Chissà come, uno si aspetta che assurgendo alfine al ruolo di “Pirata Numero Uno dei Mari del Sud” probabilmente il grosso delle scorribande doveva esser stato fatto. Si trattava solo di mantenere una certa “coerenza” nella linea d’azione intrapresa. Niente di più infondato.
Ho cominciato la mia carriera da Capitano della Oiche Ros quasi senza preavviso e dire che l’equipaggio fosse in merito piuttosto diffidente è un’indicibile offesa alla verità dei fatti: forse non dubitavano della mia “preparazione” (dopotutto me la cavavo abbastanza con mappe e rotte quantomeno fantasiose), non era nemmeno un problema che fossi una donna (non fosse per le continue dimostrazioni di forza di Selina…) e neanche il fatto che i miei compagni ed io fossimo gli ultimi arrivati costituiva un vero problema (davano tutti un certo valore al giudizio del vecchio Adalbert). No, niente di tutto ciò. Il problema era che la ciurma, perfettamente edotta sulle mie numerose problematiche con le corti d’Oriente, dopo anni di invettive e denunce che tutti conoscevano pressoché a memoria, temeva qualche mossa avventata. E ne aveva ben motivo.
Se non fosse per Gustav, mi sarei lanciata troppo presto contro i miei aguzzini, in un attacco tanto furente quanto stupido che avrebbe solo condotto a morte certa la mia ciurma e me innanzi ad essa. Mi convinse in breve che dovevo ottenere una popolarità ben più solida, alleati ben più perniciosi di “ira” e “vendetta” e quando mi ribellai a questo piano, per niente ansiosa di seminare morti e ladrocinio, lui ribatté divertito “La gente è in grado di far andare a picco un crudele criminale, Capitano, ma saprà sospingere le tue vele se riuscirai a procuragli un pezzo di pane a scapito dei suoi tiranni…”
Selina e gli altri si fecero convincere come me che questa nuova linea d’azione sarebbe stata certo più fruttuosa e meno impopolare e così cominciammo a prendere di mira le sole navi signorili che issavano gli stendardi delle Contee, derubandole di ogni singolo pezzo d’oro in loro possesso, ed evitando invece le piccole imbarcazioni mercantili. Molti corsari sposarono la filosofia della Oiche Ros, convenendo nel duplice guadagno derivante da essa: liberarsi da un lato di coloro che potevano condurli a Grinfamorte (solo i signorotti più benestanti potevano garantirsi una guardia per mare degna di questo nome) e arricchendosi dall’altro alle spalle dei nobilotti del meridione, limitando quindi al minimo l’ostilità del popolo della costa.
Per un po’ la cosa funzionò: poi fui arrestata e rinchiusa a Grinfamorte e questa condotta “illuminata” andò rapidamente a ramengo. Ma questa è un’altra storia.
Dopo l’improvviso abbandono del Capitano, anche i contrasti interni alla Oiche Ros trovarono la loro naturale risoluzione: Rupert ed io uscimmo allo scoperto e sebbene le possibilità di convolare a giuste nozze fossero pressoché nulle anche Gasparr, col tempo, riuscì a metterci una pietra sopra.
Una radiosa mattina di primavera, attraccati ad un remoto porticello in cerca di rifornimenti (più che altro rhum, effettivamente), Gasparr mi invitò a godermi il panorama, spingendomi ad abbandonare le mie crescenti paranoie sulla non troppo remota possibilità che qualcuno, vedendomi, decidesse che la taglia sulla mia testa ben valesse una qualche mossa avventata. Era successo altre volte e per poco non ci scappava il morto, o peggio, Grinfamorte. Ma quella mattina avevo proprio voglia di farmi convincere e così decisi di uscire e godermi due passi tra la folla: lasciai il tricorno nella cabina e nascosi i capelli in un berretto mascolino. Solo i miei più cari amici avrebbero potuto riconoscermi, camuffata in quel modo: “Ci penso io a te, non temere…” disse bonariamente Gasparr mentre scendevamo dalla nave.
Come era lecito attendersi, nessuno fece caso a noi: scorrazzammo per il vicino mercato, comprando femminilissimi orpelli di cui non avevo assolutamente bisogno ma… mi prendevo una mezz’ora di licenza dalla pirateria e fui immensamente grata a Gasparr di avermi convinto a farlo.
