Quando meno te lo aspetti

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Il perdono può essere una conquista quasi irraggiungibile per chi ha passato la vita nel rancore e nell’ odio. Avere una coscienza, umiltà di riconoscere gli sbagli e provare empatia verso il prossimo erano delle sconosciute. Per entrambe era scattato qualcosa dentro però. Si erano detestate, imbrogliate, rinnegate e ferite a vicenda ma in un lampo avevano provato qualcosa che non avevano mai saggiato. Una sorta di coesione tra i loro spiriti. Separatamente avevano percepito una scintilla dentro.
Vidar era troppo presa da tutto quello che le stava succedendo in torno quel giorno, un secondo, un bagliore negli occhi e una consapevolezza che prima non c’era. Nella stanza buia, invece, Cecily vide una finestra aprirsi, una luce bianca e calda, che la scaldò e l’abbracciò. Era un cucciolo pentito e solo. Bisognoso di attenzioni e d’amore che aveva preteso in modo sbagliato.

Il fuoco crepitava sotto il piccolo paiolo mentre Vidar era intenta a creare unguenti da usare per alcuni viandanti feriti. Erano in tre: padre, figlio adulto e la figlia di circa quattordici anni. Erano sopravvissuti a un attacco di lupi.
Mentre le foglie si univano tra loro come in una danza, una vocina irruppe tra i pensieri di Vidar: ”Mi dispiace tanto…I i io…ho sbagliato a prendere il tuo posto e a fare tante cose di testa mia, brutte. Ora non so come fare a farle tornare come prima, tu mi odi, tutti mi odiano e nessuno mi vuole più bene…io mi sento così sola. Mi manca il mio papà…io non volevo…”
Il corpo di Vidar singhiozzava, mugugnava, senza parlare, ogni tanto inarcava le spalle. ”So che non mi perdonerai mai, so che è tutta colpa mia se siamo così, io sono qui per merito tuo e invece di aiutarti, ho fatto un pasticcio…” Un grugnito uscì da Vidar. ” Ti chiedo solo di darmi una sola possibilità. Rimedierò a quello che ho fatto…”. Una voce bassa e profonda uscì dalle labbra: ” Non puoi rimed…” La Vidar che conosciamo avrebbe imprecato e detto malignità per ferire quelle meschina ragazzina ricca. Ma sentiva che era sincera per una volta, era davvero dispiaciuta. Affranta. Spezzata. Come si sentiva lei. Rotta in due. ”Rimedieremo”. Sollevò il viso mentre medicava la fronte di quella ragazzina ferita, col moccio al naso e per un attimo le sembrò Cecily. Un leggero sorriso quasi impercettibile come il primo fiore al nascere della primavera.
Erano giorni difficili, le Masnade si erano ritrovate nei pressi di un villaggio. Varie notizie allarmanti arrivavano da ogni direzione e il luogo d’incontro finale, Nebin, non prometteva nulla di buono. Per qualche giorno sarebbero stati insieme per prepararsi al viaggio finale, lunga ancora era la via e troppi pericoli senza soluzione.

Vidar, con un cestino in mano, quasi spensierata, raccoglieva con cura erbe mediche e funghi, facendo attenzione a non calpestare nulla. La natura la calmava e la faceva stare bene. Anche Cecily piaceva, voleva imparare, ascoltava le spiegazioni delle varie erbe e i loro utilizzi. A un certo punto, sentirono un rumore scrosciate, un suono che evocava refrigerio in quella calda estate. ”Vidar è un ruscello vero? Posso andarci? Ti prego!”. ”Mmm va bene, ma solo per qualche minuto, ho da fare”. Si scambiarono, Cecily, respirò a pieni polmoni e corse tra gli alberi. Era così felice che pensava sola a immergere i piedi nel fiumiciattolo e mangiare le more nel cestino. La riva era piena di grossi sassi, scivolosi e melmosi, non abbastanza vistosi per chi brama fresco dal sole torrido. Arrivò come in fulmine, cercò di frenare con i talloni ma si ritrovò a non avere presa. Cominciò a lanciare le gambe su e giù, le braccia si muovevano come un gabbiano arrabbiato e dalla bocca le uscivano gridolini da dama frivola e in preda al panico. Cadde all’indietro in un tonfo immenso nell’acqua limpida. Era inerme sulla riva, un rivolo di sangue usciva da sotto la nuca.

