Molo numero 15

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Le navi dell’armada erano sempre splendide al tramonto di Puerto del Sol: maestose, eleganti e imponenti. Ogni galeone aveva il suo attracco e il sole, tramontando dietro di loro, proiettava l’ombra dei velieri sulle banchine, su tutte tranne una.
Il vecchio Miguel si diresse verso quella banchina sostenendosi sul suo bastone ,come faceva tutte le sere da 35 anni; si sedeva sulla panchina di pietra che era stata fatta mettere lì dal nuovo governatore, appoggiava il vecchio Felipe accanto a lui, ingiallito dal tempo, e ammirava il via vai di marinai, provenienti da ogni ceto sociale, che arrivavano, lanciavano uno spicciolo in mare e accarezzavano la targa di bronzo messa sulla colonna di pietra col numero dell’attracco. Anche col nuovo regno gli Erigassiani erano superstiziosi e a caccia di fortuna e del favore del mare; e quel molo ,era diventato un piccolo luogo di culto, sia grazie alla leggenda della ventura, sia grazie all’impegno di don Miguel, che, prima di dimettersi, pretese che non venisse riassegnato.
Si avvicinò alla targa più vecchia:
“Molo 15
Attracco della Delmar”
Sotto, una targa più recente, recitava:
“Qui, l’almirante Lorelei Delmar Velasca e la sua ciurma di eroi, salparono per l’ultima volta verso la loro gloriosa battaglia contro gli imperatori “
Miguel la rileggeva ogni sera, un po’ fiero dei suoi uomini, ma con il cuore colmo di tristezza, una tristezza che non si era affievolita con gli anni.
Si chinò con un po’ di fatica per scostare La Rosa rampicante che Leon aveva piantato 35 anni prima per coprire la scritta che Lorelei aveva fatto con l’uncino di uno dei suoi marinai, che nella sua scrittura sghemba recitava:
“È il mio attracco, commodoro Sanchez, il tuo galeone ficcatelo nel culo!”
Lo lesse con la voce di Lorelei e sorrise appena:
“ mi mancano anche le tue battute becere..”
Dopodiché, inizió a potare la rosa.

