Non esistono maschere nella Notte dell’Anima. Non esistono nobili, né plebei.
Solo pace, e abbandono. La Notte è il premio per tante difficoltà superate, tanti soprusi e violenze subite. La pace, finalmente. Immobile ed eterna.
Ciò nonostante, in certi rari casi la Notte è disturbata da impercettibili sussurri, invisibili pensieri che squassano l’infinito silenzio.
Lontano dal mondo, in un momento oltre il tempo, uno spirito irrequieto si aggirava per lo spazio oltre lo spazio.
Puro pensiero, animato da un bruciante desiderio, uno scopo più nero della Notte stessa.
Dal nulla, immagini di ricordi affiorarono di fronte allo spirito. Gli occhi senza iridi percepirono le immagini, e il loro susseguirsi provocò un indescrivibile dolore, che aumentò sempre di più il desiderio, e con esso il pensiero divenne materiale.
Il Visconte Anarkand Sangueforte volava, all’apice della sua rabbia, tra le rappresentazioni dei suoi ricordi. Una vita ormai lontana, che continuava a tormentarlo.
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“Non ci credo! Hai vinto ancora! Ma com’è possibile? Uffa, non c’è soddisfazione a giocare a biglie con te!”
“Dai, Beatrice, sono sicuro che la prossima volta vincerai tu… Un’altra partita e basta, dopo devo tornare alla biblioteca, ho promesso a mio padre che l’avrei aiutato a spazzare.”
Era una splendida domenica di sole, una delle prime della primavera di quell’anno. Le strade di Bennaithe erano il luogo ideale per i giochi dei due bambini, le cui preoccupazioni fino a quel giorno non andavano oltre il cosa fare nel tempo libero.
A metà della partita, iniziarono a farsi sempre più vicini dei passi di marcia, accompagnati dal rumore delle armature. Alcune guardie Sathoriane si pararono innanzi ai bambini, con sguardo severo.
“Sloggiate immediatamente! Di qui passerà presto il corteo del Conte Longini, e non vogliamo assolutamente che due mocciosi paria intralcino il passaggio! Via di qui, subito!”
I due bambini, intimoriti, raccolsero velocemente le biglie, e decisero di guardare il corteo da un vicolo laterale.
“Che prepotenti! Non è giusto che noi veniamo sempre scacciati, e quel ragazzo là invece vive tra gli agi e il lusso… Che bello sarebbe essere il figlio del Conte… Com’è che si chiama? Il Visconte Viligelmo Longini, giusto?”
“Non è giusto per niente… Ma se ci impegniamo, un giorno tutto questo sarà diverso. Ti piacerebbe essere lassù, eh Beatrice? Mangiare sempre tutto quello che vuoi, ed essere rispettato e obbedito da tutti. Un giorno sarò io quel ragazzo, anzi, sarò ancora più potente! Studierò tutti i libri di mio padre, e imparerò tutto quello che c’è da sapere, e sarò talmente bravo e talmente importante che perfino i gatti dovranno chiedere il mio permesso per miagolare!”
“Ma che dici, Anarkand? Hai idea di quanto sarebbe difficile? Lo sanno tutti che chi non nasce nobile non arriva mai in alto… Figuriamoci… Tu? Un Visconte? Ma non farmi ridere!”
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“CHE SIATE MALEDETTO, PADRE! Possibile che non riusciate a capire? Quella maschera DEVE essere mia! Averla è il mio destino!”
“Abbassa la voce, Anarkand, e tratta tuo padre col rispetto che merita! Questa ossessione ti sta divorando, non capisci? Non è così che tuo padre e io ti abbiamo educato!”
“SILENZIO! Il mio progetto è già chiaro nella mia mente, e non sarete certo voi a ostacolarmi! Io diventerò più grande di chiunque altro, la storia mi ricorderà! Padre, consegnami immediatamente la chiave della cassaforte. Quando sarò nobile prometto che avrò un occhio di riguardo per voi.”
“Anarkand, ragiona, comprare il titolo di Sir ci costerebbe tutti i nostri risparmi!”
“E allora andrete all’altro mondo sapendo di aver risparmiato per un buon motivo!”
La mano destra del ragazzo si alzò, e la sua voce divenne diversa, incomprensibile. Ma per sua madre le istruzioni erano chiare. All’improvviso, le mani della donna si serrarono intorno al collo del marito, e non lo lasciarono fino a che l’uomo smise di respirare e contorcersi.
I passanti ne parlarono per molti giorni. Quel povero orfano, lasciato a gestire la biblioteca di famiglia, dopo che sua madre si era impiccata dal rimorso per aver ucciso suo padre.
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Il nobile era immobile, in piedi, al centro del wagon che fungeva da prigione.
La solitudine e la quiete costituivano un inaspettato privilegio, e l’ironia della sorte voleva che secondo i Conti di Alemar la prigionia doveva essere una punizione.
Di fronte a lui, in una delle numerose trance a cui spesso si abbandonava, si ergeva l’imponente figura dell’Araldo Nero. La sua voce risuonava nei pensieri del Visconte.
“Guarda le tue catene, guarda i tuoi carcerieri… vuoi volar da me piccolo pettirosso? Sei in gabbia e devi scappare… aspiri ad altre mete piccolo principe? Sei sul tuo trono e ti devi alzare…”
“Si… SI! Ma certo! Questo è ciò che aspettavo da sempre! Io! IO sarò più potente! Perfino i nobili si inchineranno al mio cospetto! Questo è il mio destino! Quando avrò tutta la Conoscenza, allora capiranno cosa succede a osare credersi più grandi di me!”
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Lo scrignò si aprì senza alcun suono.
Gli occhi senza orbite del tesoro in esso contenuto fissavano il Visconte. L’insistente voce l’aveva accompagnato per tutto il corso del Convivio, da prima un sussurro, poi sempre più forte, sempre più vicina.
Ora, finalmente di fronte alla conclusione del suo viaggio, la voce era quasi un urlo. Con vista annebbiata e la testa che pareva voler esplodere da un momento all’altro, il nobile raccolse il tanto desiderato artefatto. Una risata, che pareva provenire dall’antro più oscuro dell’inferno, emerse dalle sue labbra, e tutto divenne buio.
Infinitamente lontano, parve quasi al nobile di udire le urla di rabbia del Conte, e il suo cuore fermarsi per qualche istante.
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Un eterno istante più tardi, il Visconte riprese coscienza di sé. Intorno a lui, la Notte. E i ricordi.
Il suo desiderio non era ancora soddisfatto. La pace era ancora un’utopia per lui.
Il Visconte, dunque, continuava ad attraversare l’infinita Notte, alla ricerca di un altro ostacolo da superare, per giungere finalmente al suo scopo. Un giorno, chissà quando, non avrebbe più dovuto invidiare nessuno.
Come ho già commentato, davvero bello bello. L’insight di Anarkand è davvero notevole…
Attenzione: la sathorianità nuoce gravemente alla salute. Leggere le avvertenze. Non adatto a donne e bambini paria.
Poro AnaLkand… se l’avessero trattato un pochino meglio, magari… la colpa è sempre di Willy, comunque.