L’esercito di pan di zenzero

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Il rumore la strappò fuori da un sonno agitato, in cui vagava spersa in un bosco per cercare un anello, mentre un branco di troll in gonnella di tartan le davano la caccia.
All’inizio non capì chi o cosa l’avesse svegliata. Nell’aria aleggiava un vago odore di biscotti appena sfornati. Fissò il lembo scuro della tenda, chiedendosi perché non udisse il russare sommesso di Estrella. Se quella scriteriata se n’era di nuovo scappata alla chetichella, per aggirarsi nel campo dello Spiantato a combinare altri guai…
Si voltò verso il giaciglio della compagna, e così facendo se lo trovò davanti.
Il biscotto.
Aveva la forma di un soldatino di pan di zenzero. All’inizio pensò che Lucius fosse passato nella loro tenda per lasciare la colazione, sebbene ancora fosse buio pesto (era un fornaio, i fornai lavoravano anche di notte o all’alba, giusto?). Stava ripromettendosi di ringraziarlo per il gesto quando qualcosa si accese nel suo cervello ancora assonnato.
Un momento.
Perché il biscotto se ne stava in piedi?
Lucius doveva aver compiuto qualche magia per riuscire a incastrarlo dritto in quel modo.
E ce ne erano tanti altri.
Non ammucchiati insieme, accanto magari a una bella tazza di tisana tiepida, bensì sparsi nella tenda, intorno a lei, come se l’avessero accerchiata. Era un pensiero così folle che quasi scoppiò a ridere.
Quasi.
Aveva davvero visto uno di quei biscotti muoversi al chiarore dei raggi di luna che filtravano tra i lembi della tenda?
Sarà stata un’impressione. Il buio, e gli strascichi di quel brutto sogno. Accidenti a Istrice, è tutta colpa sua…
Quando tornò a guardare il primo biscotto, se lo trovò quasi spiaccicato in faccia. E con sorpresa mista a raccapriccio, lo vide tendere le sue braccine di pan di zenzero verso di lei.
L’urlo le esplose in gola. Balzò in piedi sul giaciglio, o almeno ci provò. Qualcosa la tratteneva, bloccandola braccia e gambe, e con terrore si accorse delle corde che le cingevano il petto, i polsi e le caviglie. Ricadde indietro, comprendendo di essere legata come un salame.
– Ma ki diavolo… – imprecò, con il suo forte accento thersiano.
I soldatini di pan di zenzero si accalcarono intorno a lei come un branco di locuste. Erano decine e decine. Dai loro corpicini emanava una sorta di brusio concitato mentre stringevano bene le corde e poi si posizionavano sotto di lei, sollevandola con una forza impossibile per degli affari fatti di farina, zenzero e cosa accidenti ci fosse in quella roba (non era mai stata particolarmente esperta nell’arte culinaria, dato che da quando era una bambina le avevano messo in mano spada e scudo per difendere la sua casata e il suo ducato).
– Ke state ffacendo? – ringhiò – Brutti biscotti mal riusciti, lasciatemi subito andare, altrimenti vi faccio a pezzi!
Per tutta risposta alle sue minacce, l’esercito di pan di zenzero cominciò a trasportarla fuori dalla tenda.
– Lasciatemi andare, ho detto. Estrella? Estrella, dove accidenti ti sei cacciata quando servi? Lucius? Lucius, se è un tuo scherzo giuro che quel mattarello te lo stronco nel capo. Hai capito, Lucius? No, Lucius, ti prego, dimmi che è uno scherzo… Astra? Cyra? Balthazar? Qualcuno mi aiuti!
Ma non comparve nessuno. Il campo dello Spiantato pareva avvolto da un silenzio e un’immobilità irreali, e lei cominciò a preoccuparsi davvero. Cosa era accaduto agli altri? Anche loro erano stati rapiti da dei biscotti ambulanti?
– Se avete fatto del male ai miei compagni, giuro sugli Astri che me la pagherete…
Si dimenò come un’ossessa, ma le corde erano ben strette e non riuscì a liberarsi. Alla fine si limitò a strepitare e basta, mentre i soldatini di zenzero la portavano fuori dall’accampamento, nella boscaglia più fitta.
Estrella e gli altri mi troveranno, pensò. O Cyra. Diamine, lei trova sempre tutto, magari è nascosta da qualche parte e sta osservando la scena, aspettando il momento giusto per intervenire. Balthazar mi troverà. Verrà a cercami. Lui non lascia mai nessuno indietro…
I cespugli si aprirono in una vasta radura. I tronchi degli alberi che la limitavano erano secchi e contorti, ma le fronde incredibilmente fitte, tanto da nascondere persino il più piccolo spicchio di cielo. Al centro si stagliava la luce di un fuoco. La paladina dovette strizzare gli occhi per distinguere la sagoma di un treppiedi che reggeva un enorme pentolone fumante. E oltre di questo, una figura sottile, con un mestolo in mano, lunghi capelli blu e un cappello rosso a punta.
– Katharina! – la paladina emise un ringhio furioso – Allora questa è opera vostra!
– Ben arrivata, Sigrun – rispose il Flagello, alzando la testa dal calderone per fissarla – Speravo che ti unissi a noi per cena.
– Brutta… – Sigrun sciorinò una fila di improperi che avrebbero fatto impallidire uno scaricatore di porto di Scentiar, e di sicuro tutti i membri della sua casata – Per gli Astri, lasciatemi subito andare, altrimenti…
– Altrimenti cosa? – Katharina le lanciò un’occhiata divertita – Non mi pare che tu sia in grado di minacciare alcunché, cara la mia paladina. Il mio esercito di pan di zenzero ha fatto un buon lavoro, e sei alla mia mercé. I tuoi amici non possono aiutarti, e quanto agli Astri, sai che hanno altro da fare che preoccuparsi dei problemi dei mortali, soprattutto nelle Lande Selvagge…
Sigrun si impose di ritrovare la calma e darsi un po’ di contegno. Sarebbe morta prima di mostrare a quel Flagello quanto fosse terrorizzata. – Basta ciance, ditemi cosa volete da me!
– Te l’ho detto, sto preparando la cena.
– Vi auguro che vi si bruci tutto quanto!
Katharina la ignorò. – E tu ti unirai a noi – puntò il mestolo verso di lei – Come portata principale! Su, piccoli miei, gettatela nella pentola! Tutto bolle, è il momento di buttare la pasta…
A quelle parole Sigrun sbiancò. Cominciò ad agitarsi selvaggiamente, nel disperato tentativo di liberarsi, mentre obbedienti i biscotti la spingevano verso il calderone. Utilizzarono come scala rudimentale un tronco messo in obliquo e in pochi attimi la paladina si trovò con la faccia a pochi pollici dai vapori e dalle bolle che scoppiavano all’interno.
– Ehi, ehi, non scherziamo, sono sicura che non siate una persona del tutto cattiva…
– Non esistono persone del tutto cattive, o almeno sono molto poche. Quanto a me, di solito sono un tipo bonario, ma questa volta non sto scherzando – la voce di Katharina, da qualche parte accanto a lei, le riempiva la testa. – Vorrei che te ne ricordassi, e che non ti azzardassi mai più a interrompermi mentre sto parlando con mio figlio…
Poi, ignorando le sue grida ben poco nobili e stavolta parecchio terrorizzate, i soldatini di pan di zenzero la gettarono nel calderone bollente, e Sigrun serrò le palpebre innalzando una preghiera ad Aldebaran…