Il sole era tramontato, e Miguel era rimasto ad ascoltare il mare fino a tarda sera.
Giovani coppie passeggiavano per i localacci illuminati e colorati del porto, di solito Miguel non li notava nemmeno, perso nei ricordi di lunghe traversate per mare, ma il suo sguardo fu attirato da una giovane che cercava di coprirsi il più possibile con un piccolo scialle di cotone, incroció lo sguardo dell’anziano e lo salutò:
“ buonasera Belisendo! Ma che freddo è per essere fine estate!”
Miguel sorrise e la salutó con un cenno della mano mentre lei si allontanava
“Sera..”
il fiato si condensó nell’aria e Miguel rimase un attimo sconcertato. La tiepida sera si stava congelando, il molo illuminato dalla luna venne coperto di una nebbia leggera e stranamente eterea. Un suono lontano, confuso con il rumore della risacca e simile ad un canto lo fece voltare di nuovo verso il mare, alla sua età l’udito era quello che era, eppure ne era certo, era una melodia, un canto di donna, una nenia; miguel aggrottò le sopracciglia mentre il canto si faceva più chiaro:
“ Leon, mi annoio, Leon!!”
“Alma, che palle! Ti butto a mare!”
La nebbia venne illuminata da una spettrale luce azzurra, una piccola lanterna agganciata sulla prua di una scialuppa.
Miguel, cercó di mettere a fuoco la figura che remava, poi controlló se ci fosse qualcun altro sul molo per capire se fosse diventato definitivamente matto; un uomo con una bottiglia di Rum si bloccò vedendo la scena e lasció cadere la bottiglia prima di scappare al grido di “porca mierda “
Miguel tentó di alzarsi, ma le sue vecchie gambe non erano scattanti come una volta; una freccia azzurra e traslucida gli passó velocemente davanti al naso, piantandosi sul pavimento ai suoi piedi
“Ivan cosa fai??”
“ mi hai detto di attirare la sua attenzione,scimmia, e io l’ho fatto!”
“Ma non lo devi fare morire di infarto!”
Una figura snella e vagamente traslucida saltò giù dalla scialuppa, appoggiata alla sua lancia da isolana
“ Ciao vecchio!”
Miguel vide il sorriso della ragazza, era lei, non se l’era mai scordata, quegli occhietti furbi pieni della saggezza degna solo delle vecchie comari pluricentenarie e i suoi pantaloncini a righe da vecchio lupo di mare
“…Miko…”
“Io vado a comprare dei dolcetti! Cioè li vorrei comprare, ma ultimamente la gente me li regala.. forse perché invece di passare dalla porta entro attraversando i muri.. però bho! A dopo Miguel”
Lo sguardo di Miguel seguì esterrefatto Miko che, saltellando, attraversó la parete della taverna del “Ratto bisunto” e ne seguirono diverse urla; quando la nebbia si arricciolò in volute azzurrognole e piccolissimi fiocchi di neve luccicarono come polvere di diamanti , Ivan scesa dalla scialuppa e con rispetto prese la mano guantata di una figura ammantata di una luce gelida e spettrale, ma che ricordava l’aurora boreale. Ad ogni passo, il legno del molo si congelava in cristallo iridescente, la sua giacca svolazzava mossa da una brezza inesistente e suoi occhi brillavano di luce argentea. La donna si fermò a due passi dal vecchio, che la guardava senza riuscire a dire nulla.
“Hola mi amor, quello “ indicò il vecchio cappello accanto a lui “ dovrebbe essere mio.”
La donna prese il tricorno e se lo calzó in testa; in una cascata di brillantini di ghiaccio il velluto logorato dal tempo ritornò turchese e brillante, le piume di rinfoltirono e la fibbia dorata tornó lucida come appena forgiata.
“Lorelei… sei davvero tu”
“Non esattamente in carne ed ossa, ma sì.”
“Sei bella come quando avevi trentott…”
“VENTINOVE!”
“…ventinove anni.. si.. io credevo foste nelle sale di shiva!”
“Di solito sì! “ Leon scese dalla scialuppa con Alma a braccetto “ ma pare che si sia particolarmente rumorosi e , ogni tanto, Shiva ci manda in giro a fare cose! Di solito succede quando finiamo il cocomero!” Salutò levandosi il cappello e si diressero verso la locanda dalla quale provenivano urla di terrore.
Miguel, esterrefatto, riportó lo sguardo su Lorelei che , in piedi davanti a lui, gli sorrideva beffarda
“ sei invecchiato zio!”
“ ti ho pensato ogni giorno…”
“ Lo so, ma non era ancora il momento, Erigass aveva bisogno di te e poi…”
“ eri prigioniera nella banchisa?”
“No! Volevo farti riflettere sul fatto di avermi mollata a morire da sola, faccia di culo!”
“ sei un mostro!”
“Kaliban era un mostro e gli ho spaccato tutti i nasi! Comunque, non porto rancore, non è da me. Mi sei mancato Miguel, che ne dici di venire con me?”
“ Sono vecchio Lorelei, le mie gambe nemmeno mi reggono più.. forse dovevo mangiare più frutta fresca e meno fermentata..”
“ quello di sicuro, ma è l’ora di riscattare un po’ di fortuna!”
Lorelei gli tese la mano, Miguel esitó per un attimo, terrorizzato all’idea che lei fosse solo una visione impalpabile, poi si fece coraggio e la prese. Miguel, abituato agli acciacchi dell’età, si appoggiò a lei con tutte le sue forze, quanto si rese conto che la sciatica non lo faceva gridare di dolore e il ginocchio logoro non faceva più male, sentì di nuovo la forza nei muscoli e la sua postura era di nuovo dritta e fiera.
Lorelei sorrise felice mentre Miguel si compiaceva di essere di nuovo in quella alta uniforme che aveva buttato da tempo, con Miguelito calzato in testa con tutti i suoi cimeli appesi.
“Cosa sta succedendo?”
“Non voltarti , mi amor, è ora di andare avanti”
Lorelei guidó Don Miguel sulla scialuppa tenendolo per entrambe le mani; la nebbia scintillante si spalancó e mostrò la Delmar in tutto il suo spettrale splendore, con la sua polena a forma di sirena che brandiva una lama nera come la notte.
Miguel strinse la mano del Capitano
“ Baciami sotto la luna, sirenetta!”
“… sotto la luna??? SOTTO LA LUNA ? Vaffanculo la luna, Miguel! Quella Troia! Hai sciupato il momento!”
“ ma dai ormai non ci si fa più caso! Comunque, sono nella ciurma adesso, comando io?”
“No , è la mia nave, ho un ruolo preciso e perfetto per te, nautarca!”
“Co-capitano? Nostromo? No dai, è il ruolo di Leon..”
Lorelei prese un secchio e un un vecchio mocio
“Mozzo “
“Mozzo?!!? Ma io sono don Miguel!”
“Don Miguel che mi ha lasciato a morire su un’isola pulciosa sotto lo schioppo del sole??? Mozzo! Per due o trecento anni, ora vediamo.”
“Meno male che non porti rancore..”
Ivan si affacciò dal ponte della Delmar
“Allora io sarò promosso?”
“No! Te sei mozzo per sempre!”
“Da…”

Una ronda si avvicinò al vecchio accasciato sulla panchina del molo 15. Una delle due guardie corse via in cerca di un guaritore, l’altra rimase lì, ma sapeva che ormai non c’era più nulla da fare. Notó la pace sul volto del vecchio e pensó che avrebbe anche lui voluto morire così, sereno; poi la campana di una nave attirò la sua attenzione e, per un attimo, gli sembrò di vedere una nave fantasma all’orizzonte.

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