Almeno fino a quando non mi sembrò di vedere Rupert: se ne stava in un vicoletto buio, intento a parlare con un individuo che non riuscivo a vedere dalla mia posizione. Erano intenti a scambiarsi chissà quale merce illegale ed avrei pensato a del banalissimo Oppio Blu se non fosse che all’improvviso mi accorsi che il tizio con cui contrattava Rupert aveva una sofisticata ed appariscente maschera calata sul volto. Gli copriva solo metà del viso ma non era certo ciò che nascondeva ma la sua sola presenza il vero problema per me.
Per un attimo la vista mi si annebbiò e cominciai a balbettare suoni sconnessi ma Gasparr, avendo notato anch’egli quel dettaglio così assurdo, mi prese per un braccio e mi trascinò dietro l’angolo del vicolo… “Rupert…” mormorai.
“Non essere sciocca” cominciò lui “non si tratta di lui, vedrai che…” cercò di sviare quel pensiero irrazionale e i suoi occhi blu erano così sicuri che stava riuscendo a convincermi.
Se non che, in quel momento, i due fuoriuscirono dal vicolo: prima il randagio delle Sette Corone e poi Rupert. E a quel punto Gasparr ed io non avemmo più dubbi.
La folla ci garantì una certa discrezione ed i nostri occhi increduli ebbero così modo di vedere i due dividersi ed imboccare, poi, strade diverse.
Gasparr era attonito ma ancora illogicamente incredulo “Vedrai che c’è una spiegazione, deve esserci. Rupert ti ama, lo sanno tutti!”.
”Oh, certo! Mi ama a tal punto da intrattenere furtivamente rapporti con un sathoriano!” lo interruppi bruscamente. “Dobbiamo andarcene e lasciarlo qui”, conclusi dopo qualche attimo di silenzio.
“Non ho intenzione di far rischiare qualcosa ai miei uomini! Oddio, a Gustav crollerà il mondo addosso, erano come fratelli… e Selina? Non oso pensare a come lo ridurrebbe se riuscisse a mettergli le mani intorno al collo…”
“Andiamo, adesso non essere affrettata: vedrai che si tratta di un equivoco… è di Rupert che stiamo parlando, non puoi gettarlo a mare e tanti saluti. Tra noi ci sono stati dei problemi in passato, lo riconosco ma… Ha diritto quantomeno ad una spiegazione!” Gasparr sembrava inorridito dalle mie parole e allo stesso tempo terribilmente disorientato.
“Ah, si diamogli il modo di spiegarsi, permettiamogli di ingannarci ben bene, concediamogli tempo prezioso. E se fosse quello l’attimo di troppo che gli avrà permesso di trascinarci tutti a Grinfamorte??” gli dissi, spazientita: non c’era posto per i sentimentalismi in quel momento. Ero tornata il Capitano Romelia Rosacroce, il corsaro più ricercato al Sud nonché la donna più ostile ed accorta che le Contee d’Oriente ricordassero a memoria d’uomo: l’incolumità del mio equipaggio e dei miei amici era al primo posto.
“Beh, sono sicuro anzi certo che Rupert non ci trascinerà mai a Grinfamorte” disse Gasparr e negli occhi aveva una sicurezza che mi commosse. “Tu DEVI concedergli il beneficio del dubbio: chiedigli cos’ha fatto oggi e valuta bene la sua risposta. Per quel che riguarda Selina e Gustav…”
“Devo dire loro la verità… specie se dovesse mentire su ciò che abbiamo appena visto…” dissi senza pensare.
“Si, come no…” disse allusivo, facendomi capire che non la reputava affatto una buona idea “Selina lo farebbe volare giù dalla nave prima che tu abbia modo di finire di riferirle l’accaduto e Gustav… a suo modo è un uomo d’onore, questa è una macchia che segnerebbe il loro rapporto per sempre. E se avessimo frainteso tutto? Non può essere…” cercava di scacciare quel pensiero disgustoso.
“Se dovesse confessare o peggio mentire, lo passerò io stessa a fil di spada!” dissi con le lacrime agli occhi.
“No, invece! Se dovesse mentire dovrai mantenere il sangue ben freddo e non fargli capire che sai tutto! Se ci sta vendendo, se veramente ci ha voltato le spalle… Dobbiamo scoprire con chi lavora, non credi?”
“Io… non so cosa credere… come può, come? COME?”
Mi abbracciò sconsolato e sentii il suo cuore agitato… Ci separammo e comincia a raccogliere le idee.
“Hai ragione: Selina e Gustav non gli permetteranno di parlare…”
“E allora lascia che sia io ad aiutarti!” mi prese il viso tra le mani “Ti proteggerò io, starò al tuo fianco finchè questa storia non sarà finita… e ti prometto che scopriremo la verità”.
