Dall’alto della verdissima collina, Vidar stava guardando il tramonto. Erano passate diverse lune da quando erano successe le cose più disparate. Un drago…Sorrise tra sé, pensando a tutto quello che aveva vissuto in un solo anno. Una vita intera.
Rapita dai sui pensieri, non si accorse che qualcuno era a pochi passi da lei. Si voltò, era Leone. “Ho pensato a quello che mi hai detto e dato che sono il migliore…Prendila…” Senza troppe parole le diede una piccola lettera. “Io ho fatto il mio, tu hai due scelte: la apri e sistemi le cose o la stracci e riparti da qui. “Detto questo si girò e fece per andarsene ma, aggiunse “Ah Vidar…non fare le cose a cazzo di cane…” Ridacchiò. “Fammi sapere cosa decidi, domani mattina, dormici su”. In piedi, quasi interdetta e senza parole, lei esclamò “Divertente eh…Arrivi, fai, disfi e ancora con questa storia? IO sono quella meno complicata delle due! Ehi! Aspetta! AAAAh sei un capo terribile sai!!! “. Ma Leone se la rideva e era già giù dalla collina a dare ordini e a organizzare la partenza prevista per la prima settimana del nuovo mese.
Nella lettera c’era il luogo in cui i suoi genitori si erano trasferiti dopo la sua morte. Dopo quella notte. Stavano bene e anche in un bel posticino. Grazie a lei…se si poteva dire così.
La notte passò agitata, pensieri, sogni, incubi. Che doveva fare? I discorsi affrontati, le lacrime, i pugni serrati. Era così grande la voglia di vendicarsi che a volte da dentro si sentiva prendere fuoco. Tante domande da urlare in faccia, pene da scontare per un pezzo di vita non vissuta ma, abusata e distrutta.
O forse era ora di iniziare a vivere, di lottare, di dimenticare.
Si svegliò rapida come se il mattino le avesse spazzato via i dubbio della notte. Aveva preso una decisione. Si sistemò velocemente, bevve un sorso di quell’ intruglio amaro e speziato che beveva alla mattina e che San detestava. Senza quello a chi passava la sbronza?
Si diresse verso la tenda di Leone. Respiro lungo e pieno di coraggio…Non fece in tempo a proferire parola. “Non andare da sola, portati una persona fidata, lo specchio e non farti ammazzare di nuovo. Devi tornare appena hai risolto, è un ordine, grazie Leone.” Vidar come al solito, fece un rumore di assenso. “Grazie”. Non riusciva a dire altro. La conosceva bene ormai.
Seduta su un tronco rifletteva, a chi poteva chiedere un favore così grande e anche pericoloso? Era una lungo viaggio.
San, di lei si fidava ma, aveva delle questioni in sospeso e le pareva pensierosa e distante. Sapeva che quando era così bisognava lasciarle spazio.
Alexa? Come poteva chiederle un aiuto dopo quello che era successo? Aveva passato giorni difficilissimi dopo la morte di Vinicio e lo spavento per Ciri.
Giusto mentre rifletteva, allungando la vista, al di sotto della vallata. Alexa stava letteralmente spaccando di colpi un povero albero. lo colpiva gridando e muovendosi intorno a lui come se fosse un avversario temibilissimo. Lì, di fianco, ad ammirare questo spettacolo con gli occhi spalancati e la bocca aperta c’erano le piccole marmaglie reclutate da poco.
Vidar attese che la lezione finisse. Si avvicinò ad Alexa, porgendole un bicchiere di idromele.
“Che movimenti di bacino”. “Anni di esperienza!”. Alexa era una delle poche che non si offendeva se scherzava così.
“Alexa…devo chiederti un favore…devo rivedere i miei genitori. Non so cosa può succedere. E’ un lungo viaggio e tu ne hai passate tante…”
“C’è da bere? E’ pericoloso? Nel senso: devo uccidere qualcuno? Ottimo mi farà bene e mi sfogherò! dove si va?
“Gelbha. Sono due mesi e mezzo tra andata e ritorno…”
“Io e Ciri abbiamo affrontato molto di peggio e siamo ancora qui, insieme. Dammi un giorno per prepararmi e sono pronta.”
Organizzò il viaggio con l’ aiuto dei suoi compagni, viaggio a cavallo, accordo con esponenti della Gilda del Liberimercatori per un passaggio su una delle loro golette e infine ancora una galoppata di una settimana per arrivare a Gelbha.
Vidar fece un patto con Cecily. Le serviva spazio, le avrebbe ridato il favore una volta tornata ma, ora era il suo turno di chiarire qualcosa che opprimeva entrambe, dato il corpo in comune. Cecily aveva capito e acconsentito. Non era più la ragazzina viziata che diceva sempre no. Aveva cominciato ad apprezzare quella grezza e strana ragazza. L’aveva promesso a Leone e a Mordecai. E poi aveva un compito quando Vidar sarebbe tornata, beh, quando entrambe sarebbero tornate. Questa è un’ altra storia però.
