Come quasi tutte le sere da circa dieci anni, lady Alison si recò nel laboratorio della figlia per augurarle la buonanotte: la servitù sosteneva che, ad un certo punto della sua adolescenza, lady Olivia avesse avuto un brutto litigio con il folletto del sonno e che questi non volesse farle visita che per poche, rare ore per notte.
La nobildonna trovò la figlia accanto all’ampia finestra della stanza, intenta a guardare un punto indistinto nell’orizzonte oscuro, dal quale emergevano le fievoli luci della città addormentata. Fra le mani rigirava qualcosa, un bracciale di buona fattura, a malapena all’altezza di una donna di tal rango. Lady Alison aveva l’occhio clinico per questi dettagli. Glielo aveva anche visto addosso, qualche volta, ma non ne conosceva la provenienza.
– Olivia, di grazia… come mai stai tormentando quel povero bracciale? E chi te lo ha donato?
– Bracciale? Oh, questo… – replicò la bùnaidh senza smettere di guardare fuori – E’ abbastanza buio fuori stasera…
– Quello che stai dicendo non è molto coerente, figlia mia… – interloquì lady Alison alzando un sopracciglio.
La giovane donna non rispose, ma con una mossa improvvisa quanto fluida si lanciò a sedere sulla sua sedia da lavoro e tirò fuori da un cassetto un fascio di minuscoli attrezzi di cui lady Alison ignorava totalmente la funzione. Scelse accuratamente quello che sembrava un rampino da pesca per bambole e iniziò a smontare gli anelli del povero bracciale, sotto lo sguardo attonito della madre.
– Olivia! Non vorrai usare violenza anche su quel povero monile! Meno male che non hai scelto uno dei gioielli di famiglia… se ripenso ai tuoi magnifici orecchini… ma ha comunque una sua dignità e…
– È un dono, madre. Ripago il mio debito. – la interruppe Olivia, tranquilla.
– Un dono? Debito? Ma di che parli?
La bùnaidh si voltò verso la madre, parlandole come per spiegare la faccenda delle addizioni a un bimbo di sei anni.
– Non importa che venga fatto per onorare la posizione sociale, per vincolo di amicizia o per ottenere qualche favore in cambio: un dono è un omaggio e la cortesia impone anche a un re di ricambiare l’umile gesto di un suddito.
Lady Alison ascoltava a bocca aperta. – E questo sarebbe il tuo modo di ricambiare? Sventrare un povero bracciale?
Olivia proseguì, pazientemente. – L’uomo che me l’ha regalato è attualmente deceduto, madre. Non so se avrà intenzione di proseguire il suo viaggio o chiudere qui la sua esistenza, ma non credo abbia importanza. Il suo intento era quello di proteggere Gardan, ergo credo sia appropriato onorare il suo dono in questo modo.
– E come? Trasformandolo in un ordigno infernale?
– Trasformando quel che resta di lui in qualcosa che possa proteggere qualcuno. Nella fattispecie, me…dopotutto, questo dono è mio, non trovate? L’omaggio l’ha fatto a me… e sarà me che proteggerà, quando mi troverò in situazioni pericolose.
Lady Alison rimase sconcertata a fissare quella figlia incomprensibile. Il ragionamento filava, ma era così al di fuori di ogni schema! E al tempo stesso così rispettoso, ma anche profondamente irriverente, nei confronti della morte di un uomo… come diavolo faceva a ragionare così? Stavolta la nobildonna non aveva nulla da controbattere alla figlia, eppure sentiva che la cosa in sé era profondamente sbagliata.
– B-buonanotte, Olivia.
– Sogni d’adamantio, madre.
Quella volta, come spesso accadeva, lady Alison non uscì dalla stanza chiedendosi che mai avesse fatto di male per non meritarsi una primogenita stupida e leziosa che pensava solo a maritarsi. Quella volta, lady Alison pensò che dopotutto sua figlia non era poi così male.
(Aluay mode: ON) Neanche il rispetto per i morti, certa gente, ma dico io… (Aulay mode: OFF) Brava Lastrina!