito, con abiti di un certo valore. “Se tu fossi servitore a Sathòr” pensò tra se e se lo stregone “porteresti poco più che stracci addosso.”
“Il documento è pronto.” Chiocciò consapevolmente il vecchio domestico, poi porse il foglio nelle mani di Ludovico. Lo stregone lo controllò, leggendolo rapidamente e divorandone le poche parole con ingordigia e, malcelando soddisfazione, esclamò un “Perfetto!”.
Non molti minuti dopo il Nobile era già tra le strade luminose di Artenia. Alcuni libri sotto braccio, qualche penna d’oca. Era il primo giorno di studi all’Ateneo del Sud, dopo due anni. Non lo avrebbe sprecato, così come in passato.