La sera prima della partenza, Vidar bevve e si promise di liberare la mente per qualche ora. Fu una bella nottata piena racconti e di confidenze. L’aria era ancora calda e le botti di birra ancora piene. Anche gli altri sarebbero partiti.
Prima di essere troppo brilla ma nemmeno dura e cinica come suo solito, scrisse una lettera al suo Moah, avrebbe capito, ma voleva spiegare e dire tutto. Do ut des, Maestro. Tornerò per affrontare il mio destino. Fece volare il corvo. Avrebbe portato il messaggio con più lealtà di qualunque messaggero.
La mattina salutò tutti alla sua maniera: niente di smielato ma almeno quasi umano, non come le prime volte dove aveva un attacco allergico al primo abbraccio.
Alexa sellava i cavalli, aiutata da Ciri, si sorridevano e parlavano a bassa voce. Gli occhi luccicavano ma, non piangevano. Mani che si sfioravano e un lungo abbraccio. Vidar, le guardava e provava della sincera ammirazione. Percepiva delle emozioni vere. Che voleva provare anche lei ma, che forse, non era in grado di provare. Ci poteva essere una donna in tutto il mondo in grado di apprezzare un essere come lei? La tetra sposa, la bellissima Morte, non l’aveva voluta quella volta, era un segno. Forse non era degna di nessuno.
Partirono a cavallo, come due amazzoni nella brezza del mattino, passarono per boschi e colline, sostarono una notte in una piccola locanda malconcia e con una sola stanza poi in tenda o coperte solo dalle stelle e dalla luna. Alexa faceva di tutto per sdrammatizzare quella sensazione di ignoto nei lunghi silenzi di Vidar. La vegliava come una guardiana quando gli incubi prendevano il sopravvento. A volte, quella donna oscura e forte era anche indifesa come una flebile luce, dormendo era quasi febbricitante.
La guerriera con sua immensa felicità, nel tragitto, soccorse anche una donna con una bambina in spalla da un losco uomo barbuto che le stava importunando. Un pugno ben assestato, due schivate e una ginocchiata sul naso. Il finale perfetto per un viaggio.
Arrivarono al porto dopo una lunga settimana.
Vidar non aveva mai visto il mare e nemmeno una nave. La goletta era lunga su per giù venticinque metri, azzurra con righe bianche. Era maestosa vista dagli occhi di una piccola creatura come lei. Alexa era già stata su una nave più volte, comunque era entusiasta. La cabina era comune con altri viaggiatori, dei barili di frutta secca e sacchi di spezie.
Non c’era molto da fare durante i viaggi in nave, soprattutto se non sei tu che la mandi avanti, pensò Vidar.
Una sera sul pontile, tra un sorso e l’altro Alexa propose un gioco : Respondere aut bibere. Vidar per la prima volta in vita sua, di bere non ne voleva sentir parlare. Aveva vomitato quasi una ventina di volte in una settimana. Appena le onde si facevano un attimo più sensuali, il suo stomaco andava in estasi. Accettò di rispondere a tutto.
“Un dolore e una gioia. Rispondi donna dalle piume ovunque!” Alexa era brilla in compenso.
Vidar sospirò guardando la vastità del mare. Voleva essere sincera fino in fondo. “Dolore…Non essere stata abbastanza per non essere venduta dai miei genitori…Gioia…” Silenzio, un verso simile a un grugnito delicato. ” Rispondi o bevi”. “Avere uno scopo”. ” Puoi fare di meglio mia cara”. Vidar ci pensò a lungo. Alla fine disse ” Avere finalmente una famiglia. E tu?” “Il mio più grande dolore è stato svegliarmi una mattina e scoprire di essere stata abbandonata da Ciri senza spiegazione, senza salutarla, mi si è spezzato il cuore in mille dannati pezzi…D’altra parte, la gioia più grande è riservata sempre a lei. Quando ho scoperto che ricambiava i miei stessi sentimenti, che ora possiamo stare insieme. La Scacchiera cerca di dividerci ogni giorno ma, io starò sempre al suo fianco, anche dopo la morte.” Vidar ascoltava e aveva i brividi da ciò che provava, una sensazione strana di calore…Affetto? “Sai…vi invidio…nel senso buono. Siete, io vorrei essere come voi, con qualcuno, un giorno, ecco”. “Succederà sicuro, vedrai, amica mia.” E come nelle migliori serate, si ubriacarono.
Ci vollero più di quattro settimane dal campo ad arrivare a Gelbha. Eccola. La Cuccagna. Tutto quel verde, quei campi gonfi e spumeggianti. Il profumo di uva e grano. Il cielo azzurro e rosa del tramonto lo rendeva ancora più un dipinto. I tetti sorridenti e ben tenuti erano pennelli che disegnavano nuvole. Vidar era pronta alla fase finale del viaggio, senza Alexa non sarebbe arrivata fin lì. Non così coraggiosa, almeno. Era pronta per affrontarli. Era pronta alle domande ma anche alle risposte. Il cuore batteva forte. Lo doveva a se stessa e alla Vidar che sarebbe stata.