Mi baciò delicatamente: fu un bacio a fior di labbra, puro e sincero come il suo cuore…
La sera stessa chiesi a Rupert cosa l’avesse condotto tutto solo fuori dalla nave e con un sorriso sornione mi rispose “Niente di che…”. Mi si spezzò il cuore.
Alcuni giorni dopo capii che i miei problemi erano solo all’inizio: stanchezza, strane nausee mattutine… se non avessi vissuto su una nave gli ultimi anni della mia esistenza avrei pensato ad un banalissimo mal di mare.
Lo raccontai a Selina e senza bisogno di ulteriori informazioni sentenziò “Sei incinta. Di Rupert, giusto?” “Certo! E di chi altro??” le risposi offesa, e ripensai subito a quello che avevo visto sul molo e al tentativo di depistarmi di Rupert. Per giorni avevo chiesto a Gasparr di tenerlo d’occhio e di quando in quando ne parlavamo a quattro occhi, tenendo gli altri all’oscuro di tutto.
Anche Gustav e Selina, comunque, sembravano piuttosto strani… Forse avevano capito tutto o magari percepivano solo che qualcosa mi stava preoccupando: d’altronde mi conoscevano da una vita e non ci si poteva non accorgere che qualcosa stesse bollendo in pentola. Forse ero solo paranoica. Cercai di evitarli e mentre li osservavo dal timone, un pomeriggio piuttosto afoso, un altra orribile ipotesi mi balenò in testa: che fossero d’accordo con Rupert?? No, scacciai subito il pensiero. No. No…
Dopo una decina di giorni, rientrammo in un altro piccolo porto e anche in quell’occasione Rupert aveva incontrato un individuo con metà del volto coperto, ma stavolta era stato solo Gasparr a vedere la scena “Sempre il solito tizio, almeno così mi è sembrato: aveva una maschera con un bordo azzurro acceso, ti ricorda niente?”. Ripensare a quella mattina mi fece venire la nausea, ben più di quanto non facesse il bambino, ma una cosa a quel punto era chiara: a distanza di dieci giorni circa Rupert aveva visto lo stesso sathoriano per ben due volte… ero riuscita a dissimulare abbastanza quanto avevo scoperto ma questo era troppo.
“Si… devo parlargli, non posso andare avanti così…” dissi e mi si rivoltò lo stomaco per quel che dovetti aggiungere “sono incinta, Gasparr. Comunque vada devo scoprire la verità”.
Gli occhi di Garparr tradirono uno sconcerto che a stento riuscì a soffocare: dopo qualche attimo riprese a parlare “Io… capisco… ti starò accanto, ti aiuterò io…”
Mi guardò con gli occhi pieni di speranza e capii che dovevo liberarlo… Era disposto a sopportare anche questo ma io non potevo permettergli di accontentarsi di una donna che non lo amava “Senti, a proposito di questo; qualunque cosa succeda con Rupert, beh non cambierà il resto. Mi dispiace ma…”
“Non preoccuparti, non c’è bisogno che tu vada avanti” disse, riacquistando tutta la dignità e calma che lo contraddistinguevano sempre nei momenti di crisi “bene, allora credo che presto dovresti affrontare la cosa…”
“Non presto, oggi stesso!” dissi esausta. Aveva preso fin troppo bene il mio rifiuto ma evidentemente non aveva capito quanto bisogno avessi di sentire la verità. “Non voglio aspettare ancora, non ce la faccio più”
“Non puoi farlo oggi, Romelia!” disse e si avvicinò prendendomi per le spalle: mi sembrò perso, nuovamente. “Senti, aspettiamo qualche giorno, ci riavvicineremo alla costa…” tentennò “così se Selina dovesse buttarlo a mare…” si preoccupava per lui.
“Come puoi pensare al suo bene? Come?” gli dissi offesa, divincolandomi dalla sua presa e come se Rupert fosse già reo confesso.
Si calmò di nuovo e infine rispose “Beh non penso al suo bene ma al nostro: non dovremmo avere la sua vita sulla coscienza. Sei stata tu stessa ad insegnarmi che noi non uccidiamo a cuor leggero la gente…anni fa…”.
Il morto nella bettola: era proprio cambiato…
Non ci fu bisogno di aggiungere altre parole: avrei parlato con Rupert in capo a due giorni e Gasparr sarebbe stato con me, per ogni eventualità. Gli avrei fatto capire che sapevo dei suoi squallidi incontri e che per lui c’erano solo due possibilità: lasciare la nave da vivo o portarmi ad ucciderlo come un vigliacco.