– Sigrun, smettila di strillare come un’oca scannata!
La paladina spalancò gli occhi e si trovò davanti la faccia preoccupata di Estrella, china su di lei.
– Il Flagello! – ansimò, il cuore che le batteva frenetico nel petto – Dov’è andato quel maledetto Flagello?
Estrella la fissò come se fosse appena uscita di testa. – Non c’è nessuno qui oltre a noi – rispose – Ma se continui così, accorrerà tutto l’accampamento, stanne certa! E Balthazar non la prenderà bene. Ricordi il suo ultimo sermone, quello secondo cui la notte è fatta per pregare e dormire?
Sigrun si sollevò su un gomito, guardandosi intorno. Non era più nella radura, bensì all’interno della sua tenda. Silenziosa. Tranquilla. Tutto sembrava al proprio poste, e Katharina non si vedeva da nessuna parte.
– Quindi era solo un sogno… – mormorò.
– Come quello che hai fatto a Rodomonte su quel demone che poi ci ha menato a sangue e ha anche ammazzato una del Crepuscolo?
Sigrun annuì lentamente. – Forse.
– Senti, magari è questo posto dimenticato dagli Astri che ti logora il cervello, ma perché la prossima volta non fai un bel sogno? Senza mostri e roba varia, intendo. Magari potresti sognare Istrice che si sfila il suo tartan… no, forse è un incubo anche quello…
Sigrun la fulminò con lo sguardo ed Estrella sogghignò: aveva comunque raggiunto il suo scopo, tirandole su il morale.
– Piantala di dire scemenze e rimettiti a dormire, altrimenti Balthazar ci punirà entrambe!
– Io stavo dormendo, sei tu che mi hai svegliato…
– Avanti, poche storie – Sigrun si riaccomodò sul giaciglio, anche se dubitava di riuscire a riprendere sonno a breve. Tutto un altro paio di maniche per Estrella, che dopo pochi istanti aveva gli occhi già chiusi.
– Ah, domani devi ricordarti di ringraziare Lucius – biascicò, la voce già impastata dal sonno.
Sigrun inarcò un sopracciglio. – Per cosa?
Estrella fece un gesto vago della mano, indicando a lato del giaciglio. – Strano che non l’abbiamo sentito entrare, di solito si muove con la silenziosità di un orso in mezzo ai cristalli, ma mi sa che dormivamo alla grossa quando è passato a portare dei biscotti…
Lo sguardo di Sigrun si abbassò sul soldatino di pan di zenzero, identico a quello del sogno, che giaceva spezzato proprio accanto al suo giaciglio.
Poi si mise di nuovo a urlare, facendo accorrere tutto il campo dello Spiantato, e anche uno Spiantato decisamente furioso.

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