“Un fendente. Un altro ancora. Brava, così! Ricorda sempre la posizione dei piedi e delle gambe. Esatto, se parti storta, finisci a terra o ti si incrociano le braccia e le gambe e non riuscirai a tornare in guardia. Sì, Hilde, così! Adesso mi metto di fronte a te e proverai ad attaccarmi, così ti mostrerò come parare. E, ricorda, non distogliere mai lo sguardo dai miei occhi, non dalla lama. Se osservi l’arma, il nemico ti trarrà in inganno, ma i suoi occhi diranno sempre la verità su dove vorrà colpire.”
“UN ALTRO FENDENTE, SCHIFOSO! VUOI CHE TI RIMANDI AL PORCILE A SPALARE LA MERDA?! HO DETTO IN PIEDI E COMBATTI CON QUELLA SPADA!”
“Bene Hilde, hai visto come bloccavo il tuo attacco? Dovresti sempre parare fuori dalla tua sagoma, in modo che l’arma dell’avversario non raggiunga il tuo corpo e non ti ferisca. La cosa migliore sarebbe semp…”
“Ecco, ti sei ferito, merdina? AHAH! RAGAZZI, GUARDATE QUESTO, NON RIESCE QUASI A REGGERSI IN PIEDI!! Direi che un altro giorno senza cibo ti servirà come lezione!”
“…Ok, credo per oggi possa bastare. Riuniamoci agli altri e riposiamo un poco, Rhose.”
“Io mi chiamo Hilde. Chi è Rhose?”
Già, cazzo. Sono identiche. Ecco perchè mi sento strano…
…10 anni prima…
“Allan! ALLAN! Svegliati, forza, o il Generale ti frusterà nuovamente nel cortile!”
“Non voglio combattere anche oggi, sono stanco. Non mangio da giorni per colpa di quello stronzo.”
“Non mi interessa, devi muovere il culo e venire nel cortile con gli altri. Sai che tra qualche giorno dovremo partire, vogliono tutti pronti per quella dannata battaglia, e noi ci andremo. CHIARO?!”
“…Sì, ok. Hai ragione. Arrivo.”
Sapevo bene che aveva ragione, ma le forze mi stavano abbandonando. Non sapevo quanto avrei resistito ancora. Ma dovevo farlo per lei, glielo avevo promesso.
Il piano era chiaro: saremmo andati in guerra, e nella bolgia ci saremmo dileguati prima della chiamata degli Imperiali per tornare nelle carrozze, ognuno nelle rispettive gabbie.
Quei dannati combattimenti sembravano una carneficina, in realtà. Niente addestramento, solo lanciati nel recinto pieno di fango ed escrementi per combattere. Uno contro uno. Ragazzi e ragazze della mia età, la maggior parte amici coi quali sono cresciuto al villaggio. La maggior parte. L’altra venne uccisa durante l’assedio dove ci imprigionarono. Forse, sarebbe stato meglio non arrivare a questa tortura.
Buttati nel fango, indeboliti dalla fame e dai combattimenti massacranti che ci sfinivano fisicamente e mentalmente. Ogni atto di ribellione veniva punito con la morte in loco, e un altro prendeva subito il posto del ribelle. Credo che, più che la disobbedienza, li facesse incazzare l’essere distratti dalle loro schifose scommesse su di noi. Perdere denaro senza vedere il sangue colare li faceva imbestialire.
Non c’erano turni. Potevi essere lanciato nel recinto da un momento all’altro. Io e Rhose non combattevamo da giorni, quindi tutto andava bene. Il nostro obiettivo era rimanere in sordina fino al giorno della battaglia per poi attuare il nostro piano.
“Avanti, a chi tocca oggi farmi guadagnare un bel gruzzoletto? Tu, là in fondo, che fai ti nascondi?! Portatelo dentro!!”
Povero Liron, quel giorno toccò a lui entrare. Ricordo ancora come tremavano le sue gambe, con la spada tenuta maldestramente in mano.
“Tu, accanto a lui! Dentro anche tu, non perdiamo tempo!”
Eh sì. Toccò a me mettere fine alla sua paura. Ci vollero davvero pochi secondi: mi caricò con la spada alta, sopra la sua testa. Gli corsi contro, schivando all’ultimo il lento e prevedibile fendente che cercò di raggiungere la mia testa, e in un solo istante trafissi il suo collo con la punta della mia. Non ebbi il coraggio di guardare i suoi occhi spegnersi, ma fui grato nel vederlo cadere a terra senza respiro, senza attesa.
“CAZZO Sì! QUESTO Sì CHE E’ BRAVO! RESTA DENTRO CHE MI FARAI DIVENTARE RICCO!”
Al Generale piacevano quelli veloci. Non gli facevano perdere tempo in fesserie e il guadagno era quasi sempre assicurato.
Ma le cose, improvvisamente, presero una piega spiacevole…
“Tu, ragazzina, fammi vedere come te la cavi! DENTRO!”
…Rhose venne accerchiata e lanciata oltre il recinto. Rimasi impietrito. Non sapevo cosa fare, e penso nemmeno lei, non saprò mai se avesse ideato un piano, era dannatamente brava in queste cose.