Per gli Dei, non potevo nemmeno figurarmi la seconda strada… Ad ogni modo, non avrebbe saputo del bambino.
Passarono due giorni e con Gasparr imbastimmo una sorta di festa improvvisata: la confusione avrebbe coperto gli spari, qualora ce ne fossero stati e con un po’ di fortuna l’eventuale scomparsa di Rupert sarebbe sembrata una misteriosa casualità.
Intorno alle dieci lo chiamai nella mia cabina e chiusa la porta alle mie spalle mi saltò addosso come fosse posseduto…
“Finalmente ti riconosco!” disse “Come hai fatto a starmi lontana tutto questo tempo? E non pensare che non mi sia accorto delle scuse puerili che hai inventato per evitarmi…”
Aveva capito? “Smettila di fare il cretino” lo apostrofai e mi divincolai dal suo abbraccio, rendendogli forse la cosa più interessante. “Dobbiamo parlare…” cominciai ma mi interruppe subito.
“Oh cielo, non dirmi che sei incinta!”
Buffo… mi colse totalmente impreparata: per un attimo quella situazione mi sembrò così assurda…
“Non sto scherzando. So tutto: i tuoi incontri, i tuoi nuovi amici… da quanto va avanti questo amoreggiamento improvviso con quelli che hanno distrutto la nostre famiglie, uh? Più o meno da quando fingi di amarmi?”.
All’inizio mi sembrò sbigottito poi disgustato… dopo qualche attimo di silenzio riprese a parlare “Certo che sei proprio una stronza…” disse con un leggero sorriso sulle labbra. Cominciò ad avvicinarsi, con passo felpato: forse non voleva far sentire la colluttazione? Quando fu più vicino, infilò la mano destra nella tasca sinistra della sua giacca, all’altezza del cuore, dove di solito teneva… dove teneva la pistola!
Voleva spararmi…
Misi d’istinto la mano sinistra all’altezza del ventre e con la destra estrassi di scatto il pugnale: con letale prontezza, quando la sua mano stava per uscire dalla sua giacca, gli piantai la lama dritto al cuore.
Mi stupì quanto agilmente riuscii ad affondare il colpo. Fu facile anche coglierlo di sorpresa: era troppo sicuro di se per potersi aspettare una mossa del genere, pensai. Lasciai la lama e con gli occhi impietriti e sorpresi, già privi di vita, Rupert cadde con la schiena al suolo, la testa appoggiata su un lato: era finita…era…
Era la cosa giusta da fare. Avevo salvato la ciurma, i miei amici, il mio bambino e perché no? Perfino la mia crociata personale contro le podestà d’Oriente.
Era la cosa giusta da fare, mi ripetevo: eppure non mi faceva star meglio…
“Hai fatto la cosa giusta…” Gasparr, uscito dalle ombre, fece eco ai miei pensieri: era pochi passi dietro di me ma non riuscivo a voltarmi perché qualcosa aveva attirato la mia attenzione. Lentamente la mano di Rupert stava uscendo dalla sua giacca: aspettai qualche attimo per vedere la sua rivoltella…
Ed invece… la sua mano lasciò cadere una scatola. Una piccola scatolina: voleva uccidermi con una piccola scatolina di cartone? Sentii il veleno che mi aveva annebbiato la mente dissolversi poco a poco, raccolsi la scatolina ed il suo contenuto mi diede una vertigine.
Un anello…no un attimo, non un anello qualsiasi: il rubino incastonato scolpito a forma di rosa mi ricordava qualcosa… l’anello di mio padre… come poteva…?
Non voleva uccidermi: c’era qualcosa di tremendamente sbagliato in quello che stava succedendo…
Mi voltai e Gasparr, appoggiato allo stipite della porta, aveva un sorriso a dir poco demoniaco dipinto in volto “Voleva qualcosa di speciale per chiederti di sposarlo: che amico sono, eh?”
Ero sconvolta, come lo era stato forse Rupert quando l’avevo colpito a morte, e sicuramente troppo sorpresa per rendermi conto del pugnale che Gasperr teneva in mano e che agilmente mi conficcò nell’addome. “Questo è per il piccolo bastardo che porti in grembo” estrasse quindi la lama e, mentre inorridita lo fissavo, mi pugnalò ancora, con grande rapidità, a quattro dita di distanza o giù di lì dalla precedente ferita “… e questo è per avermi rifiutato prima ancora che ti avessi chiesto di diventare mia”. Mi passò una mano sotto il braccio in modo da tenermi in piedi, per fissarmi ancora per qualche istante: cominciavo a perdere molto sangue eppure non potevo perdere conoscenza, almeno non prima di avergli chiesto “…Per- perché?…”
“Il perché è evidente, stupida idiota” mi lasciò cadere senza troppe cerimonie “Vendetta, odio, rabbia, rancore, ne sai niente? Eppure sei la maestra dei conti in sospeso, no? O la nuova Romelia Rosacroce ha dimenticato il suo scopo? Magari potremmo aggiungere un po’ di gelosia, invidia, ma questo in effetti una come te non lo può capire… c’è qualcuno che non rimane quantomeno intrigato dalla misteriosa piratessa?!?!” Era decisamente sdegnato e sembrava in preda ad una crisi di rabbia furente.