Cecily si vegliò di colpo, era in una bellissima stanza, un profumo di more le arrivò dritto al naso. Era stata soccorsa e le avevano messo un bel vestito azzurro. Tutto era di stoffe colorate, dai cuscini ai tappeti. La testa era dolorante ma i capelli lunghi biondi di sicuro non avrebbero fatto intravedere nulla. Un epocale dipinto era appeso di fronte a lei ritraeva una grande torre scarlatta, bella e immensa come le torri delle principesse; quelle salvate dai cavalieri. Forse era più maestosa e quel colore sembrava sangue vero pensò Cecily. Distolse lo sguardo verso la finestra aperta, un vento caldo entrò portando petali di rosa all’interno della stanza. Cecily si alzò, percorse un lungo corridoio con sette splendenti armature. Doveva essere una roccaforte di un famoso cavaliere. Con la mano toccava la dura roccia : identica a quella del suo maniero.
Arrivò nella sala principale. Una dama bellissima, con capelli rossi come la fiamma, vestita di verde era intenta a suonare un’ arpa. Il vento aveva portato i petali fino a lei. ”Ti sei destata piccola sfortunata. Prego accomodati”. Cecily si sedette su una grande sedia di un tavolo rettangolare da otto persone. La dama le di avvicinò guardandola in viso. Cecily sentì quel profumo portato dalla brezza e chiuse gli occhi avvolta in un abbraccio.
Quando aprì gli occhi vi era dinnanzi a lei un’altra donna ma questa era in armatura scintillante con un elmo da vero combattente, fiera e quasi inumana. Una luce abbagliante rendeva difficile vederla. ”So che cosa hai passato mia cara. Quella notte sei stata coraggiosa, hai lottato contro quei meschini imperiali. Quello che ti hanno fatto, le barbarie, il dolore, la perversione…” Si schiarì la voce. ”Hai lottato per chi amavi e non hai mai smesso. Non mi conosci, ma io conosco te. Anche io ho subito per sei lunghi giorni e sei lunghe notti di torture e sevizie. Ma ho resistito per un bene superiore. Ora mi chiamano Martire. Come del resto lo sei anche tu, mia giovane fanciulla. Solo chi ha nel cuore qualcosa di così importante può donare la sua vita e la donerebbe ancora tornando indietro, perché tu lo faresti vero?”.
Cecily sbatté gli occhi, la dama con l’abito verde smeraldo e i suoi capelli ardenti era tornata. La ragazza ebbe un brivido ”Per mia sorella e mio padre? Sì, certamente, anche se…Non è servito a nulla…”. La dama si inginocchiò al suo fianco prendendole la mano ” Oh no, mia dolce bambina, un gesto d’amore puro non è mai inutile!Proteggere e aiutare chi ami e il prossimo è sempre un dono immenso e prezioso. Quello che hai fatto ti deve dare modo di capire quanta forza hai dentro. Mia dolce e sbadata damina, se vuoi avere uno scopo e non lasciare che la tua morte e rinascita sia vana, devi usare la tua forza per fare grandi cose. Devi essere la consigliera della tua Metà, devi aiutarla nella suo destino. Tu hai una grande e immensa fortuna, avere lei è come avere una seconda famiglia.”

La sua mano si ritrovò stretta da un mittene e la donna cavaliere riapparsa con voce ferma disse ”Ricordate: ogni volta che un mio fratello mi recherà offesa, non verserò il suo sangue e cercherò piuttosto di farmi carico delle sue colpe. Entrambe dovete seguire un lungo viaggio. Non c’è una senza l’altra. La gioia e il dolore sono condivisi. Ancora di più i valori. Non lasciatevi corrompere. Il Bene è dentro di voi. Combatte il Male, che la luce del Nord vi assista”. I capelli lucenti e setosi toccarono la sua fronte, poi un bacio leggero e materno ”Molte genti sono in pericolo, solo la fede e l’amore posso salvare la Scacchiera. Siate sia dama che cavaliere mie incantevoli e fiere donne.”

Allan correva trafelato, tra le braccia aveva il corpo di Vidar tutto bagnato e sporco di sangue. Era andato per qualche ragione nel bosco e l’aveva trovata svenuta nel ruscello. Non ci aveva pensato due volte, sentendo il respiro debole, aveva preso quella pazza ragazza che a volte lo trattava male, altre lo rassicurava e lo salvava da morte certa e l’aveva portata in salvo. Entrando nella taverna buttando giù la porta con un calcio, la distese su un tavolone dove gli Alfieri e gli altri Membri delle Masnade erano seduti a cenare e a parla sul da farsi. ”Cerusicooooo! L’ho trovata nel bosco! Cerusicooooo prestoooo!” San e Odille si alzarono non capendo cosa stesse succedendo, i loro volti erano i più sconvolti e preoccupati.
Mentre esaminavano e curavano le sue ferite a un tratto Cecily si alzò a sedere guardando dritto e dicendo ”La dama lady Mirabel e il cavaliere lady Lisbeth ci hanno ospitate nel loro castello!” Chiudendo gli occhi e riaprendoli, divenne adirata e guardando tutti quelli che erano intorno a lei con voce più roca, proprio da Vidar, disse: ”Cazzo, è vero! Lo giuro sulla mia fottuta vita che mia è cara più di qualsiasi cosa! Porco gli Astr…ehm gli antri…gli antri bui senza luce….Devo bere…” Lasciando tutti i presenti senza parole e con le bocche lunghe come calle in fiore, Vidar bagnata come un cencio si sedette al bancone e ordinò ben otto birre, non sapeva perché ma nel sogno c’erano otto boccali. Porterà fortuna, o no? Vabbè!
Osteeeee birraaaaa!

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