Ci guardammo a lungo, cercando un’intesa sull’agire, ma fu l’urlo del Generale a darci il via, altrimenti la fine sarebbe stata ovvia per entrambi.
Partì lei, vidi la sua posta preferita per combattere, e capì che non voleva fare sul serio. Due scambi di colpi, e con uno sgambetto finii per terra. Tentò il colpo di grazia mirando al petto, ma rotolai di lato per schivarla. Un colpo seguente andato a vuoto mi permise di rialzarmi, e mentre il mio stava per raggiungerla, una freccia si piantò nel terreno tra me e lei. Un’altra ancora fischiò accanto al mio orecchio, e subito dopo fu il caos.
Il villaggio di Berghison aveva preso l’iniziativa prima dell’assedio imperiale. Stavano attaccando!
Dopo il panico iniziale, tutti fuggirono cercando riparo e le proprie armi, ed io vidi subito Rhose diretta verso lo scudo di uno dei soldati, nascondendosi sotto e chiamandomi a sé per ripararci dalle frecce.
“Cambio di programma! Dobbiamo andarcene ora!”
Corremmo barricati sotto lo scudo, schivando cadaveri ed evitando i combattenti alle prese coi loro avversari.
Trovammo le stalle, e alcuni cavalli rimasti legati ci fecero sperare nel migliore dei lieto fine.
“Dove pensate di andare, mocciosi?”
Uno strattone allo scudo e venimmo scoperti da lui, il maledetto Generale.
Spinsi Rhose, allontanandola da quello che sarebbe stato un colpo fatale per lei. Il Generale sollevo la spada da terra, estraendo la seconda da dietro la schiena. Pena e Dolore, così le ha sempre chiamate.
Io e Rhose ci guardammo. Consci del fatto che non saremmo mai riusciti a scappare, lo caricammo con un attacco a tenaglia. Rhose afferrò lo scudo da terra in tempo per parare il fendente dell’Imperiale, deviò il suo colpo e gli afferrò il polso da sopra l’armatura. Io arrivai dall’altro lato, mirando al fianco scoperto, ma l’avversario parò con forza la mia lama, facendomi sbilanciare e cadere a terra. Rhose venne sollevata da terra e stava per essere infilzata come uno spiedo, ma la stronzetta mostrò la sua abilità nelle lotte “sporche”, lanciando dritto negli occhi del Generale la sabbia che aveva raccolto quando prese da terra lo scudo, coprendo la mano proprio con esso.
“AAAH! PICCOLA BASTARDA!”
Accecato, lasciò la presa facendola cadere, e io, tornato in piedi, colpì con tutta la mia forza in corpo dietro le ginocchia, parte scoperta della sua armatura. Un tonfo, e cadde ai nostri piedi. Puntammo all’unisono le sue spade, Pena e Dolore, e lo decapitammo, prestando davvero poca attenzione alla precisione ed alle sue urla di dolore.
Pieni di sangue, guardammo le sue armi nelle nostre mani. Coloro che diedero sentenza a diversi dei nostri cari, dei nostri genitori ed amici, misero fine alla vita del loro proprietario.
Puntammo le lame a terra, un piede sulla metà, piegandole pericolosamente verso la rottura.
“Mai più, Allan.”
“…Mai più, sorella.”
Un pestone secco e la lama di Dolore si spezzò. Ma non quella di Pena.
Alzai lo sguardo, e prima di incrociare gli occhi di Rhose, vidi la punta ormai rosso scarlatto di una freccia spuntare dal suo petto.
Non ricordo i dettagli dopo, sono certo fui preso da un’ira cieca che scaricai direttamente nello stomaco dell’arciere imperiale tramite la lama spezzata che impugnavo. Tornai da Rhose, a terra, singhiozzante, per dirle le mie ultime parole, incapace di udire la sua flebile voce nel rispondermi mentre cercavo di tamponarle inutilmente la ferita nel rumore della battaglia. Mi porse il suo medaglione, lo stemma della nostra famiglia, non sapevo fosse riuscita a nasconderlo finora. Lo strinsi forte insieme alla sua mano, e quando la lasciai, questa cadde a terra, e lì rimase in quell’ultimo istante che parve un’eternità.
Mi alzai e, senza voltarmi, montai il cavallo e scappai dall’avamposto imperiale ormai quasi completamente distrutto.
…Nebim, oggi…
“SPIANTATO!”
“Andiamo , Hilde. Quando Balthazar chiama la Masnada, dobbiamo raggiungerlo. Altrimenti comincerà ad incazzarsi come al solito e ci dirà di non essere la nostra balia. Quello, imparerai, è il ruolo di Sigrund.”
“Ok”, sorrise impacciata, confusa forse per la mia frase o perchè ancora non aveva ben chiara l’identità della nostra vera balia.
Andò avanti, rinfoderando la spada. Io mi incamminai qualche secondo dopo. Quel medaglione al collo pareva più pesante del solito, tanto da non permettermi di camminare.
“…Mai più, Rhose. Mai più.”