Nascita di un nuovo Eroe

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L’oscurità notturna si diradava lentamente, lasciando penetrare le prime luci dell’alba con la stessa sicura dolcezza con cui si concede il passo al proprio amante. Nella sala spoglia ed umida del monastero, un uomo solo pregava in silenzio, chino su se stesso ed appesantito dal metallo freddo della propria armatura. Vecchi anelli di maglia si intrecciavano dalla schiena fino alle ginocchia, coprendo come un guanto usurato il corpo fuori forma della quieta figura inginocchiata.

L’arredamento spartano e le mura spoglie avrebbero condotto senza difficoltà lo sguardo di un eventuale osservatore verso la precisa raffigurazione incisa sul soffitto, rappresentazione essenziale della Cinta di Damocles e delle sue meravigliose stelle. Eppure l’uomo non pareva prestarvi attenzione. Come in deferente segno di umiltà, posto precisamente al centro della camera, manteneva il capo chino ed il volto raccolto tra le mani. Bisbigliando parole incomprensibili, alternava un guasto dondolio ad una più reverente immobilità. Chiunque avesse potuto osservarlo in quel momento, avrebbe di certo intuito una preparazione ricercata, uno studio particolare dei movimenti. Una sorta di teatralità barocca in effetti, che a tratti sembrava cozzare con l’ambiente gotico e monastico del loculo.

La luce del sole ormai nato colmò di splendore la grigia Cella di Meditazione, inondando la pelle chiara ed il metallo lucente che incorniciavano la sagoma ossequiante dell’uomo in preghiera. D’un tratto, due lenti colpi sordi sulla pesante porta di legno antico ne spezzarono la concentrazione. Per la prima volta dopo ore di mugolii e bisbigli, Bastiano si liberò il volto dalle mani salde. Lanciò un rapido sguardo verso la porta, tendendo le orecchie al fine di comprendere al volo chi potesse disturbare in quel momento le sue meditazioni. Nuovamente due colpi s’infransero sull’uscio.

“Bastiano? Sono il Diacono, il tempo della vostra Offerta è giunto al termine.”

L’uomo, che per tutta la notte aveva pregato, non perse altro tempo. Si aggiustò la benda, ricordando quanto fosse orgoglioso di portare il dono emblema della sua stessa fede. La cecità da un occhio, segno distintivo della predilezione che Aldebaran aveva per un suo devoto figlio. Ne sorrise fiero.

Bastiano aprì la porta di scatto, tanto che il Diacono rimase privo di respiro. Il Sacerdote ebbe giusto il tempo di osservare il viso stanco di Bastiano e di notare, ovviamente, che la benda era sull’occhio sbagliato.

“Ehm..Bastiano, ma non era l’occhio sinistro quello ferito? La vostra benda è sulla destra stamattina….”

L’uomo in armatura lucente rispose con pronta fermezza : “Ma cosa dite? Assolutamente vi state sbagliando. Ricordo ancora, come fosse oggi, quando quel maledetto orco mi tranciò di netto il bulbo oculare destro. Suvvia dunque, non diciamo capperate…”

Il chierico si limitò a scuotere il capo, poi replicò: “Bene, comunque sia. Prendetevi un pò di tempo per rinfrescarvi e mangiate pur qualcosa. Vi attendo tra un’ora in Aula Magna.”

Bastiano fece un rapido inchino. “Si signore!” fu la risposta. Per il tempo che gli rimaneva però, il giovane Paladino preferì recarsi nei giardini del monastero. In realtà, erano molte di più le volte in cui amava la solitudine, se comparate a quelle in cui aveva desiderato stare in compagnia di alcuno. Escluse le battaglie ovviamente. La meravigliosa concitazione delle lame, delle mazze, degli scudi e delle frecce, non era paragonabile a null’altro. Combattere poi in nome della Giustizia, rendeva ogni scontro il più sublime dei desideri. “Come quando persi l’occhio sinistro” pensò Bastiano. Che battaglia era stata quella. La terribile Arpia gli aveva estratto l’organo visivo con i suoi temibili artigli. Perso nei suoi pensieri, ne uscì a fatica, quando si rese contro che la benda era fuori posto. L’aggiustò alla meglio, pronto a recarsi nelle grande sala del monastero.

Il Diacono era li ad aspettarlo, sinceramente impaziente di concludere il tutto. Finalmente Bastiano era giunto al culmine degli anni di studio ed apprendistato, finalmente il monastero poteva liberarsene. Il Sacerdote non vedeva l’ora di mandar via la peggior pecora nera dell’Accademia Sacerdotale dell’Armonia Cosmica, parte integrante del famoso monastero di Biancoacciaio. Causa dell’ilarità e del sarcasmo delle altre confraternite e comune barzelletta delle aule universitarie di Artenia, Bastiano rispecchiava la più fanatica distorsione della fede. Se il ragazzo non fosse stato il figlio del Magistrato Alejandro Coimbra della Coronija y Asevedo, lo avrebbero probabilmente chiuso a chiave in un manicomio. La fervida immaginazione, lo sviscerato interesse per i romanzi cavallereschi e l’attacamento indefesso alla fede, cancellavano ogni buon senso dalla mente del Paladino. Ogni buon senso.

La rumorosa cotta di maglia anticipò l’entrata di Bastiano. Un passo dopo l’altro dei pesanti stivali neri, condussero l’uomo di fronte al sacerdote. “Ecco!” chiocciò la Toga Rossa “Firmate qui Bastiano.” Le mani grassocce e sudate del Diacono porsero documenti e penna d’oca al giovane combattente.

Bastiano Coimbra della Coronija y Asevedo appose la propria firma sull’ambito diploma. Tronfio e pieno di se alzò i fogli al cielo ed esclamò un “AH-AH!”. Il Diacono non lasciò troppo spazio alle felicitazioni del Paladino, sapendo quanto potessero esser pericolose. “In virtù dei poteri conferitimi dall’Ecclesiarchia di Aldebaran, dall’Alta Magistratura di Falsim, dall’Accademia dell’Armonia Cosmica, io, Gonzalo Juanito dela Cablera, Toga Rossa del foro di Falsim, Diacono di Aldebaran, Maestro di Legge presso l’università d’Artenia, Direttore dell’Accademia dell’Armonia Cosmica, la dichiaro ufficialmente Sacro Paladino della Contea, fedele servitore di Aldebaran, delle Leggi Divine e delle Leggi degli uomini.”

Il giovane non poteva crederci. Alla fine ce l’aveva fatta. Poteva uscire da quelle sale strette ed umide del monastero. Adesso avrebbe potuto servire il suo Dio e la sua terra con azione diretta. L’esterno, l’avventura, la gloria. Come in quelle storie di cavalieri che tanto amava. Colmo di gioia, documenti alla mano, Bastiano si girò di colpo ruotando i tacchi e si diresse pieno di boria verso l’uscita. Non solo non salutò il Diacono come avrebbe dovuto, ma neppure lo sentì quando Gonzalo Juanito dela Cablera proferì poche ultime rassegnate parole: “La vostra benda…è di nuovo sull’occhio sinistro…”

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