A terra, mi ritrovai faccia a faccia con Rupert… che cosa avevo fatto…
“E comunque, il tuo amato aveva deciso di sposarti e fra tutti i criminali a cui aveva sentito il bisogno di confessarlo qualche settimana fa, quell’idiota scelse me: non che fossi quello a cui teneva di più, non credo di esserlo mai per nessuno, semplicemente pensava fossi quello, uhmm, come aveva detto? Più discreto. Ero cieco di rabbia perché tu ovviamente avresti detto di si… Giusto?”
Feci un cenno di assenso con la mano, e lui continuò, stizzito oltre misura “ecco appunto!” poi si calmò e riprese a parlare divertito “Il caso volle che incontrai un tizio mascherato disposto a tutto pur di chiudere la tua boccaccia per sempre: eravamo in una bettola e quando mi mostrò l’anello di tuo padre fui folgorato dalla poesia della trappola che mi si figurò subito in mente. Mi disse che a Sathor lo avevano tenuto per farti cadere in un qualche tranello e pensai che se qualcuno doveva farlo, di certo avrei dovuto essere io!” Non l’avevo mai visto così, forse non lo avevo visto mai, veramente…
“Ho messo in contatto il caro Rupert con quel vigliacco mascherato, consigliandogli di mantenere la cosa segreta, sai, per ottenere un effetto sorpresa indimenticabile: così ho convinto lui ad agire alle tue spalle e te, beh, che stesse cercando di tradirti. Sei troppo paranoica mia cara, te l’ha mai detto nessuno?!?” Cominciai a riconsiderare tutto: ecco perché voleva farmi uscire quella stramaledetta mattina, ecco come ero fortunosamente incappata in quell’incontro clandestino, ecco perché Gasparr non voleva che ne parlassi con Selina e Gustav, ecco perché… perché Rupert aveva mentito sulla cosa e perché avesse un sorriso sornione in viso alla fine: sapeva quanto mi avrebbe fatta contenta quella sorpresa…
“Vai avanti cazzone” gli dissi voltandomi verso di lui “o sarò morta prima che tu sia riuscito a raccontarmi tutta la storia”.
Fece un sorriso di sbieco “In effetti c’è dell’altro: tu eri così in apprensione da non accorgerti di quello che IO stavo abilmente tramando contro di te… Tutto andava a gonfie vele, fino a quando non hai deciso di far precipitare tutto: va bene che sono bravo, ma organizzare un assalto alla Oiche Ros richiede almeno un paio di giorni…” All’improvviso mi resi conto che non si sentiva più alcun rumore provenire dall’esterno “Già: per questo ti ho chiesto di attendere e di organizzare una festicciola: per preparare la Regia Marina al meglio e fiaccare al contempo la ciurma… non ti sembro un genio??”
S’inginocchiò e, accarezzandomi i capelli, avvicinò il suo volto al mio: ci fissammo per qualche interminabile istante. Quegli occhi pieni di odio mi trafissero quasi quanto la sua lama.
Raccolsi le energie e gli sputai addosso meglio che mi fu possibile, ricoprendogli la faccia del mio stesso sangue.
“Non riposerai mai più per il resto della tua miserabile vita, lo sai vero? Da questa terra o dall’aldilà verrò ad esigere la mia vendetta… ti do la mia parola!”, gli dissi a denti stretti, già incapace di muovermi.
Dal canto suo Gasparr si fece un po’ indietro, quasi spaventato: dovevo sembrare minacciosa anche in punto di morte, dopotutto.
Già, perché la mia ora stava arrivando e, mentre ero in procinto di perdere coscienza, la cosa mi rasserenò: nonostante la rabbia, dentro di me, sapevo che non avrei potuto sopravvivere a quanto accaduto e dunque, almeno di ciò, non dovevo preoccuparmi.
Chiusi gli occhi nella sincera convinzione che non li avrei più riaperti. Un altro errore grossolano…