“Drugaya golova padaye…” (Un’altra testa che cade…)
Giorno dopo giorno, la spensieratezza di Ivan sembrava cadere in un baratro oscuro e senza fondo, fatto di odio e di repulsione a tutta quella autorità senza alternativa.
Il cacciatore khartasiano si soffermò più a lungo sulla terra ferma di quanto era abituato, come un sussurro nel vento, una imago sfuggevole ai bordi del percepito egli si muoveva silente e indisturbato tra le foreste che circondavano il luogo dove un altro dei suoi compagni cadde, dove il suo capitano fu arrestato e dove una donna spaventata e sola morì, colpendo nel profondo il cacciatore dapprima creduto come imperturbabile scoglio ghiacciato, ma che ora si dimenava disperatamente dentro maree in tempesta… Incontrollato e imprevedibile.
Il sorriso sornione, la parlata squillante e ingenua, la voglia di divertirsi…
Tutto svanito…
“YA ne znayu chto delat” (Non so più che fare…)
Mai prima d’ora il cuore di Ivan urlava in preda alla furia dei mari, impotente davanti a coloro che dicono di proteggerci proprio mentre calpestano come una formica un compagno di ventura. Dov’è la giustizia in questo?! Dov’è la spensieratezza delle cristalline onde che cozzano contro la chiglia della nave?! Dove sono le attenzioni di sorella Lorelei e fratello Leon?!
Dove siete tutti ora?!
“Chto proiskhodit so mnoy” (Cosa mi succede?…)
Sembrano così lontani gli insegnamenti della Madame, echi perduti come gli ululati di due lupi che non provano altro sentimento se non l’odio reciproco.
In una mano, Ivan stringeva arco e frecce e nell’altra un piccolo cimelio rinvenuto nelle sue mille avventure, ma nella sua mente l’uomo khartasiano percepiva il richiamo del lupo, un richiamo di disperazione, l’ultimo disperato guaito di speranza…
“Khartas on ne dal mne nichego, krome boli” (Khartas non mi ha dato altro che dolore…)
“Cosa vuoi da me?! Eh… Nemmeno il mare mi ha reso davvero libero e ora persino la mia famiglia, la mia ciurma è in pericolo…”.
Urlava Ivan, urlava… E più urlava, più il suo dolore, la sua rabbia, trattenute per colpa di divinità distanti e distratte, di imperatori dal pugno di ferro e di ombre del passato che tornavano a tormentarlo, scemavano e tornavano a riempire il baratro oscuro di buio presente nell’anima del cacciatore.
“Ivan, dove diavolo eri finito ehehe…”
Bastò la voce squillante di Miko a far tornare alla realtà il combattuto Ivan…
“Dai scemo, non è il momento di fare il khartasiano malinconico, d’altronde quella non è mai stata la tua casa… Non gli devi niente!!!”
Aggiunse il fidato Leon dallo sguardo deciso e determinato a prendere il posto del capitano finché necessario.
“Da…”
…
“YA deystvitel’no nichego yemu ne dolzhen” (Non gli devo proprio nulla)